Controlli precisissimi, nemici insidiosi, atmosfera da messa nera, grafica retrò ed effetti sonori inquietanti: Devil Daggers è un gioco unico, che riprende le meccaniche del primo Doom e le estremizza, perfezionandole.
Versione analizzata: PC
Andrea Schwendimann nasce smontando un 486DX e divorando qualsiasi videogame da allora in avanti. Non ha resistito a nessuna piattaforma, appassionandosi a qualsiasi genere, pur prediligendo gli FPS, gli action-adventure, gli RPG e l'hardware da gaming in ogni declinazione. Lo trovate su Facebook, su Steam e su Google Plus.
Un brivido gelido lungo la schiena. Percorre un tragitto lineare dalla regione lombare fino al cervelletto per poi propagarsi lungo le braccia, fino alle mani. Fino alla mano destra, quella che muove il mouse, che deve muoverlo a tutti i costi nella più efficiente traiettoria per eliminarli tutti. Sono troppi. Sono teschi umanoidi che ti evitano, ti aggirano per prenderti alle spalle a diverse velocità. Piangono sangue quando esplodono e il pavimento della camera demoniaca si imbratta sempre di più, fino a diventare un lago rosso in cui sguazziamo, come necromanti senza alcuna speranza di vita, o infanti terrorizzati. Siamo riusciti a recuperare una delle tre dita che ci mancano, abbattendo i costrutti cthuloidi da cui le facce senza carne vengono generate incessantemente. Così facendo, abbiamo allungato la nostra vita di un'altra manciata di istanti. Dai polpastrelli fuoriescono getti letali del nostro stesso sangue, sempre più potenti a seconda di quante propaggini abbiamo recuperato. Sono spade ripugnanti, coltelli satanici che lanciamo senza nemmeno pensare al bersaglio. Sono le Devil Daggers.
43 secondi
E' la durata media di una partita allo sparatutto indie giunto come un'eclissi a ciel sereno, pronto a scardinare le nostre certezze FPS. L'abilità richiesta per sopravvivere più di qualche decina di secondi nella stanza oscura di Devil Daggers ha qualcosa di sovrumano: forse mai nessuno sarà in grado di raggiungerla. Nel buio completo, c'è solo la nostra mano in primo piano, l'unica arma che avremo a disposizione, dotata di tre diverse modalità di fuoco: tenendo schiacciato il tasto sinistro vomiteremo un getto di sangue continuo, che traccia goffamente la traiettoria dei nemici per averne ragione, preciso solo dalla lunga distanza. Schiacciando invece lo stesso tasto senza tenerlo premuto, dalle dita proietteremo una bordata incandescente che ricorda un fucile a pompa. Solo che questa volta i proiettili sono i nostri fluidi: corto raggio, potenza decisamente superiore, ma precisione inesistente. La terza modalità non ve la diremo. Scopritela voi se riuscirete a sbloccarla andando avanti nell'orgia perversa di Devil Daggers. Figuriamoci. Non ce la farete mai. Si prosegue abbattendo le diverse ondate di nemici generati casualmente ai bordi della stanza, da torri di carne e ossa con delle gemme incastonate su due lati. Ruotano lente, muovendosi verso il centro e sputando teschi volanti dai loro tentacoli irrequieti. Per sopravvivere, ci tocca tirarle giù, mirando alla gemma ed evitando che altre ondate vengano generate. E così si procede senza fine, o meglio, con una fine certa: la propria morte entro qualche secondo dall'ultima torre che avete buttato giù. Basta un solo nemico che riesca a prendervi perchè arrivi il game over e si debba ricominciare una partita a Devil Daggers. Definirlo sadico è un eufemismo, e la sua semplicità è disarmante. Non c'è altro se non la stanza, i nemici e la nostra fine. Nessuna modalità, nessuna spiegazione, solo una classifica lapidaria di tutti gli utenti con il loro punteggio, stilata in modo ordinato al termine di ogni sessione. La vedrete spesso. Cliccando su un nome è possibile rivedere i replay di tutti i pazzi che giocano: l'attuale detentore del podio è sopravvissuto circa cinque minuti e, fidatevi, il suo replay è qualcosa che dovrebbe passare alla storia da quanto trasuda implacabile precisione nell'abbattere le armate del demonio. La soddisfazione di migliorare il proprio punteggio è morbosa e imprescindibile per chi volesse sperimentare questa perla di millimetrica precisione shooter. Tutto sta nell'ucciderli rapidamente, recuperando più gemme nel minor tempo possibile. Ogni gemma aumenta il danno che fate e ogni tot gemme comparirà un pugnale davanti a voi. Se riuscirete a prenderlo, il sanguinolento getto di morte migliorerà in raggio e velocità, unica certezza nella confusa e breve esistenza all'interno di questa camera nefasta. Peccato che le gemme non si possano raccogliere mentre si spara, un dettaglio cruciale il cui effetto scoprirete ben presto sulla vostra pelle.
