di Federico Pignalberi
Che la sentenza di appello che ha condannato Dell'Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiose fosse stata scritta apposta per farsi annullare era chiaro a chiunque avesse letto le motivazioni depositate dal giudice estensore Salvatore Barresi, a detta di Massimo Ciancimino vecchio compagno di merende di Don Vito, quasi un anno e mezzo fa.
Ieri la Cassazione ha annullato quella sentenza, ma solo nella parte che condannava Dell'Utri per le accuse fino al 1992.
Ha confermato invece l'assoluzione dalle accuse di collusione mafiosa negli anni della politica e dell'ideazione di Forza Italia, '93-'94, che dunque diventa definitiva. In appello la Corte volle salvare Berlusconi dalle accuse di collusione mafiosa, preferendogli il ruolo di vittima delle estorsioni dei boss di cui Dell'Utri sarebbe stato il tramite.
Un delicatissimo compromesso uscito da una camera di consiglio di fuoco, durata una settimana, in cui Barresi lottò per assolvere Dell'Utri nel merito da tutte le accuse e gli altri due magistrati per confermare la sentenza di condanna a nove anni emessa dal Tribunale in primo grado.
A seguito di questa sentenza il pg Antonino Gatto ricorse per chiedere che venisse riconosciuta la colpevolezza di Dell'Utri anche negli anni successivi al 1992 (ricorso respinto oggi dalla Cassazione), la difesa del senatore per chiedere l'assoluzione da tutte le accuse.
L'udienza in Cassazione si era aperta ieri mattina con la relazione introduttiva del giudice Maria Vessicchelli, incaricata anche di scrivere le motivazioni della sentenza, che insieme a Stefano Palla, Carlo Zaza e Gherardo Sebeone compone il collegio che oggi ha giudicato Dell'Utri, presieduto da Aldo Grassi, giudice della cerchia di Corrado Carnevale l'Ammazzasentenze, già indagato e poi archiviato per corruzione giudiziaria per via delle dichiarazioni di alcuni pentiti.
Tra questi, un collaboratore chiave del processo Dell'Utri, Salvatore Cancemi, che lo accusò di avere ricevuto una mazzetta dal suo avvocato tramite Vittorio Mangano, il mafioso-stalliere di Arcore amico intimo di Dell'Utri.
Dopo la relazione introduttiva ha preso la parola il procuratore generale della Cassazione, Francesco Iacovello, il magistrato che fece condannare l'agente Spaccarotella, ridurre la pena a Tanzi e prosciogliere Berlusconi nel processo sul Lodo Mondadori per corruzione giudiziaria.
Ha citato spesso la sentenza Mannino come precedente giurisprudenziale, asserendo che «le amicizie, gli incontri, le frequentazioni con esponenti di Cosa nostra sono irrilevanti. Possono servire come spunto investigativo, ma consituiscono oggetto di concorso esterno».
«Se Dell'Utri fosse amico dell'estorsore, Stafano Bontate, capirei il dolo - ha detto Iacoviello - invece è amico di Berlusconi, cioè della vittima».
Il pg ha quindi chiesto alla Corte l'annullamento della sentenza di condanna e il rinvio a un nuovo processo d'appello o alle Sezioni Unite della Cassazione.
Una linea, quella di Iacoviello, sposata in buona parte dalla difesa di Dell'Utri, rappresentata dall'avvocato Krogh, che ha citato in più passaggi la requisitoria del pg a sostegno delle proprie tesi. Krogh, però, ha chiesto alla Corte l'annullamento della sentenza di condanna senza rinvio, quindi l'assoluzione definitiva del senatore.
Alla fine è passata la linea "morbida" di Iacoviello.
La sentenza è stata annullata e il processo rinviato a un nuovo appello a Palermo, ma solo per la parte che condanna Dell'Utri, mentre è confermata l'assoluzione dalle accuse successive fino al 1992 che è così diventata definitiva: nessun patto illecito tra Forza Italia e Cosa nostra intermediato dal senatore.
Berlusconi è salvo. «Accolgo con sollievo questa sentenza - ha commentato Dell'Utri al telefono con i suoi legali - finalmente ho trovato una magistratura che mi ha giudicato in modo sereno».
L'avvocato Krogh si dichiara soddisfatto della sentenza: «La Cassazione non ha bocciato solo una sentenza: ha smentito il metodo investigativo di Ingroia e della Procura di Palermo. Quindici anni di indagini non sono servite a niente».
Secondo il legale sarebbe possibile concludere il nuovo processo in appello e il successivo giudizio in Cassazione, e arrivare così a una sentenza definitiva, prima dell'intercorrere della prescrizione nel 2014.
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