Desiderio

Da Colorefiore @AmoreeDintorni

Se tratti una persona come se fosse ciò che potrebbe essere, diventerà ciò che potrebbe essere. (Goethe)Sapete, se c'è una parola elettiva, una parola chiave dellapsicoanalisi, quella è DESIDERIO. Non c'è esperienza dell'inconscio che non siaesperienza del desiderio. Si tratta di un sentirsi "superati",spossessati dal proprio governarsi, fuori controllo appunto, disorientati.L'esperienza del desiderio non è dell'Io ma è senza Io. Questo significa che ildesiderio non è ciò che rafforza l'identità irrigidendo i suoi confini, ma èpiuttosto ciò che la scompagina, la destabilizza, è un fattore di perturbazionedell'identità. Dove c'è desiderio c'è indebolimento di quell'Io che"io" credo di essere. Ecco la follia più grande: credersi un Io. La fedecieca, l'attaccamento nei confronti di quell'io che crediamo di essere.
Dove c'era l'Io, dove c'era il dominio incontrastato dell'Io,dove c'era la falsa padronanza dell'Io, lì deve avvenire il desiderio, ovverol'essere più proprio e particolare del soggetto. in altre parole, quandol'attaccamento all'Io viene meno, quando l'Io si indebolisce, quando tramonta,lì si dà la possibilità di fare esistere il proprio desiderio, lì il desideriosi manifesta al di là della follia narcisista dell'Io. Significa che ilsoggetto è responsabile del suo desiderio, di quel desiderio che non può maipretendere di governare. E' questo il paradosso etico della psicoanalisi: comepuò esistere una responsabilità senza padronanza?
Una semplice domanda: qual è la colpa imperdonabile cheposso commettere nella mia vita? Risposta: quella di non aver agitoconformemente al mio desiderio, quella di aver ceduto sul mio desiderio.
E’ certo che ogni volta che desideriamo qualcosa in proprio,ogni volta che facciamo esperienza del desiderio come un assoluto singolare,ogni volta che noi proviamo a “desiderare il nostro desiderio” arriviamo ad unpunto estremo di solitudine, un punto dove la terra dell’Altro è come se siritirasse e ci ritrovassimo “soli e senza scuse”, senza la protezionedell’Altro, senza bussola. Senza nessuna garanzia circa la possibilità direalizzazione del desiderio, del nostro voto, dunque al largo, in mare aperto,esposti alla nostra più radicale vulnerabilità.Nessun Altro, in effetti, ci potrà salvare rispetto alcompito che il desiderio inconscio ci assegna. Nessun Altro potrà garantire chela nostra assunzione del desiderio sia feconda, fruttifera, generativa, capacedi produrre vita oppure che essa si riveli destinata alla perdita, alla derivamortifera, allo scacco. Allo smarrimento.Questa è la responsabilità: il dover assumere il pesosingolare della propria vita, di dover definire qual è la misura singolaredella propria felicità, di desiderare il proprio desiderio. Per favorire esuscitare questo l’analista ascolta, ascolta la parola del soggetto senzagiudizio, riconsegnandolo alla responsabilità etica di fronte al suo desiderio.Di questo è fatta la pratica della psicoanalisi. Per questa ragione il silenziodello psicoanalista diventa la condizione fondamentale dell’ascolto dellaparola più particolare del soggetto, della parola che dice il suo desiderioinconscio.
Si tratta di rendere possibile un racconto di sé che conducaalla produzione di un desiderio singolare. Ecco allora che quel silenzio nonvincola le vite che si raccontano a un modello standard di felicità, ma leincoraggia sulla via difficile dell’accoglienza della vulnerabilità propriadella nostra condizione umana.Dunque, lo psicoanalista non vuole il Bene del paziente, ildesiderio dello psicoanalista non è un desiderio di guarire, né di educare, nédi insegnare. Il desiderio dell’analista è “più forte” della tentazione didichiarare l’amore perché la sua soddisfazione è data dalla generazione deldesiderio dell’Altro. Di questo si nutre il nostro mestiere; dellasoddisfazione di far sorgere l’evento del desiderio come evento di unadifferenza assoluta. Se la psicoanalisi può “guarire” in “sovrappiù”, è soloperché può mostrare tutte le illusioni che tengono separato il soggetto dallavocazione del suo desiderio al fine di rendere possibile la soggettivazione diquel desiderio che è il mistero, l’incognita, a cui tutti gli umani sonoassoggettati.La psicoanalisi fa riferimento soprattutto al desiderioinconscio, che in quanto tale non è una proprietà del soggetto, non vienedall'esperienza a partire da un atto di volontà, non è determinato dall'Io,piuttosto implica che l'Io non ne sia il proprietario, il detentore esclusivo.L'esperienza del desiderio è infatti un'esperienza di perdita di padronanza, divertigine, di uno scivolamento, di un inciampo, di uno sbandamento: unaesorbitanza rispetto all'Io.In altre parole, non sono "io" che decido il"mio" desiderio, ma è il desiderio che decide di me, che mi ustiona,che mi sconvolge, mi rapisce, mi entusiasma, mi inquieta, mi anima... mi portavia.
 (Liberamente tratto da A Carotenuto )

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