Georg Schöbel, allegoria del destino
La teoria della ghianda afferma che l’anima sceglie il proprio daimon (ovvero immagine originaria, o destino o vocazione) prima di scendere ed incarnarsi sulla Terra.
Ma se così fosse, se si può scegliere il proprio destino, vuol dire forse che la nostra vita è predeterminata, ovvero è già stabilita ogni cosa, ogni evento, persino la data di morte, e quelle che credavamo fossero delle scelte non sarebbero altro che un’illusione ?
No, la ghianda non ha questo potere. Del resto, nel mito di Platone, nemmeno le Moire che tessono il filo della vita sono in grado di farlo. Credere che la vita sia completamente predestinata (che si chiama fatalismo o teoria fatalistica) significa scaricare tutta la responsabilità della vita sul Fato e noi esserne completamente non responsabili.
Invece la ghianda è portatrice di un carattere. Non conosce (e non determina) ogni singolo evento, può solo intervenire per “aggiustare la rotta”, facendo capitare un evento che cerca di allineare la vita con la vocazione (una singolarità direbbero i fisici teorici, uno “sliding door” per chi ha visto l’omonimo film – ovvero una porta di una metropolitana che si apre/non si apre, e che cambia una vita).
Questo concetto è molto profondo e radicato in molte culture. Può capitare un evento, talvolta insolito, perché ci passa accanto una divinità minore, che come un battito di ali di farfalla, produce degli effetti. Oppure, per chi è cristiano, ci è passato accanto un angelo, ed è piena la letteratura di racconti degli interventi, spesso provvidenziali, degli angeli tra gli umani.
Quindi esiste il Fato, non il fatalismo.
Gli antichi affermavano “post hoc, ergo propter hoc”: dopo l’evento (post hoc) diamo una spiegazione della causa che lo ha fatto accadere (ergo propter hoc). In altre parole “gli eventi ci accadono, e gli uomini non possono capire perché una cosa ci è accaduta, ma, visto che è accaduta, evidentemente ‘doveva essere’ “ (cit. James Hillman, Codice dell’Anima).
Questo è molto importante: abbiamo la scelta, scegliamo, e quello che abbiamo scelto risulterà “ciò che doveva essere” : capite, è come se prima hai la libera scelta, e dopo scopri che quello che hai scelto era l’unica scelta, perché doveva essere proprio così.
E' un concetto rivoluzionario, ma non per la fisica quantistica. Un fisico teorico capirebbe benissimo perché, a differenza della fisica newtoniana, dove è sempre possibile sapere con esattezza posizione, direzione e velocità di un oggetto, per una particella (un oggetto infinitamente piccolo), nell’equazione probabilistica di Schrodinger, le funzioni d’onda che descrivono la particella (la scelta, le possibilità) collassa in una sola funzione nel momento in cui la osservo (vedo le conseguenza della mia scelta), quella funzione è quella che doveva essere!
Questo ci da una grande responsabilità, più di un fatalista, più all’opposto di uno che crede “che ci si faccia da soli, che tutto dipende da noi e da nessun altro” (come il mito americano occidentale) , perché ci obbliga a capire le ragioni, a maggior ragione quando ci capita “un accidenti”, ovvero qualcosa non va come avevamo sperato, proprio in queste situazioni occorre fermarsi a riflettere, e a capire se il Fato è intervenuto (e in tal caso la ghianda può volerci dire di “aggiustare la rotta” perché stiamo andando fuori strada) o che è stato determinato unicamente da noi.
Non a caso i cristiani aggiungono sempre, ad ogni loro proposito, “se Dio lo vorrà”, “a Dio piacendo”, “Deo concedente”, come se sapessero già l’importanza del Fato.
Anche il mito di Platone dice questo, infatti le Moire, che tessono il filo della vita, hanno il nome che deriva dall’indoeuropeo “smer” o “mer” che significa “ponderare, pensare, meditare, considerare, curare”, che sta ad indicare che occorre analizzare gli eventi per capire se sono determinati dal Fato, o che mi appartiene, capendo cosa avrei potuto fare e cosa posso ancora fare.
Un altro dilemma che fa sorgere la teoria della Ghianda è che, se la ghianda rappresenta una vocazione (diventerò un cantante, uno scrittore, un politico, un falegname) allora è una teoria teleologica (ovvero finalistica, che muove verso un fine) ? Per capirci, mentre la causalità si chiede “qual è la causa che ha determinato questo evento), la teleologia si chiede “qual è il fine?” e vede tutti gli eventi che si muovono verso questo fine.
Ebbene, così come la teoria della Ghianda parla del Fato, ma non è fatalista, ugualmente parla del Telos ma non è teleologica. Nel significato originario di Aristotele, telos è “ciò per cui”, ovvero non ha tutto organizzato e fa muovere precisamente verso un fine lontano e stabile, piuttosto si accontenta di “aggiustare la rotta” man mano, a breve termine, e quindi è molto vicina al contingente.
Per usare le parole di James Hillman:
“La ghianda non si comporta tanto come una guida personale, quanto piuttosto come uno stile mobile, una dinamica interna che conferisce alle occasioni il sentimento che abbiano uno scopo; di lì quel senso di importanza: questo momento, apparentemente banale, è significativo, mentre quell’evento apparentemente importante, non conta poi molto.
Ecco, diciamo che alla ghianda interessa di più l’aspetto animico degli eventi, è più attenta a ciò che fa bene all’anima che a ciò che noi pensiamo faccia bene a noi stessi”