Deus sive Potere

Creato il 17 ottobre 2011 da Lucas
foto via Big Picture «Poiché l'intelletto di Dio non si distingue dalla sua volontà, affermiamo la stessa cosa quando diciamo che Dio vuole o quando diciamo che Dio intende una cosa; sicché la necessità, per la quale discende dalla natura e dalla perfezione divina che Dio conosca una cosa così come essa è, è la medesima per cui ne discende anche che egli la voglia tal quale essa è. E, siccome nulla è necessariamente vero, se non per il solo decreto divino, ne segue nel modo più evidente che le leggi universali della natura non sono se non decreti di Dio, discendenti dalla necessità e dalla perfezione della natura divina. Perciò, se avvenisse in natura qualcosa che ripugnasse alle sue leggi universali, ciò ripugnerebbe necessariamente anche alla volontà, all'intelletto e alla natura di Dio; ovvero, se si affermasse che Dio opera alcunché contro le leggi della natura, si dovrebbe contemporaneamente affermare che Dio agisce contro la propria natura, il che è di un'assurdità senza pari. La medesima cosa risulterebbe facilmente dimostrata anche dal fatto che la potenza della natura è la stessa potenza e virtù di Dio, e che la potenza divina, a sua volta, coincide esattamente con l'essenza stessa di Dio.»
Benedetto Spinoza, Trattato teologico-politico, Einaudi, Torino 1972 (pag. 152)
Per puro esercizio mentale, proviamo a sostituire la parola Dio con Potere Costituito (quale che sia, d'accordo, ma noi teniamo in conto quello che governa noi italiani, non solo Berlusconi, chiaro).Fatto?Bene, ora facciamoci questa domanda: fino a che punto il Dio-Potere potrà emendare leggi che vadano contro la sua volontà, il suo intelletto, la sua natura?Qualche concessione potrà avvenire solo quando l'infedeltà dei sudditi sarà tale da far temere al Potere di essere sostituito con un altro Dio (e con altri sacerdoti).E ora un'altra domanda: quanti di noi credono che si possa riformare la democrazia liberale? Quanti di noi pensano di riuscire a estirpare i cancri che la parassitano?La linea graduale di liberazione che, dalla Rivoluzione francese, ha portato fino a noi sta, oggi, declinando verso temibili punti di restaurazione. Il mio timore è che molti siano pronti a barattare quel che resta dell'idea di libertà con qualcosa di meno faticoso, meno ostico e più accessibile. La ricerca di soluzioni facili, di un software predefinito che ti dica cosa fare, quali tasti premere per avere tutte le risposte, che apparentemente cercavi, a portata di mano. Basta sfiorare un'icona e si apre un mondo perfetto, preconfezionato, in cui sembra di potere tutto, di essere noi al centro, e invece il centro di comando è da un'altra parte. Ed è inutile ripetere dove esso si trovi realmente, ma è necessario dire dove non c'è più (ammesso che una volta ci sia stato): in noi, cittadini, che possiamo poco, talmente poco. Stiamo perdendo inesorabilmente il concetto cardine che fonda lo stare insieme delle città-nazione: che il potere appartiene al popolo, che il popolo è sovrano, e che esso lo esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione.Quest'ultima è una frase importante, ma secondaria, e non dovrebbe significare che il potere dev'essere trasmutato nelle anime belle degli eletti; essa indica che gli eletti sono soltanto meri servi scelti dal popolo al fine, appunto, di essere servito e non certo comandato. Soprattutto: a far sì che tutto quanto di buono viene spremuto dallo stare insieme sotto uno stesso tetto, dentro uno stesso Stato, venga ripartizionato equanimemente e dato a tutti i cittadini, servi compresi.
Purtroppo, ineluttabilmente, è accaduto il contrario: il raccolto democratico è andato a riempire i granai dei soliti faraoni. Le briciole che restano sono sempre meno ed è invalso dire che sono quelle che debbono essere tagliate per un nuovo patto sociale.
Ma tutto questo è normale, sarebbe un'assurdità senza pari pensare il contrario.

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