Destini verticali, di Alessandro Toso

Creato il 01 settembre 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

Dopo alcuni anni, pochi giorni fa son tornata sulle Dolomiti e per me, cresciuta col mare nei polmoni, è un viaggio che equivale ad un passaggio attraverso una “buca del coniglio” (avete letto 22/11/’63, vero?). Catapultata in una dimensione che mi è estranea, mi beo respirando l’aria setosa e verde, lasciandomi impregnare della luce e della bellezza selvaggia delle vette. Che però sono e mi restano estranee, mentre una vocina neanche troppo discreta mi ripete “Non vivrei mai qui, mai”.

Per questa ragione, temevo non mi sarebbe stato semplice parlare di Destini verticali, il romanzo d’esordio di Alessandro Toso; l’imbarazzo era aggravato dal fatto che conosco Alessandro da qualche anno (seppure in via del tutto virtuale e -preciso- virtuosa). Mi sono proposta quindi di essere quanto più equilibrata possibile tra i contrastanti sentimenti dell’estraneità ai luoghi e dell’amicizia con lo scrittore. E invece la lettura mi ha fregata, coinvolgendomi molto più di quanto avessi previsto.

Perché oltre ai luoghi, oltre l’amicizia, la storia c’è e prende, benché riassumibile in breve: una sfida fra uomini che si muovono tra vette rocciose e un paese di poche anime. Il personaggio-perno della narrazione è anche il grande assente, il celebrato e amato scalatore inspiegabilmente battuto dalla montagna dieci anni prima; gli sfidanti, Corin, l’amico che era con lui in cordata al momento della terribile caduta e Paco, il figlio che si sente in dovere di vendicare la morte del padre, imputata al sopravvissuto.

Il contrasto tra i due uomini –l’uno giovane, spaccone e sconsiderato quanto l’altro, silenzioso ed esperto, è invece posato- è un regolamento di conti che ha un sapore western, come fa notare lo stesso editore sulla copertina, e porterà i rocciatori a rivedere molto su di sé e sulle proprie convinzioni.

Nella narrazione i dialoghi scorrono rapidi, spontanei, punteggiati di parole dialettali, bevute, poche descrizioni dell’ambiente naturale, molte dell’ambiente “umano”, delle facili chiacchiere e delle altrettanto facili nomee che si creano in un paesino.

È un mondo di uomini, quello descritto nel romanzo, un mondo dove le donne sono facili mutandine o teneri cuori, mentre i maschi si contendono fama e territorio; è un mondo, come dicevo, che a me sarebbe del tutto estraneo, se non fosse che ho avuto l’impressione di conoscerli, quegli uomini. Sotto altre latitudini ed altri climi, su una liquida piana azzurra corrono le stesse sfide, rivalità e competizioni di poche parole e molti rischi: l’uomo sfida il suo simile, ma prima ancora sfida la natura, che sia mare o montagna; la rispetta e la teme, ma vuol anche sottometterla. Marinai di rocce infide, gli uomini di Toso cercano le loro vite su sentieri a picco, camminando in verticale verso il loro destino.

p.s. Aggiungo una breve notazione sulla collana che ospita l’esordio: nata dalla collaborazione tra Ediciclo Editore e La Bottega Errante, Gli Erranti accoglie testi brevi che narrano di viaggi reali o narrati e di vite in viaggio. Vi segnalo il bel formato che si ispira ai taccuini resi famosi da Chatwin, i Moleskine –angoli stondati, elastico nero sulla lunghezza-  mentre le copertine dalle immagini suggestive danno ai volumetti un aspetto originale e molto appetibile.

Destini verticali, Alessandro Toso, Editore Ediciclo  (collana Gli erranti), 2014 – 208 pagg. – euro 13, 50


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