Se mai riuscirete ad allungare il vostro tempo medio oltre il minuto e venti, nuovi nemici compariranno e morirete ancora più in fretta di prima. Oltre alle torri e ai diversi teschi cornuti, avrete a che fare con ragni volanti enormi e lentissimi, con un occhio rosso che genera larve verdognole che non devono schiudersi per nessun motivo. La varietà non è certo la caratteristica principale di Devil Daggers, ma l'assenza di nuovi nemici è imputabile a quanto siamo scarsi nel giocarci più che ai contenuti presenti. Di persona siamo arrivati appena oltre alle torri con due gemme, che generano teschi più grossi con corna caprine, rapidissimi e da eliminare subito, non appena sentirete il ghigno malvagio che li contraddistingue. Dopo i ragni, abbiamo toccato con mano la brutalità del primo centipede osseo che fluttua malefico e gigantesco intorno a noi, precludendoci gli spostamenti laterali tipici di ogni arena FPS. E' tutto un gioco di strafe, traiettorie interrotte, riflessi fulminei e anticipazione della posizione dei nemici per farli fuori prima che entrino in contatto con noi. Quello che rende Devil Daggers un vero gioiello è dunque il precisissimo gameplay, di rara semplicità, ma che nonostante questo permette, anzi, costringe ad adottare elaborate tattiche di individuazione del bersaglio, di sparo alternato tra uno shotgun lento e letale e un continuo getto preciso solo dalla distanza. Dopo i primi dieci minuti, in altre parole i primi venti game over, cercherete di capire i comportamenti degli avversari per poterne prevedere i movimenti e sconfiggerli in un batter d'occhio. Comincerete a porvi delle domande sempre più insistenti. E' meglio eliminare subito le torri o far prima piazza pulita dell'ondata che hanno generato? I teschi sono più veloci quando non li guardate o è solo una vostra impressione? Quando smettere di sparare per recuperare le gemme? Bisogna rimanere distanti e infilzare la fila di nemici che si accodano per squartarvi o andare dritti per la gemma girandovi di centottottanta gradi una volta che la recuperate per dilaniare la scia di di morte che vi segue a colpi di shotgun in faccia? Quanto siete arrugginiti col vostro bunny-hopping? E il vostro rocket-jump com'è messo? Perchè quando compariranno i castelli di occhi e carne sopra le vostre teste vi servirà avvicinarvi il più possibile: meglio due colpi di shotgun ben piazzati che un lento stillicidio a lungo raggio. O forse no?
Insomma Devil Daggers vi darà del filo da torcere. E' un gioco unico, che riprende le meccaniche del primo Doom e le estremizza, perfezionandole. Non è che siano molte in fondo. Controlli precisissimi, nemici insidiosi, atmosfera da messa nera, grafica retrò ed effetti sonori inquietanti. Ognuno di questi punti in Devil Daggers è praticamente perfetto. Il comparto tecnico è inquietante, come le emozioni che suscita in chi gioca. Tra l'accattivante e l'orrido, le texture non filtrate poggiano su poligoni mal posizionati ad arte, come quelli del primo Quake. Quando li guardiamo, ci chiediamo da quale inferno sono usciti: semplicemente (im)perfetti. Ma non è finita qui. Il comparto audio è anch'esso diabolico. Non c'è alcuna traccia musicale, eppure ogni partita è scandita dalle grida esasperate, dai sibilii nervosi e dai ghigni stridenti delle centinaia di creature a schermo, in una cacofonia terribile e avvinghiante. In questo caso non si tratta solo di scelta stilistica, perché l'audio è posizionale e parte integrante delle meccaniche di gioco. Siamo rimasti davvero stupefatti nel sorprenderci mentre ci giravamo da un lato per la risata malvagia dei teschi più grossi, perfettamente consci del ragnone alle nostre spalle, col suo ticchettare di denti battuti l'un contro l'altro. E l'ennesimo lungo brivido che ci percorreva la schiena.
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