Nel corso delle mie ancora non concluse peregrinazioni tra sud della Francia e Spagna di quest'ultimo mese sono stata esposta felicemente alla visione di volti e corpi diversi da quelli ai quali sono abituata in madrepatria. Di fatto, come antropologa, so bene che il significato comune che diamo al termine "etnie" è scientificamente scorretto (per non parlare di quello di "razze"!), bensì che dovremmo piuttosto discutere della variabilità somatica degli esseri umani sul pianeta in termini di genotipi-fenotipi.
Lungi dall'approfondire qui il tema in termini accademici (ma potete farlo agevolemente per conto vostro cliccando sui termini suddetti), ciò che voglio sottolineare è la personale fascinazione che provo per gli uomini che ho incontrato sinora, dove la loro bellezza - ai miei occhi, ognuno ha i propri gusti - sempre più verifico essere determinata dalla mescolanza tra patrimoni genetici differenti piuttosto che dalla concentrazione dei caratteri propri di una determinata popolazione che abita stabilmente un certo territorio.
Accade in questo modo che l'incontro tra francesi e - di volta in volta - algerini, marocchini, e popolazioni dell'Indocina, dia origine a individui con tratti del viso marcati e zigomi alti su volti triangolari, con occhi dai tagli più improbabili e dai colori più inediti su carnagioni raramente chiare e ben più frequentemente di diverse tonalità ambrate. Per non parlare di corpi sinuosi, sottili, dalla muscolatura lunga - elementi, questi, che mandano la sottoscritta in brodo di giuggiole!
"Come fai a vivere qui?" - chiedo all'amica che mi ospita - "Io sarei in un costante stato di eccitazione!". "Infatti io sono in un costante stato di eccitazione, per questo non penso neanche lontanamente ad andare da nessun'altra parte al mondo" - mi risponde con un sorriso da un orecchio all'altro. La mia teoria sul 'guardare e desiderare' come declinabile prioritariamente al maschile è andata completamente a farsi benedire quest'estate, alè :-)))