di Lorenzo Vigas (Venezuela, 2015)
con Alfredo Castro, Luis Silva, Greymer Acosta, Jorge Luis Bosque
durata: 93 minuti
★★★☆☆
Ha vinto il Leone d'oro tra la sorpresa generale e i mugugni (per non dire peggio) degli addetti ai lavori. Eppure la vittoria di Desde allà, per quanto indubbiamente esagerata (non era senz'altro il miglior film in Concorso, su questo siamo tutti d'accordo) non è però scandalosa: questo debutto dietro la macchina da presa del regista venezuelano Lorenzo Vigas ha i difetti "naturali" di molte opere prime, ma può anche considerarsi un esordio sorprendente e coraggioso, con innegabili riferimenti al neo-realismo italiano e a Pasolini, contestualizzati in una realtà difficile (i bassifondi di Caracas, brulicanti di ordinaria dis-umanità e violenza suburbana).
E il passato (che torna quando meno te lo aspetti) è il vero protagonista del film, andando a scandagliare le esistenze problematiche di Armando e la sua famiglia, tutti alla disperata ricerca di accettazione: Armando trova (o spera di trovare) in Elder un barlume di affettività, Elder trova in Armando quel padre che non ha mai avuto, lasciando ambigui dubbi sulla loro relazione omosessuale (sono veramente gay, oppure ciò che li lega è dovuto solo a un'enorme carenza affettiva?). L'unica che pare "sistemarsi" davvero è la sorella di Armando, Palma (Greymer Acosta) che riesce ad adottare un bambino con cui provare a lasciarsi alle spalle un'infanzia tremenda. Ma il suo è solo un piccolo cameo, una timido raggio di luce in una storia plumbea e livida come le strade della capitale venezuelana, sporche e caotiche, che vengono contrapposte anche visivamente all'apparente ordine e tranquillità della sobria casa di Armando, simbolo di un orrore sempre nascosto e difficilissimo da sopportare.