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Di calvizie non si muore o quasi! - Riflessioni sulla malattia più ambigua della testa

Creato il 19 luglio 2010 da Ennioorsini
Saranno le innumerevoli patologie di oggi, che spingono il calvo a reprimere la sofferenza causata dalla propria "malattia"? La paura di sentirsi dire: "Non sono questi i problemi!"?
Eppure, nonostante il progresso scientifico e le profonde modificazioni avvenute nei canoni estetici, la mancanza parziale dei capelli, più che quella totale, continua a far soffrire il genere umano!
L'indice potrebbe essere il mostruoso giro d'affari generato intorno al mercato del capello ma soprattutto del "non capello": Cosmesi tricologica, autotrapianti, protesi, prodotti e sistemi miracolosi, ecc.. . I tempi passano ma i problemi legati ai capelli sembrano essere gli stessi! Prima, la privazione dei capelli veniva considerata come una punizione. Nella antica Roma, i traditori, le adultere ed i prigionieri venivano privati dei capelli. L'istituzione della "chierica" in alcuni ordini monastici aveva ed ha tuttora, un profondo valore simbolico: rinunciare ai capelli per manifestare la propria indifferenza alle istanze mondane, per essere tutt'altro che attraente. Si potrebbe continuare a cercare a lungo tra i più assurdi riferimenti esistenti in passato tra mancanza dei capelli e negatività. Di contro, sempre in antichità, l'abbondanza della chioma era considerata il segno visibile della autorità del Capo, così come i capelli erano l'elemento essenziale della "dignità" di un Re. Sostanzialmente e riassumendo, se avevi i capelli eri IN altrimenti eri OUT!
Avendo questa eredità storica, non è semplice uscire da questo fortissimo e radicato schema mentale. Quindi, per combattere la calvizie, dall'antichità fino ad oggi continuano a susseguirsi bizzarri e cruenti sistemi di rinfoltimento del cuoio capelluto.
Viene quasi da ridere a pensare che i nostri antenati usavano combattere la calvizie con zampe di cani, criniere di asino seppellite e cotte nell'olio. Oppure grasso di leone, ippopotamo,
coccodrillo, oca, serpente, ibis applicate direttamente sulla testa calva. Per non parlare di denti di asino o di cavallo, grasso d'orso e midollo di cervo. Ma anche foglie di mirto, corteccia di pino, vino bianco, olio di semi di ravanello, bacche di ginepro, assenzio, radici di felce, olio di linosa, mandorle schiacciate, crusca di frumento, polvere di mastice e chi più ne ha più ne metta!
Almeno loro erano poetici e fantasiosi! Oggi invece, gli ingredienti fanno quasi paura, sembrano sostanze aliene, nomi usciti direttamente dai laboratori nucleari.... Ma i risultati, alla fine, sono gli stessi di allora, per essere diplomatici: Placebici!
In realtà da 4000 a.C. qualche progresso c'è stato! Esistono rare eccezioni, sarà anche l'anno 2010 no? Però il prezzo da pagare è molto, molto alto! Alcuni farmaci infatti, riescono a contrastare la caduta o l'idebolimento del capello, indebolendo... diciamo altri organi!
Verrebbe da pensare: "Ma chi me lo fa fare?". Eppure sempre più scienziati e studiosi sono d'accordo nel dire che quel fastidioso schema mentale è alla base di sempre più diffuse depressioni!
Pare infatti che la "chierica" sulla nuca, una forte stempiatura o la calvizie totale fanno malissimo all'autostima: gli uomini che ne soffrono sono molto più facilmente depressi ed introversi e hanno meno possibilità di sfondare nella vita!
Molti studiosi pensano che siamo ancestralmente abituati a considerare i capelli come un "attributo sessuale" e, se i capelli non ci sono più, possiamo vivere questa condizione come una regressione ad uno stato, come quello infantile, nel quale non si sono ancora ben differenziati sessi e ruoli, con i diritti e i poteri che essi comportano. Di calvizie non si muore o quasi! - Riflessioni sulla malattia più ambigua della testa


La perdita dei capelli è pertanto inconsciamente vissuta come castrazione, perdita della virilità, della forza, della giovinezza, della mascolinità o della femminilità.
Ma se così fosse, la teoria testosteronica della quale Franco Trentalance sembra essere un valido rappresentante, dove la mettiamo? Per non parlare dei soliti "pelati" celebri: Bruce Willis, Jack Nicolson, Gianluca Vialli e compagnia bella, sono solo de eccezioni che confermano la regola?
Insomma, nonostante tutto ad oggi questa pseudo-malattia esiste, solo in Italia circa nove milioni di persone ne soffrono, interessando, in forma più o meno grave, il 20% dei giovani maschi (20/30 anni) e il 50% degli uomini sopra i cinquanta anni. Pertanto se una malattia è qualcosa che far star male e considerato che la prima cosa da fare per poter guarire da una malattia è riconoscere di star male, potremmo iniziare quanto meno a non reprimere la sofferenza generata dalla calvizie, e chissà che legittimando questa sofferenza, si possa innescare una maggior attenzione da parte di chi può offrire una cura sempre più possibile!

Di calvizie non si muore o quasi! - Riflessioni sulla malattia più ambigua della testa
Riferimenti e fonti:
  • www.calvizie.net
  • Daniele Campo, Calvizie comune istruzioni per l'uso, 2004
  • Quotidiano "La Stampa" di Torino, 1995
  • Kligman AM, History of Baldness, Clinics in Dermatology, 1998 vol. 6
  • Soleto R Una lezione inedita dell'opera postuma di G. B. Morgagni "Sui capelli e sui peli in genere" Istituto Farmacologico Serono
  • Rinaldi F, Maffei C, Fossati A, Riva E Personality disorders and psycopathologic symptoms in patiens with
  • androgenetic alopecia Arch Dermatol, 1994
• Moerman DM, The meaning of baldness and implications for treatment, Clin Dermatol, vol.6, n.4, 1988

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