Dentro e fuori, ma soprattutto: che gusto?

Creato il 13 maggio 2012 da Stimadidanno

Dovrei fare altro, tipo chiudere una valigia, però.
Post da (ri)leggere nel fine settimana:
* Siamo tutti scollocabili? di Tascabile - esprime una realtà non rappresentata dalla blogosfera che frequento di solito, ma che incontro tutti i giorni nella vita 3D.
*“Potenzia che?” di Minimo - come spesso succede, nei post ma ancora di più nelle conversazioni private Laura mi pungola e mi suscita riflessioni aggrovigliate da cui non esco, o esco acciaccata, o esco mani a terra e piedi in aria e cioè a modo mio (cialtrone)
Produci, consuma, crepa. E sii felice di Vogliounamelablu - tutti siamo riconducibili a target o microtarget di mercato. C'è scampo?
Nel marasma di riflessioni più o meno condivisibili in pubblico che mi suscitano questi argomenti, provo a fare emergere:
- la matrice americana del "movimento" minimalista, matrice che ben si riflette nell'impostazione della comunicazione su questi temi: punti elenco, istruzioni, manuali. E' un approccio divulgativo efficace, come dice Laura già fare un decluttering serio porta risultati concreti. Ed è verissimo. Mi viene però da pensare che tutte queste riflessioni, per come sono nate, è naturale che vengano assorbite da chi opera sul mercato: è lo stesso linguaggio! sono easy (apparentemente) ed è facile lasciarle in superficie. 
E se invece andiamo più in profondità e proviamo a cambiare punto di vista? facciamo gli europei...:
- la storia delle generazioni ha a che fare con questi discorsi: nonni, genitori, noi. Viaggiamo tra istinto di conservazione (recupero, sferruzzamenti e autoproduzione...) o - di contro - un disfarsi liberatorio, catartico e pure remunerativo. In questo, c'è molto di affettivo e tanto di politico, anche. Perché facciamo i conti con le persone (e i valori) che hanno portato alla situazione economico-politica che stiamo vivendo. Conti che non sempre tornano, contraddizioni che stanno venendo a galla. 
E dunque? (al netto dei fatti miei, il che è difficile)
- qual è il posto mio, io che mi ritrovo ancora tanto in Generazione X di Coupland? 
Laura scrive: 
"sono profondamente convinta che tutti abbiamo un talento, e il dovere di fare un tentativo per esprimerlo. (...) il percorso non è lo stesso per tutti, e quindi la startup (...) non è lo scopo al quale dobbiamo, o possiamo, puntare tutti quanti. (...) dobbiamo perdere il vizio che abbiamo tutti quanti di fare continuamente paragoni: ci sarà sempre qualcuno più ricco, più talentuoso, più “fortunato”, più privilegiato. Mettiamoci il cuore in pace e proviamo a “fare” nel nostro piccolo (medio, grande), evitando meschinità avvelenate che dicono molto solo delle nostre personali frustrazioni (...). La lezione che dovremmo imparare da questo tipo di esperienze è che rimboccarsi le maniche paga, che bisogna provarci, che non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalle difficoltà".
Giuste precisazioni. Ma si parla comunque di un talento da far fruttare economicamente, sia pure con prospettive realistiche.
E io mi chiedo: deve essere per forza tutto rapportato al mercato? Forse dipende dal talento, non so.
Io rapporto il discorso alla felicità, fatta di equilibri instabili.  E allora questo mio pensare è una roba mia, ma non è più interessante al fine di questi discorsi generali.
Eccomi aggrovigliata.
Quando mi aggroviglio, faccio il capriolino. Opplà. 
Mi guardo intorno e non so far altro che pensare ad una pluralità di individui, tutti diversi. Mi innamoro delle singole storie, mentre mi trovo a disagio nei movimenti e nelle tendenze. Diciamo che i professionisti di cui parla Mela voglio farli diventare scemi, almeno quanto me. 
E ora mi mangio un gelato in un mondo in cui anche i fiori crescono a testa in giù. Gradite? ce n'è di tutti i gusti...

il gelataio



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