Ovvero: Miike che cerca di fare il Miike, ma non ci riesce più tanto bene.
Siamo in molti a rammaricarci per la svolta mainstream presa da Miike dal 2005 circa, quando si presentò a Venezia con Yokai daisenso. D’altronde dopo una decade passata a girare film sporchi e cattivi al ritmo di quattro all’anno, è normale – e molto Miike-style – che il nostro abbia ceduto alle sirene dei dindini della major, che gli concedono una minore libertà artistica (non rivedremo più un film come Visitor Q purtroppo), ma budget spropositatamente più elevati. A onore del vero non si può neanche dire che Miike, con il suo talento e il suo eclettismo, non ci abbia regalato delle buone prove anche in questa sua nuova fase: Crows Zero è una delle cose più divertenti degli ultimi anni, 13 Assassins è un ottimo e solidissimo jidaigeki, Sukiyaki Western Django è una rielaborazione dello spaghetti-western (e commistione di mille altre cose) che solo a Miike poteva riuscire, così come il regista è l’unico che possa fare un film sulla fisica (!!!), con God’s Puzzle, e renderlo interessante. Non è certo la gioia del filmare quello che è venuto a mancare, ma la rabbia, la freschezza e la fantasia che metteva nei primi film.
Arriviamo così a questo Tantei monogatari. Girato palesemente in economia (mai stato un problema per lui), quasi come sorta di rilassamento tra le riprese di due grandi produzioni come Crows Zero e Sukiyaki, è il film che probabilmente si avvicina di più al suo vecchio stile tra quelli più recenti: il gore non manca (ed è cattivissimo con il protagonista nel finale) e la commistione di generi neppure. Tratti di horror e commedia infatti si innestano in questo thriller investigativo che vede due uomini con lo stesso nome (Raita) ma dai modi diversissimi (uno un detective cazzone, l’altro un compassato salaryman) alla ricerca dell’assassino di tre donne, a ognuna delle quali è stato estratto un organo vitale. Queste uccisioni sembrano in qualche modo collegate all’arte di Aoyama Yuki, un pittore decisamente macabro che si rifa al pensiero del filosofo tedesco Steiner. Come se non bastasse il Raita detective deve sbrigarsi a risolvere il caso, dato che la polizia, come sempre brancolante nel buio, lo ritiene il sospettato principale.
EDA
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