Cominciamo dal nome, che altro non è che una variazione di Dá-mater, ovvero “dea-madre”, quella divinità signora di un pantheon che governava una società matriarcale e pacifista che molta critica ha voluto assegnare ad un tempo tanto passato da essere rimasto solo nel ricordo di una mitica “Età dell'Oro”.
Altri attributi di Demetra erano quelli di protettrice della sacralità del matrimonio e del ciclo di vita e morte. Probabilmente però il più interessante è quello di Thesmophoros, ovvero “portatrice dell'ordine divino”, il che include le leggi non scritte che sono alla base della civiltà contadina. Non parlerò in questa sede dei Misteri Eleusini, una festività sacra che vedeva come figure centrali lei e la figlia Persefone, perché troppo è il materiale e troppo confuso per affermare qualcosa di certo. La stessa deniminazione di “misteri” mi fa dubitare della maggior parte delle fonti esistenti.
L'importanza della dea era comunque tale che molti autori hanno riportato miti che la vedono protagonista. Ed esempio, il frammento di Pausania 8.25.5-6:
Mentre Demetra vagava in cerca della figlia, fu seguita, si dice, da Poseidone, che la desiderava. Sicché lei si trasformò, dice la storia, in una giumenta, e corse tra le giumente di Oncio; ralizzando di essere stato giocato, anche Poseidone si convertì in stallone e godette Demetra.In questo precedente post ho già anticipato che il mito delle Sirene, e quindi di Parthenope, è intrecciato con quello di Demetra.
Dapprima, dicono, Demetra era furiosa per ciò che era accaduto, ma successivamente ella si calmò e desiderò bagnarsi nel Ladon. Sicché la dea ottenne due soprannomi, Furia (Ἐρινύς) a causa della sua rabbia vendicativa, perché in Arcadia essere arrabbiati si dice “essere furiosi”, e Bagnante (Lusia) perché si bagnó nel Ladon. Le immagini nel tempio sono di legno, ma i loro volti, mani e piedi sono di marmo di Paros.
Le Sirene erano state un tempo fanciulle, ancelle e compagne di Persefone, la figlia di Demetra. La ragazza era talmente bella da far innamorare Ade, il signore degli inferi, ovvero il mondo sotterraneo. Con uno stratagemma, il dio riuscì a rapirla, beffando le ancelle cha avrebbero dovuto proteggerla dai pretendenti troppo arditi.
Demetra era sì disperata per la scomparsa della figlia, ma era anche furibonda per il fallimento delle sue compagne, che le punì trasformando in esseri dal corpo di uccello e dalla testa di donna, le Sirene della mitologia greca, per l'appunto (gli esseri con la coda di pesce giunsero nell'iconografia popolare molto dopo, probabilmente con le invasioni dei popoli nordici).
Assai brevemente, col solo intento di illustrare l'importanza della dea nel pantheon greco, riporto gli altri nomi che le si attribuivano. Era dunque Potnia, ovvero “Padrona” nell'Inno Omerico a lei dedicato, Despoina “Signora della casa”, Chloe “Il verde germoglio” per i suoi attributi di fertilità ed eterna giovinezza, Anesidora “Colei che spinge in su i doni dal suolo”, Malophoros “Portatrice di mele” (o forse di greggi), Kidaria nei misteri di Pheneos in Arcadia, Chtonia “Che si trova nel suolo”, e finalmente Thermasia “La Calorosa”. Assai curiosamente, sulla Wikipedia inglese ho trovato anche Aganippe, “Colei che distrugge con pietà”, ovvero “Giumenta notturna”, che in inglese è Night-mare, che significa “incubo” (inteso come il sogno spaventoso, non la creatura della più tarda tradizione romana che induce sogni spaventosi).
Con una simile, impressionante serie di epiteti, è il legame tra Demetra e le Sirene sufficiente a giustificare un post sulla prima in questo blog? Ovvero, c'è una relazione diretta tra Demetra e Neapolis? Ebbene, questa relazione è assai più profonda di quanto sia comunemente creduto, anche se la materia è di dominio degli studiosi. I quali, cos'hanno fatto se non incontrare evidenze di questo stretto legame? Cosa che d'altro canto potremmo fare anche noi, se solo sapessimo cosa e come cercare nella nostra bellissima città.
Dunque, ecco che le pietre di Napoli sono lì a ricordarci il passato di questa città. L'esplorazione di Napoli è questo, scoperta continua, se solo si è dotati della curiosità per chiedersi continuamente cos'è quella pietra, da quanto tempo è lì, chi l'ha posta e perché.
Quando si cominciano a vedere queste cose, un'idea si forma di quelle pietre che credevamo di conoscere fin troppo bene, ovvero che Napoli sia una Pompei a cielo aperto, sì tormentata dagli anni, ma anche arricchita da quelli! Pompei fu sepolta ed uccisa dal Vesuvio, i Fori Imperiali di Roma furono abbandonati e deserti quando il potere della città venne meno, ma Napoli è stata sempre viva, ed oggi le sue pietre, i suoi luoghi, i suoi monumenti parlano con la ricchezza di tutti i tempi passati.
È qualcosa di cui andare tanto fieri ed orgogliosi che persino l'UNESCO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (mica fessi!), nel 1995 ha dichiarato il centro storico di Napoli Patrimonio dell'Umanità, con la seguente motivazione:
Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa.
Ma noi non dobbiamo aver bisogno che venga chicchessia a dirci quanto è bella la nostra città, non dobbiamo essere orgogliosi e senza amore: dobbiamo prima amare questo luogo meraviglioso, curarlo, coccolarlo, difenderlo, ed allora il nostro orgoglio può avere senso.