Dell’importanza dell’equipaggiamento per un bassista

Creato il 11 novembre 2012 da Scribacchina

Guardo il mio povero basso, vecchio, volendo anche un po’ bruttino (ora pure rotto: ci mancava solo questa…) e mi ritrovo a sognare di avere un basso professionale.
Uno di quelli che potrebbero mandare in rosso il mio conto corrente.
Il sogno è che quel basso, con quelle particolari corde e quel particolare amplificatore, sia in grado di cambiare radicalmente il mio sound e il modo di suonare, da un giorno all’altro. Come per magia.
Però c’è una voce che mi dice che il basso non c’entra.
La voce è quella di un carissimo amico, che mi ripete in continuazione come il suono non arrivi dallo strumento, ma dalle mani e dalla testa.

Oggi ho ritrovato le sue identiche parole, per caso, in un’intervista fatta a Jaco nel 1981 da Conrad Silvert.
Ve ne ripropongo una parte; spero possa essere utile anche a voi.

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Conrad Silvert: «Da dove arriva il basso che suoni sul palco?»
Jaco Pastorius: «E’ una storia piuttosto strana. Avevo bisogno di denaro, mia figlia Mary era malata; non avevo scelta: vendetti i miei due bassi per 400 dollari l’uno. In seguito trovai un basso con un suono eccezionale, ed è quello che ho suonato in tutti questi anni. L’ho comprato per 90 dollari, custodia compresa».

CS: «Quindi alla fine eri soddisfatto del tuo suono?»
JP: «No! Non ero mai soddisfatto, ogni piccolo aspetto del basso era fonte di problema. Ho provato 300 set di corde diversi, finché ho trovato le “mie”: Rotosound. Erano corde più fini rispetto a quelle a cui ero abituato, così ho dovuto imparare a tenere la mano più leggera, ma il suono era meraviglioso. Ho conservato la forza nelle mani suonando per tanto tempo con corde heavy; se non suono per un po’ di tempo, mi basta esercitarmi per mezz’oretta e ho di nuovo la forza nelle mani. Ho imparato che il suono è nelle tue mani, non nel tuo equipaggiamento».