Detenzione femminile: scarsi numeri e scarso interesse.

Creato il 22 dicembre 2012 da Ifioribludizazie

Un confronto tra la detenzione maschile e quella relativa alle donne ha registrato, sin dal passato più remoto, un numero delle seconde nettamente e costantemente inferiore. Ciò viene ricondotto al perdurare di uno stigma di “subalternità” inflitto al loro ruolo sociale e, secondo alcuni studi, a meccanismi di interiorizzazione di istanze genitoriali e sociali che, nell’universo femminile, appaiono più strutturati al rispetto normativo. La devianza di genere ha assunto spesso contorni peculiari essendosi palesata in azioni illecite interconnesse con la sfera della morale privata e pubblica. L’adulterio, inserito tra i reati nel Codice Zanardelli del 1889, riverberava l’esistenza di una doppia morale sessuale. In ambito criminale, inoltre, il ruolo assunto dalle donne, sia per le caratteristiche comunicative che per le doti di collante familiare, si estrinsecava in compiti di intermediazione e, solo raramente, di primo piano. Fanno eco alcuni casi che rientrano nella sfera dell’eccezionalità come l’infanticidio o di particolari serial killers. La storia degli anni settanta ricorda la saponatrice di Montella, Leonarda Cianciulli, più conosciuta come saponatrice di Correggio o altri casi ancora in cui la partecipazione attiva alla criminalità non si è discostata da quella maschile, assumendone addirittura le sembianze; si pensi alle donne che hanno preso parte ad associazioni terroristiche “mascolinizzate nelle pratiche e nell’esercizio dell’illegalità”. Oggi le detenute in Italia rappresentano circa il 5% della popolazione ristretta. Franco Corleone circostanzia la peculiarità e l’ignoto di questo universo-mondo “In questi decenni abbiamo inventato mille definizioni di questa istituzione totale ma quella più adeguata per capire il punto di vista della presenza delle donne è l’immagine di una zona d’ombra.” Molte di esse sono madri e ospitano nelle loro celle bambini fino a 3 anni di età. La detenzione femminile viene concepita ed eseguita nella stessa maniera rispetto alla detenzione maschile. Oggi sarebbe invece opportuno ridiscutere sul tema e sulle difficoltà derivanti dall’adozione di medesimi strumenti di azioni e regolamentazione previsti per gli uomini detenuti. La custodia attenuata, la maggiore libertà nelle sezioni detentive, la disponibilità del servizio pediatrico, dell’asilo, la possibilità di poter ricevere pacchi o avere un fondo disponibile più ampio rispetto alla regola generale rappresentano solo delle agevolazioni. In virtù dell’importanza della figura materna, anche nella strutturazione della cornice valoriale dell’infante, e rispetto alla portata normativa dell’individualizzazione trattamentale che dovrebbe tener conto anche dell’appartenenza ad un genere differente, la risocializzazione delle donne detenute oggi dovrebbe essere riconsiderata come un aspetto da sperimentare attraverso nuove prospettive pedagogiche e supportate da indirizzi normativi sensibili a ciò che Freud definiva il “continente oscuro”.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :