Devilman e il lato oscuro dell’animo umano

Creato il 30 luglio 2012 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

40 anni di Devilman
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Attingendo alle difficili esperienze vissute col suo primo manga di successo, il comico-erotico Harenchi Gakuen (’68, inedito), e agli spunti disseminati nel suo incompiuto fanta-horror Mao Dante (titolo internazionale: Demon Lord Dante, ’71), > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="356" width="245" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignright wp-image-54838" />Go Nagai concepisce una storia dell’orrore che mostra il collasso della civiltà umana: Devilman (’72).

In seguito all’interruzione di Mao Dante, Nagai è contattato da un produttore della Toei, entusiasta di quel manga e deciso ad ispirarsi ad esso per ideare una nuova serie animata, in cui unire alcuni elementi di Mao Dante a quelli tipici dei telefilm di supereroi (i “tokusatsu”) come Ultraman (’66) e Kamen Rider (’71). Al termine delle trattative tra Toei, la rete tv Net (poi divenuta Tv Asahi), l’editore Kodansha e Nagai, si decide che l’anime e il manga vengano sviluppati in modo diverso, presentando due storie distinte accomunate da spunti iniziali simili.

Mentre per l’esordio dell’anime di Devilman (titolo originale: Debiruman) sugli schermi nipponici si attende l’8/07/’72, Nagai inizia la pubblicazione del suo manga sulla rivista settimanale Shonen Magazine (rivolta a un pubblico adulto) già a giugno. Come in Mao Dante, Nagai vuole creare un’opera di forte critica sociale e di analisi della psicologia delle masse, dove la società artificiosa costruita dagli uomini su una morale artificiosa, finisca con l’essere distrutta. Tale determinazione scaturisce in Nagai dall’essere divenuto, pochi anni prima, il bersaglio mediatico di insegnanti, genitori, politici e giornalisti, che lo presero di mira per via dei contenuti di Harenchi Gakuen; tali feroci critiche, di forte presa sull’opinione pubblica, spinsero Nagai a dare ad Harenchi Gakuen un provocatorio, violento e sanguinoso finale – dove non mancano decapitazioni, suicidi e brutali omicidi, perpetrati dall’esercito dell’associazione dei genitori e degli insegnanti –, ma,> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="533" width="280" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-54839" /> nonostante tutto ciò, ancora nel fumettista cova il desiderio di continuare la sua dura critica verso la società giapponese, estendibile anche a paesi occidentali come l’Italia. Sebbene lo stile di disegno di Nagai in Devilman sia inizialmente caricaturale e apparentemente inadatto a un horror (basti pensare a Ryo Asuka che spara col fucile ad alcuni teppisti per scacciarli, gag similare a quelle di tanti cartoon della Warner Bros.), gradualmente si evolve, divenendo sempre più cupo, “sporco”, espressionista e ricercato.

