Non si tratta dunque di un episodio, ma di una realtà generale, peraltro divenuta concreta e attiva, alla faccia del referendum, prima con lo sblocca Italia e poi con la legge di stabilità che consente ai comuni di spendere le cifre ricavate dalla vendita delle quote nei servizi pubblici. Il partito di centro destra che risponde al nome di Piddì è pienamente implicato in questo processo di trasformare i servizi universali in affare privatistico con la concentrazione dei servizi idrici ed energetici ( così che se non pagate una bolletta qualsiasi vi staccano tutto) in quattro o cinque grandi società di mercato con un ambito territoriale minimo su base regionale, come ha sostenuto di recente Franco Bassanini, presidente di Federutility. Del resto che il partito fosse apertamente ostile al referendum sull’acqua non è un mistero, che fosse saltato sul carro all’ultimo momento temendo che la forza di trascinamento della consultazione sul nucleare lo portasse a una sconfitta in compagnia del Pdl è storia, che poi abbia fatto di tutto prima per sabotare la volontà degli italiani – anche in virtù del fatto che la “ditta” ha grossi affari nel settore, vedi Hera – e poi per renderla ufficialmente carta straccia con Renzi, è cronaca.
La scusa ufficiale per questa operazione è che il pubblico non ha i soldi per gli investimenti necessari, ma è naturalmente una mascheratura e una bugia: da quando sono cominciate le privatizzazioni delle aziende che svolgono un servizio universale in questo campo e le quotazioni in Borsa gli investimenti sono calati a circa un quarto di quelli precedenti e le bollette aumentate di molto, in qualche caso raddoppiate o triplicate con incredibili guadagni di pochi. Ricordo che ogni investimento significa anche lavoro. E anche adesso chi metterà i soldi per finanziare questo piano, invece che la rete idrica? Di fatto le vittime, ovvero gli italiani attraverso la Cassa Depositi e prestiti che raccoglie il risparmio postale e poi alcuni gruppi esteri, compresi quelli cinesi, naturalmente in cambio di ampi profitti da spillare alle famiglie per gli stratosferici stipendi dei manager come è già accaduto in qualche caso. Ma se si deve fare affidamento sulle esperienze europee, clamorose quelle di Berlino e di Parigi, le privatizzazioni dei servizi universali si sono rivelate un fallimento: nelle due grandi capitali dopo disastrose esperienze in cui gli investimenti li faceva il pubblico, mentre i profitti rimanevano privati e le bollette salivano, il sistema è stato rifiutato.
Del resto questa modernizzazione verso il passato è grottesca perché ha già raccolto le lacrime di coccodrillo del capitale, insuperabile in questo: la Banca Mondiale che per decenni aveva ricattato interi Paesi del Sud America e dell’ Africa perché rinunciassero alla gestione pubblica dell’acqua e accogliessero le più efficienti multinazionali, nel 2005 ( e da allora è passato quasi un decennio), ha ammesso di essersi sbagliata e che sul piano degli investimenti e dell’efficienza dei servizi non c’era stato alcun progresso. Nel frattempo però milioni di persone erano state escluse e in molti casi lo sono ancora dal servizio universale, mentre sono stati realizzati enormi profitti privati a spese delle famiglie e anche delle economie locali.
Così il caso del pensionato morto per infarto nell’Agrigentino non è affatto un caso eccezionale, ma la semplice logica delle cose verso la quale veniamo trascinati. E l’acqua privata è solo l’inizio.