destra, sinistra, su, giù, centro

Creato il 30 giugno 2011 da Pesa

Dare indicazioni stradali esatte, oltre ad essere una forma di cortesia e educazione, è anche un azione abbastanza complessa. Innanzitutto deve esserci cooperazione tra chi vuole informazioni e chi le fornisce; se tu stai chiedendo indicazioni stradali devi aver ben chiara l'idea di dove voglia andare, non puoi fermare la prima persona che incontri per strada e dire «Scusi, mi sa dire dove è quel posto dove c'è quella cosa grande che si vede da lontano, colorata e rettangolare?», ovviamente poi uno non capisce. Si passa poi a chi da informazioni, già perché deve essere competente, onesto e ammettere quando non conosce il posto, altrimenti si rischia di finire da tutt'altra parte rispetto alla meta di destinazione. Perché vi sto mettendo in guardia su questi argomenti? Perché scrivo un intero post su un tema abbastanza scontato e sul quale tutti quanti siete informati? Per il semplice fatto che ormai i disinformatori stradali son diventati la piaga più nociva del nuovo millennio, soprattutto in estate, in Sardegna, a mezzodì, sotto il sole cocente, in una macchina con il condizionatore scarico. Ieri mattina. Giornata lavorativa un po' particolare: da Cagliari devo dirigermi in un paese situato in prossimità del confine tra il Campidano e il Sarrabus, ergo una bella mezz'ora abbondante di macchina sotto il sole cocente, e una voglia disperata di mare accentuata dalla magnifica giornata. Controllata preventivamente la strada su Google Maps mi dirigo in loco armato di buona volontà. Arrivato in paese inizia il panico, non mi ricordo la strada (memoria fasulla). Quale miglior modo per rintracciare la meta che chiedere aiuti agli abitanti autoctoni? Il primo paesano che incontro è su una bicicletta con il sellino non tanto stabile, che viene tenuto attaccato al velocipede grazie a dello scotch, e con un numero di denti presenti nella sua bocca pari a uno. «Mi scusi, devo arrivare in Via dei Matti n. 0, saprebbe dirmi la strada?»«Via dei Matti n. 0, Via dei Matti n. 0... (la fila dietro la mia macchina aumenta) Ooooh (lancia un urlo verso un compaesano), aundi s'agattara Via dei Matti n. 0?»; Risposta «E itta ndi sciu deu» (trad. - Dove si trova Via dei Matti n. 0? - E io cosa ne so?)Il paesano riprende a interloquire con me (alle mie spalle è un tripudio di clacson). «Allora, devi andare sempre dritto, arrivi a un ponte e vai sempre dritto, poi chiedi, qualcuno magari lo sa». Con una chiara espressione preoccupata sul volto seguo le indicazioni senza mai incontrare questo famigerato ponte. Una volta tornato in ufficio, e controllato su Google la piantina del paese, ho potuto riscontrare che in quel paese non esiste un ponte. 

Il prossimo passo è quindi "placare" un altro paesano e riformulare la domanda. La prima persona che mi si para davanti è un signore anziano, penso "bene, bene, questo è un vecchio, deve necessariamente conoscere il paese" riformulo la domanda, e come fa per accostarsi al finestrino noto l'apparecchio acustico nel suo orecchio. 
Ecchecazzo.
Fa cenno che non sente ciò che dico, e onestamente allontanarmi a tutta velocità non mi pare sia una cosa tanto carina e gentile da fare, quindi mi faccio coraggio e riformulo a voce più alta la domanda. Dopo cinque/sei tentativi ecco che finalmente arriva la risposta «Eh mi dispiace, non ne ho assolutamente idea, sono di qua ma ormai non mi ricordo più le strade». 
Di bene in meglio. Nuovo giro nuova corsa, ecco un ragazzo, è giovane, di certo non sarà rincoglionito come i precedenti. Avrà avuto circa 20 anni e già girava con la bombola d'ossigeno, però è stato veloce e onesto «Non conosco la strada, mi dispiace». 
Continuo a girare in tondo per altri 5 minuti alla disperata ricerca di una persona, a quanto pare tutti son rintanati in casa per non fornire indicazioni, quando ecco che vedo una signore che sta varcare la soglia della propria dimora. Prontamente accelero e chiedo «Mi scusi, devo arrivare in Via dei Matti n. 0, saprebbe dirmi la strada?» si gira, ha un occhio di vetro, l'occhio destro precisamente. «Allora, se non sbaglio... se non sbaglio eh, devi tornare indietro, a questo incrocio fare cinquanta metri, stare sulla sinistra girare a sinistra poi, sempre stando sulla sinistra eh, giri ancora a sinistra, sempre dritto e dovresti essere arrivato». Ringrazio e seguo le indicazioni. Campagna aperta, il Campidano in tutta la sua "pianezza" si staglia davanti a me, e allora lancio qualche bestemmia. 
Ripercorro la strada, cerco refrigerio sporgendo la testa dal finestrino a mò di quadrupede, quando davanti a me, a pochi passi dalla casa del guercio, trovo la via che stavo disperatamente cercando da circa 20 minuti. 
Ricapitolando: uno senza denti, uno senza udito, uno senza polmoni, uno senza vista, uno totalmente sudato (io). 
Che bella giornata. 

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