Di cosa parliamo quando parliamo di libri (elettronici) (a milioni)

Creato il 17 agosto 2010 da Fabry2010

di: Guido Tedoldi

Nello scorso mese di maggio, in concomitanza con la Fiera del libro di Torino, sono stati annunciati i lanci di 3 piattaforme diverse per la distribuzione di libri elettronici, altrimenti detti e-book. I gruppi editoriali Gems, Rcs e Feltrinelli hanno annunciato Edigita, la Mondadori si è immediatamente accodata dicendo di star lavorando da tempo a una propria libreria in internet e Ibs, negozio che in internet già da anni vende libri di carta seguendo il modello dell’americana Amazon, si è detta pronta a far concorrenza ai primi 2 gruppi nello stesso mercato. Ognuna di queste aziende si è detta pronta a rendere disponibili migliaia di libri.
Poi ad agosto si è saputo che in tutto il mondo ci sono quasi 130 milioni di libri, per la precisione 129˙864˙880. Li ha contati Google, privilegiando il numero di titoli più che quello delle copie o delle versioni (i criteri con cui li ha contati sono spiegati in internet al seguente link: http://booksearch.blogspot.com/2010/08/books-of-world-stand-up-and-be-counted.html). Il conto lo ha fatto Google perché ha in progetto di digitalizzare tutti i libri del mondo, trasformando i tomi di carta custoditi in tutte le biblioteche (e magari anche nelle librerie e nelle edicole) in file digitali scaricabili da internet.
Cioè, 130 milioni era il numero di libri aggiornato allo scorso 1 agosto. Poi c’è stato un aumento, la cui misura hanno tentato di calcolare Francesco Cataluccio e Andrea Di Stefano sul Domenicale del Sole24ore (il loro articolo è anche leggibile nel web sul Fatto Quotidiano, al link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/30/ebook-la-sfida-della-qualita/45849/). Cataluccio e Di Stefano riportano una notizia diffusa dal Dipartimento di Fisica dell’università di Stanford, la cui direzione ha deliberato di costruire una nuova biblioteca. Nell’edificio però non ci sarà nemmeno un libro di carta – soltanto computer ed e-reader sui quali gli studenti potranno consultare tutti i libri in formato elettronico. Le edizioni cartacee verranno immagazzinate in un altro edificio, posto a 60 chilometri di distanza, il quale dovrà essere bello grosso, perché ogni anno vi entreranno circa 100˙000 nuovi libri e riviste… e stiamo parlando soltanto dei libri interessanti per un Dipartimento di Fisica!
Certi numeri fanno pensare che gli esseri umani hanno prodotto una quantità di cultura (o meglio di libri che ne contengono, e qui col discorso sfioriamo soltanto altri supporti come quelli che contengono film o musica) già enorme… ma quotidianamente ne producono ancora. D’altra parte siamo in un’epoca speciale della storia umana, che non ha mai avuto precedenti: quella dell’università di massa. In altre parole la quantità di persone in possesso degli strumenti (mentali prima che tecnologici) che la mettano in grado di scrivere, e più in generale di produrre cultura, non è mai stata grande come in questi ultimi anni – e nei prossimi anni e decenni sembra destinata a crescere ancora, sia in termini percentuali sulla quantità di popolazione sia in termini di numeri assoluti.
Non è detto che tutto ciò si traduca in una maggior qualità, ma non è sempre di quella che si parla quando ci sono di mezzo i grandi numeri.