Tra le fonti di ispirazioni per Devilman, oltre alla lettura in tenera età della Divina Commedia illustrata da Gustave Doré, alla cultura orientale (“Fudo”, cognome di Akira protagonista di Devilman, trae origine da “Fudo l’Irremovibile”, divinità dall’espressione feroce appartenente ai Cinque Grandi Myo-o protettori della dottrina buddista), a studi storici (il periodo dell’inquisizione in Europa) e sulle religioni occidentali (Amon, il demone che si fonde con Akira nel manga, è presente in diverse religioni; per gli antichi egizi era una divinità, mentre nella demonologia cristiana è un demone seguace di Astaroth), c’è anche il contesto socio-culturale del periodo in cui sta lavorando Nagai, quando un certo interesse e una certa “simpatia per il Diavolo” erano presenti in diversi settori artistici internazionali (dalla musica al cinema, passando per la letteratura), mentre le lotte per i diritti sociali dei neri e delle minoranze etniche (a cui si fa riferimento in Devilman), le proteste contro la guerra in Vietnam, le contestazioni studentesche, la guerra fredda tra USA e URSS (destinata ad avere esiti catastrofici nel manga), il desiderio e il sostegno di una contro-cultura da parte dei giovani che infrangesse i tabù della società degli adulti, dilagavano in tutto il mondo, ispirando artisti di ogni nazionalità.
Nel ’72 appariva anche chiara la degenerazione del movimento pacifista degli hippy (presenti nel manga), travolto da arresti, problemi di tossicodipendenza, e coinvolto in casi di feroci omicidi, come il massacro avvenuto nell’agosto del ’69 nella casa dell’attrice Sharon Tate (moglie di Roman Polanski, regista dell’horror Rosemary’s Baby nel ‘68), ad opera di una comunità presieduta da Charles Manson. Come se non bastasse, nel dicembre del ’69, al grande concerto gratuito svoltosi ad Altamont (California) che fece seguito a quello di Woodstock tenutosi nell’agosto dello stesso anno, ci fu il caso di un giovane spettatore nero armato di pistola che venne assalito e ucciso a pugnalate da un motociclista degli Hell’s Angels – incaricati dai Rolling Stones di occuparsi della sicurezza – a pochi metri dal palco, davanti alle cineprese che stavano filmando l’evento e che portarono alla creazione del documentario Gimme Shelter (’70). A tutto ciò va infine aggiunto che, in quel periodo, il popolo nipponico deve fronteggiare gruppi terroristici interni – tema affrontato da Nagai in sue varie opere, come il manga Guerrilla High del ’70 – che, come nel caso dell’Armata Rossa, non si limitano ad agire solo sul territorio nazionale, ma anche su quello internazionale, compiendo un attacco suicida all’aeroporto israeliano di Tel Aviv (maggio del ’72).

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Alla luce di quanto esposto, non appare dunque del tutto casuale la scelta di Nagai di mostrare, ad esempio, una discoteca popolata da hippy ansiosi di ubriacarsi, perdere il controllo e fare sesso, come il luogo ideale in cui Akira Fudo può perdere la propria razionalità per fondersi con un demone: così come il concerto di Altamont passò dall’essere un evento pacifico al luogo infernale di un omicidio che avvenne davanti alle cineprese, così anche la discoteca popolata da hippy in Devilman perde la propria caratteristica di spazio di aggregazione sociale e di divertimento, trasformandosi in un luogo oscuro in cui le persone perdono il controllo scatenando sanguinose risse, fornendo ai demoni la possibilità di fondersi con loro, e divenendo teatro di un feroce massacro anch’esso filmato e destinato ad essere trasmesso in tv.

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Il profondo pessimismo che pervade Devilman, unito alla sua carica di denuncia sociale, rimanda ad un’altra celebre opera horror, diretta da un regista cinematografico cresciuto leggendo gli E. C. Comics (Tales from The Crypt, The Vault of Horror), dai quali apprese come questo genere si potesse usare per effettuare della critica sociale e politica. Si tratta di George A. Romero e del suo film La notte dei morti viventi (’68), con il quale rielabora la figura dello zombi> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="197" width="300" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-54840" /> (così come Nagai reinventa quella del demone) adeguandola ad un racconto allegorico sulla fine delle illusioni e sui lati oscuri della società statunitense.
Sia in Romero sia in Nagai prevale la sfiducia nel genere umano, e, tra gli altri punti di contatto tra le loro opere, segnaliamo: le coppie di giovani innamorati destinate a soccombere; il protagonista che non è più un eroe invincibile, ma un individuo che commette errori; gli esseri umani che, davanti a una minaccia collettiva, non riescono a collaborare, ma si dividono fino al punto di aggredirsi l’un l’altro; la casa, luogo di tranquillità e di rifugio dalle minacce esterne, diventa un fortino destinato a essere violato; i nuclei famigliari vanno in pezzi davanti alla minaccia soprannaturale, rimanendone contagiati e spinti ad uccidersi l’un l’altro, o mostrando come gli adulti siano incapaci di difendere i propri figli da quello che sta accadendo; la creazione di squadre di sicurezza per proteggere gli uomini dalla mostruosa invasione che, però, provocano la morte di alcuni dei personaggi positivi principali.

