Poi improvvisamente l’inaudito: l’azienda viene a sua volta piratata e centinaia di giga di documenti riservati e non, comprese le sessioni del solitario di Windows, finiscono alla mercé di tutti grazie a Wikileaks a cui l’immenso dossier è stato passato da misteriosi hacker. Gli esperti di informatica ritengono che tutto questo sia solo la facciata: Haking Team deve aver venduto il suo software spia a cani e porci e si è inventata questa commedia per uscire fuori da una situazione difficile, aggravata dal fatto di aver “concesso” i propri servigi anche a governi considerati autoritari o comunque per uscire da un uso farsesco dei termini a governi invisi a Washington.
Così adesso ci troviamo nella grottesca situazione per la quale la procura di Milano ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza che l’azienda sia stata vittima di “accesso abusivo a sistema informatico”, il che non è male per una società il cui business ufficiale e tutt’altro che segreto era proprio quello di vendere sistemi per permettere tali accessi abusivi. Cosa questa che da una parte è un riflesso dell’enorme gap della giurisdizione su tutti i temi legati ai nuovi sistemi di comunicazione, ma è anche la spia di una progressiva resa della democrazia a forme di controllo da grande fratello. Questi sistemi di spionaggio informatico (che per la cronaca erano stati acquistati anche dalla presidenza del consiglio) non possono minimamente essere comparati alle intercettazioni telefoniche e ambientali che vengono autorizzate da un magistrato per un certo periodo di tempo e i cui risultati rimangono dentro i confini istituzionali, almeno fino a quando le vicende giudiziarie non li rendono pubblici. Sistemi come questi sono radicalmente differenti: non se ne può identificare la provenienza, possono essere usati senza bisogno di ricorrere ad alcun magistrato, sono perenni, non sono mirati e possono essere distribuiti a pioggia tra la popolazione, riguardano qualsiasi ambito delle persone o delle aziende che si vogliono sorvegliare e oltre tutto trasmettono le documentazioni rubate non solo agli organi ufficiali che eventualmente li utilizzano, ma anche agli ideatori e gestori del software che possono facilmente approntare una backdoor allo scopo (come pare HT abbia fatto) e a chiunque sia in possesso di sufficienti informazioni per accedervi.
Quindi quando leggiamo che forse Hacking Team si è in qualche modo fottuta fornendo il suo virus non solo a chissà quanti privati, ma anche a regimi autoritari (Sudan ed Etiopia in particolare), con quell’arietta moral scandalizzato tipica dei media mainstream, siamo nel pieno dell’ipocrisia contemporanea: perché l’uso di questi sistemi di spionaggio ad amplissimo raggio da parte di apparati dello stato, definisce già un profilo intrinsecamente autoritario delle istituzioni. L’intercettazione riguarda una singola persona, questi sistemi spia possono essere distribuiti a milioni e anche decime di milioni di persone, in pratica senza bisogno di alcuna autorizzazione e costituiscono un sistema molto efficace di controllo sociale e politico, all’occorrenza di repressione, molto spesso di ricatto nei confronti di chi si oppone. E’ anche un sistema di controllo dei Parlamenti i cui membri “non allineati” possono essere minacciati facilmente.
Di certo l’Hacking team non è l’unica società che opera in questo campo, ce ne sono molte, tutte autorizzate e protette: fu una di queste a raccogliere il materiale con cui nel 2011 Christine Lagarde, allora ministro delle finanze francese, minacciò molti parlamentari greci e il premier Papandreu costringendolo a rinnegare il referendum annunciato. A questo proposito ci possiamo chiedere cosa abbia spinto Palazzo Chigi a pagare fior di quattrini per comprare questo virus: una domanda che straordinariamente nessuno si è fatto.