Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 114'
La trama (con parole mie): all'inizio del maggio millenovecentonovantatre, in una piccola cittadina dell'Arkansas, tre bambini di otto anni scomparvero per essere ritrovati qualche giorno dopo, seviziati ed uccisi. Le indagini della polizia, condotte in maniera piuttosto sommaria, condussero a tre principali sospettati, adolescenti alle soglie o appena oltre la maggiore età dal turbolento passato e dall'evidente disagio mentale e sociale. Il processo che ne seguì, sfruttato dai media e dagli organi di controllo come una sorta di percorso già stabilito, fu messo in discussione dal detective Ron Lax, che indagò accanto alla difesa cercando di scagionare gli imputati ed evitare agli stessi la pena di morte richiesta dall'accusa.Nonostante lo stesso processo, le indagini di allora e quelle che seguirono, quello che accadde il giorno della morte dei tre bambini non è stato ancora, di fatto, chiarito.
Ammetto che, prima di approcciare l'ultimo lavoro del discontinuo - seppur sempre interessante - Atom Egoyan le recensioni lette in giro per la blogosfera avevano già ridimensionato le possibili aspettative della vigilia lasciando intendere, di fatto, che Devil's Knot si sarebbe rivelato una sorta di Prisoners di serie b.
Detto questo, e ragionando a mente lucida su questo film, posso dire che le suddette recensioni, di fatto, non sbagliavano definendo questo ennesimo Fino a prova contraria - i titolisti italiani devono aver raschiato il fondo del barile delle idee - una sorta di versione molto meno riuscita del grandissimo film di Villeneuve: non che Devil's Knot sia un brutto lavoro, o che manchino gli spunti per renderlo interessante, specie considerato che, dall'arrivo del Fordino, qui al Saloon siamo diventati ancora più sensibili rispetto all'argomento genitori e figli di fronte ai drammi e alle violenze di questo genere, eppure qualcosa, a partire dallo script per continuare con il cast, finisce per non convincere, di fatto ponendo accenti ed attenzione su tutto quello che di ordinario la pellicola avrebbe potuto mostrare - verrebbe quasi da dire la banalità del male - senza degnare di uno sguardo le intuizioni che avrebbero potuto renderla, al contrario, straordinaria: del resto è pur vero che lavori come il succitato Prisoners o la recente, meravigliosa True detective non si girano tutti i giorni, e non è possibile sperare che il brivido che percorre la nuca a fronte di alcune sensazioni possa ripresentarsi ad ogni thriller passato sullo schermo, eppure il risultato di Egoyan pare quello di un'occasione sprecata dietro l'inutile personaggio del dal sottoscritto detestato Colin Firth - di tutt'altra pasta rispetto al Rust Cohle di McConaughey - ed un piglio da film del sabato sera su Italia Uno, piuttosto che sull'esplorazione dell'assurdità della violenza, della barbarie celata dietro l'omicidio - o gli omicidi - di bambini, della caccia alle streghe mediatica e sociale, della critica ad una società che nasconde ben più di quanto non dia a vedere.
In quando a lavoro incompleto, Devil's Knot ricorda molto l'esordio della figlia di Michael Mann con Le paludi della morte, ma se per quest'ultima potevano essere comprensibili alcuni peccati di "gioventù", per Egoyan la scusa decade, anche e soprattutto considerata la clamorosa flessione della qualità delle sue opere, passata da cult come Il viaggio di Felicia a robetta come False verità: un peccato davvero, perchè il regista di origine armena pare manifestare la volontà di scuotersi da un torpore che dura troppo a lungo senza riuscire, di fatto, a trovare l'energia necessaria per compiere la svolta.
In un certo senso, le indagini del protagonista Ron Lax, schieratosi dalla parte dei tre ragazzi ritenuti responsabili del terrificante omicidio dei bambini scomparsi a Devil's Knot finiscono per rappresentare un'ottima analogia con il lavoro del regista: tentativi quasi disperati di cambiare la Storia eppure senza la forza che la stessa disperazione muove, riflessa anche in una misura decisamente troppo blanda dai genitori delle piccole vittime.
Onestamente, credo che lo Hugh Jackman di Prisoners fosse molto più credibile, con tutta la sua rabbia quasi cieca, rispetto ad una quasi innocua serie di figli della provincia persi tra una messa, un battesimo ed una denuncia televisiva: forse, da un certo punto di vista, questo quadro appare anche più reale di quanto non si voglia ammettere, eppure l'impressione è di una desolazione non solo rappresentata, ma anche vissuta dal punto di vista creativo da chi ha deciso di raccontare una storia non facile e complessa come questa, che in mani più salde e coraggiose avrebbe rischiato di diventare una sorta di nuovo Memories of murder, quantomeno.
Dunque, più che pensare alle promesse che il film non ha saputo mantenere, varrebbe forse la pena riflettere su una vicenda torbida ed oscura, resa ancora più agghiacciante dal fatto che sia realmente accaduta: un intrigo non ancora risolto che non ha nulla da invidiare alle atmosfere di Twin Peaks e al terrore che può generare l'animale più spietato di tutti, l'Uomo.
Peccato che, inesorabilmente, Egoyan e la sua creatura debbano invidiare al Capolavoro di David Lynch praticamente tutto il resto.
MrFord
"And she says, 'I swear I'm not the devil,
though you think I am.
I swear I'm not the devil'
he tries to sleep again
and wonders when the pain will end
the cuts, they may run deeper than his cracking outer shell."Staind - "Devil" -