Il tema della crisi della famiglia, in particolare, era già stato trattato da Nagai nel ’71, nel breve manga Il grande shock del piccolo Susumu (Susumuchan Daishokku, inedito), incentrato su un’ondata di follia che spinge i genitori ad uccidere i propri figli: non è dunque un caso se in Devilman appaia Susumu, un bambino che teme di essere ucciso dalla madre. Il tema della crisi dell’unità famigliare, nonostante venga spesso negato, edulcorato o volutamente trascurato nelle rappresentazioni artistiche, è ancora oggi più attuale che mai, in Italia come in Giappone, basti pensare alle parole del regista nipponico Sion Sono: “in Giappone la violenza dei rapporti famigliari è molto più drammatica e pervasiva rispetto agli altri Paesi” (cfr. Nocturno Cinema di marzo 2012).

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Oltre a tutto ciò, Nagai evidenzia il pericolo della regressione della popolazione di fronte a una grave crisi, facendo sprofondare le persone in metodi e ragionamenti tipici del medioevo europeo, come la caccia alle streghe: nel manga nagaiano, infatti, un folto gruppo di individui assalta la casa di Miki, ritenendola una strega da giustiziare poiché rappresenta una mortale minaccia per tutti loro. > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="258" width="260" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-54843" />Nonostante la civilizzazione delle nostre società, l’essere umano per Nagai è ancora pronto a credere a facili superstizioni e pregiudizi nei momenti difficili, specie nei confronti delle donne, come accade anche in Non si sevizia un paperino (’72) di Lucio Fulci, dove una maciara (“strega”) viene ritenuta colpevole di alcuni delitti e aggredita da alcuni paesani, morendo sul ciglio di una strada senza che nessuno la soccorra.

La denuncia di Nagai nei confronti delle nostre civiltà continua anche nel manga Violence Jack (iniziato nel ’73), ideale prosecuzione stilistica, tematica e perfino narrativa di Devilman (il legame tra le due storie è svelato anche nel terzo OAV de Il pazzo mondo di Go Nagai, anime del ’91), e nelle altre opere collegate alla saga di Akira Fudo come Devil Lady (’97), ma che non sempre portano la firma di Nagai, come nei casi di Amon: The Darkside of Devilman (’99) e Strange Days (2005), entrambi opera di Yu Kinutani. Tra queste opere successive ricordiamo Devilman: Time Travellers, composto da episodi realizzati da Nagai tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, in cui, ad esclusione dell’ultimo (incentrato su Akira, Miki e Ryo), > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="370" width="240" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-54844" />Akira e Ryo viaggiano in diverse epoche del passato, scoprendo come i demoni vogliano influenzare il corso della storia. Tra i vari racconti segnaliamo quello ambientato nel west, dove Nagai prende di mira il Generale Custer e denuncia le atroci violenze (fisiche e sessuali) subite dagli indiani da parte dell’esercito federale, come mostrato in film come Soldato Blu (’70), di cui Nagai rielabora il celebre momento della decapitazione di un’indiana, commessa da un soldato a cavallo armato di sciabola.

Per quello che riguarda l’anime, esso si compone di 39 episodi – giunti nel nostro paese nel corso degli anni ’80, con un doppiaggio italiano purtroppo inadeguato – che donano un finale aperto alla vicenda, senza mostrare lo scontro finale tra Akira e i demoni. Sebbene la serie sia rivolta a un pubblico più giovane, non mancano fin dalla prima puntata le occasioni in cui il sangue (blu, verde, o rosso) schizza in modo evidente. Nel corso della serie, inoltre, si mostra spesso Tare, il fratellino di Miki, pisciarsi addosso dalla paura.