Di supporti per leggere i libri digitali ce ne sono ormai tantissimi, e non sono soltanto i Kindle o gli iPad. Ci sono i telefoni cellulari, e naturalmente i computer. Che siano prodotti richiesti dal pubblico lo dimostrano i grandi numeri delle vendite, a volte diffusi dalle aziende costruttrici a volte tenuti nascosti: l’ufficio stampa di Apple non ha mancato di far sapere che i 2 milioni di esemplari venduti del suo iPad si sono raggiunti lo scorso maggio, in meno di 60 giorni dall’immissione sul mercato, e i 3 milioni solo 20 giorni dopo, a giugno, mentre dal canto suo Amazon non ha mai diffuso i dati di vendita dei suoi Kindle pur aggiornandone i modelli.
Rispetto ai libri di carta, i libri digitali sono più ricchi di contenuti e di opzioni di fruizione, nel senso che oltre al puro testo possono contenere fotografie, musiche, video. E questo senza che ci sia un aumento significativo dei costi di riproduzione. La differenza con un libro stampato, i cui costi di riproduzione aumentano sensibilmente se si aggiungono fotografie, magari a colori, e se si sta attenti alla carta su cui quelle foto devono venir stampate, è evidente. Inoltre ogni copia del libro stampato ha un costo di tipografia e materiale, magari tenuto basso grazie a economie di scala ma comunque sensibile; il costo di una copia del libro digitale è invece praticamente pari a zero, una volta che si abbia un supporto in cui memorizzarlo.

Sto parlando continuamente di grandi numeri perché lo scenario della cultura digitalizzata passa attraverso di essi, in una misura che lo scenario della cultura soltanto stampata non si sognava nemmeno.
Innanzitutto il pubblico. I libri su carta erano scritti da pochi e letti da pochi, prima che Gutenberg inventasse la stampa a caratteri mobili. In seguito le persone in grado di scrivere e leggere sono aumentate come quantità, ma ancora nel ’900 i tassi di analfabetismo di molte nazioni del mondo, comprese quelle avanzate, erano altissimi.
Oggi siamo nell’epoca dell’università di massa.
Poi ci sono le dinamiche di mercato. Il canale principale di vendita dei libri sono le librerie, ed esse per propria natura non vendono tutti i libri, bensì solo i più recenti immessi sul mercato. Dopo poche settimane gli scaffali vengono svuotati dei libri che c’erano e riempiti con altri, gli ultimi immessi sul mercato. Per il pubblico la possibilità di comprare rapidamente un libro consiste nel fatto che sia lì, presente, sennò quel libro è praticamente perso: bisogna ordinarlo, e se c’è nel magazzino dell’editore bene, sennò bisogna aspettare la ristampa. In sostanza il sistema delle librerie rende disponibili una minima parte dei libri: gli ultimi. Gli altri spariscono. Nella sola Italia si calcola che vengano pubblicati ogni anni circa 50˙000 nuovi titoli, il che significa 500˙000 in 10 anni, 1 milione in 20 anni. Chi li ha comprati per tempo, bene. Chi se li è persi, o li chiede in prestito (trovando qualcuno che ce l’ha) oppure non li può leggere.
Oggi ci sono le memorie dei computer. Se un libro è lì, può essere trovato e scaricato in pochi secondi. E siccome quelle memorie sono capienti, possono contenere veramente tanti libri. Non a caso Google parla di 130 milioni di libri, e non di 130˙000 o 13˙000 (numeri che farebbero già sudare freddo tanti magazzinieri).
Poi ci sono le dinamiche di promozione, recensione, critica. In un contesto di piccoli numeri, con poche persone interessate, erano sufficienti poche persone di prestigio a indirizzare i gusti di pochi lettori. E le riviste con poche centinaia di copie distribuite erano efficaci, visto che raggiungevano le poche centinaia di persone in grado di leggerle e di seguire i dibattiti. E così per le cattedre accademiche, e per le pagine culturali dei giornali. Eccetera. Al poco bastava poco. Agli editori bastava raggiungere un piccolo numero di maître à penser, e la loro opinione positiva su certi libri ne decretava il successo.
Oggi ci sono i blog. Il circuito del prestigio è stravolto, nel senso che non è più necessario ricevere un’investitura «ufficiale», a volte basta metterci la faccia e dimostrare onestà per essere ascoltati. E se si ascolta un blogger magari si smette di ascoltare il recensore di un giornale, soprattutto se ci si rende conto che parla di libri che non ha letto. Le voci sono molte di più. I lettori sono molti di più.

Il discorso non si esaurisce qui, naturalmente. Il cambiamento d’epoca è cominciato da pochi anni. C’è ancora chi è nato in un tempo in cui addirittura non c’era la tv. Tante cose succedono, e forse il primo sguardo è fallace.



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