“I programmi sono volutamente vaghi, abbiamo piu voglia di viaggiare che non di arrivare in un posto prestabilito.[...] Ci preoccupiamo piu di come passiamo il tempo che non di quanto ne impieghiamo per arrivare: l’approccio cambia completamente.”
Sono sul bus che da Buenos Aires mi porta a Salta, un viaggio di piu di 20 ore, e niente mi suona piu vero delle parole che leggo. Finalmente, ho trovato l’ispirazione per mettere nero su bianco queste prime due settimane di viaggio.
Il tassista che mi porta al Retiro, stazione del bus, è molto loquace, tanto da meritarsi una lauta mancia, e non solo per i complimenti fatti al mio “castellano”.
Mi spiega che “Salta es muy perigrosa” ma quando gli racconto che sono stato 5 giorni a Rio sembra tranquillizarsi. Da qui parte il flash back: gli spiego che a Rio ero ospite di un amico e che si percepisce un forte divario sociale, che mi sono innamorato delle sue spiagge (piu ipanema che copacabana), ma che ho fatto pochissime foto, per paura di essere aggredito. Gli ho raccontato delle cascate dell’iguazu che sono “muy hermose”, cosí come le ragazze argentine, a differenza di quelle brasiliane (gimmi questa è per te). Sono rimasto affascinato da Baires, dalla sua storia, dal suo essere così europea e italiana, tanto dal teatro Colon quanto dalla Boca. Abbiamo parlato della rivalitá tra Argentina e Uruguay e gli ho detto che per quanto preferissi Buenos Aires a Montevideo, gli argentini vanno in spiaggia a Punta del Este, la Saint Tropez del Sudamerica.
E poco importa, se lo sciopero alla metro mi ha fatto perdere un traghetto o se a causa della nebbia, il mio traghetto è stato posticipato di 4 ore…perchè, a volte, è meglio viaggiare che arrivare.
“Mucha Suerte” mi ha detto il tassista
“Muchas Gracias, la necesito” gli ho risposto.