Nell’anime, Akira e suo padre vengono uccisi da tre demoni, dei quali, al termine di uno scontro mortale tra di essi, solo uno sopravvive e possiede il corpo del giovane, facendo ritorno in Giappone e andando a vivere nella casa dei Makimura, dove si innamora dell’adolescente Miki. Per via di questo sentimento, Akira/Devilman si ribella alla tribù dei demoni, divenendo un loro implacabile nemico. > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="346" width="192" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignleft wp-image-54845" />Tuttavia Akira non è un “bravo ragazzo”, dato che non esita, in più occasioni, ad estrarre la cintura dai pantaloni per aggredire i propri compagni di classe: a fermarlo è Miki, che lo schiaffeggia per punirlo. Nel corso delle puntate troviamo scene in cui si creano efficacemente suspense e atmosfere da incubo, realizzando persino una surrealistica e premonitrice sequenza allucinatoria nell’ep. 17, di insolita qualità e originalità per una serie animata del ’72. Come nel manga, inoltre, non mancano i momenti in cui i demoni si rendono conto di quanto la società degli umani sia orribile: nell’ep. 31 il demone Kilski, di buffo aspetto, si aggira per la città, ritrovandosi nei pressi di un grattacielo in fiamme, da cui le persone preferiscono fuggire gettandosi dalle finestre e schiantandosi al suolo, piuttosto che aspettare di morire arsi dal fuoco. Nemmeno l’arrivo dei pompieri riesce a garantire la salvezza delle persone che continuano a lanciarsi nel vuoto e a cadere a terra. Spaventato da quegli eventi che oggi ci ricordano quanto accaduto l’11 settembre, il demone si rifugia in un vicolo isolato, affermando che “il mondo degli uomini è molto peggio che quello dei demoni”.

Nello staff dell’anime troviamo animatori come Kazuo Komatsubara, Kazuo Nakamura e Shingo Araki, > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="300" width="168" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class=" wp-image-54846 alignright" />tre dei più celebri autori delle serie tv dei personaggi nagaiani che in Devilman (anime che risente, come Mazinga Z, del periodo di scioperi alla Toei) offrono buone prove del loro talento artistico. Oltre al cortometraggio cinematografico Mazinga Z vs. Devilman (uscito a luglio del ’73 in Giappone e giunto per la prima volta in Italia all’interno del film Mazinga contro gli Ufo Robot nel ’78), di cui esiste anche un adattamento cartaceo firmato da Gosaku Ota (cfr. il vol. 2 del suo manga di Mazinga Z, edizione D/Visual), un’ulteriore occasione per rivedere i personaggi della serie tv è offerta dal manga Dynamic Heroes (2006), mentre al termine degli anni ’80 vengono realizzati due OAV (Devilman: La genesi dell’87 e Devilman: L’Arpia Silen del ’90), a cui lavora nuovamente Komatsubara, offrendo un nuovo adattamento animato del manga, più fedele e cruento, dove vengono chiariti alcuni punti oscuri del fumetto – la sorte dei genitori di Akira –, apportando alcune variazioni narrative – il demone Jinmen non uccide una bimba amica di Akira come nel manga, ma bensì sua madre negli OAV – e invertendo l’ordine in cui vengono presentati alcuni eventi – nel manga prima avviene lo scontro con Silen (o “Sirene”) e poi quello con Jinmen, mentre nel secondo OAV accade il contrario –. Nel 2000 viene creato un terzo OAV, senza più Komatsubara a causa della sua prematura scomparsa, dal titolo > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="396" width="231" alt="Devilman e il lato oscuro dellanimo umano >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-54847" />Amon: Apocalypse of Devilman e in cui la storia prosegue, unendo spunti del manga originale di Nagai, con altri provenienti da Time Travellers e da Amon di Kinutani. Nel 2004 viene anche prodotto un film con attori (Devilman: The Movie, inedito), che ha però deluso molti dei suoi spettatori.

Come per altri titoli cult dell’horror, anche Devilman è continuamente riproposto in svariati modi alle nuove generazioni, ma ci teniamo a concludere ricordando il finale di un episodio di Time Travellers, in cui è mostrata la decapitazione della regina Maria Antonietta, accolta con entusiasmo da parte del popolo francese desideroso di assistere all’esecuzione.
Essa serva come monito a ciò che potrebbe accadere se l’attuale crisi economica continuasse a funestare la gran parte della popolazione mondiale, favorendo solo una piccola cerchia di privilegiati che detengono una fetta crescente delle ricchezze e, come altre volte in passato, tentano di prevaricare tutti coloro che sono meno fortunati di loro.

OMAGGI

 
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Gabriele Dell’Otto e Stefano Simeone (clicca per ingrandire)

 
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Roberto Recchioni (Clicca per ingrandire)

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