Direi una balla dicendo che è più o meno a questo punto che, solitamente, comincio ad imprecare. In realtà, dato che ho l'occhio ormai allenato, le parolacce attaccano ad affollarmi la mente e la bocca molto prima, quando la sagoma della domanda con tutte quelle "-asi" finali all'orizzonte, fa il solletico alla mia memoria fotografica di frustrato aspirante apprendista cardiologo. I quiz per l'accesso alla specializzazione, lo dico per chi non ha mai provato l'ebrezza, sono qualcosa di a dir poco allucinante. Dove per allucinazione, con un minimo di cognizione di causa, intendo "una percezione senza oggetto da percepire" (domanda 633).Oggi, per esempio, mi trovavo, come spesso mi accade, a ripetere per l'ennesima volta alcuni quesiti per così dire speciali che, nonostante un'esperienza ormai biennale in questa disciplina, continuo imperterrito a sbagliare, almeno stando agli oscuri criteri con cui è stato deciso dove porre l'asterisco della risposta esatta dai signori del potere. Come in un girone dantesco in cui, me dannato, fossi costretto a perpetuare sempre lo stesso gesto senza via di scampo, all'infinito e oltre.
Nel nostro soleggiato Bel Paese un "giovane" medicozzo come il sottoscritto, che volesse tirare a campare in maniera un po' più edificante e stimolante che non fare guardie mediche in sperduti paesini di montagna o il medico alle gare di tuffo dalle mongolfiere senza paracadute, una volta laureato, abilitato, rimane un numero variabile di mesi in attesa di un fantomatico concorso pubblico per l'accesso alle scuole di specialità. Questo lasso di tempo è, di volta in volta, variabile a seconda dell'erogazione dei sempre più esigui fondi che avviene in maniera più o meno puntuale, della burocrazia italiana che anche qui soffoca tutto, degli avvicendamenti politici di sorta e, in ultima istanza, dei capricci di chi ci governa. Finchè un bel giorno, spesso a sorpresa, viene emanato un bando di concorso che, ogni volta, è la fotocopia esatta di quello degli anni precedenti. C'è quasi da stupirsi di come, puntualmente, si ricordino di cambiare la data. Immagino che al ministero abbiano un ufficio dedicato.Insieme a questo agognato documento viene pubblicata anche una lista di domande (quasi 6000, con relative risposte e anch'esse identiche da 3 anni a questa parte) dalle quali vengono, in ultima analisi, estratte le 60 che comporranno il compito della prima prova. Il trucco è che, ovviamente, quali siano le prescelte lo si scopre solo in sede di esame.Fin qui tutto chiaro?
L'esercizio costruttivo, formativo e gratificante che deve fare a questo punto il nostro neo-medicozzo è quello di mandare a memoria, letteralmente, tutti questi quesiti, navigando a vista tra le insidie che le popolano. E non sono poche. Alcune, per esempio, hanno delle risposte platealmente scorrette e, in tal caso, occorre scotomizzare quelle poche cose che la formazione universitaria ci ha insegnato in 6 anni di esami e plasmare le nostre coscienze all'insegna di un errore palese che diviene Verità, con la V maiuscola. Altre riguardano campi della medicina quasi mai sentiti nominare e, soprattutto, prive di qualsivoglia utilità pratica. Altre ancora si ripetono da un punto all'altro (e qui, ci sarebbe solo da godere della riduzione del numero effettivo dei quesiti che questo evento produrrebbe), ma con risposte differenti (argh!), sottoponendo il lettore all'esercizio squisitamente enigmistico del trovare le differenze. Ed ecco che il nostro dottore, diventa, nelle settimane che lo separano dal test, una sorta di tossico che prova a fare a meno di quello stupido pdf pieno di elenchi numerati senza riuscirci. Sta in piedi la notte davanti al PC dove può esercitarsi in simpatiche prove di destrezza di 250 domande per volta, guardato a vista da una faccina che cambia espressione ogni volta che fa un errore e scomodando dal paradiso un numero imprecisato di santi che, contrariamente alle aspettative, aumenta man mano che si arriva al rush finale, quando anche una sola domanda su cento è in grado di far schizzare il sangue al cervello quasi come un discorso del premier calimero davanti ai grandi della terra. Perchè, in fondo, si sa che la prima sfida in questo campo minato che lo separa da un qualche genere di cammino professionale scolpito nella pietra, è totalizzare quel famoso 60/60 alla prima prova, un questionario a prova di correttore computerizzato. Di prova, poi, ce n'è anche una seconda, una sorta di tema su un caso clinico (che, detto così, potrebbe sembrare interessante) diverso da candidato a candidato (alla faccia dell'imparzialità, della riproducibilità e della valutabilità!) in grado di rovesciare a piacimento ogni certezza. Ma questa è un'altra storia.
Torniamo alle illusioni. Sarà stato il sole, o le quasi mille crocette di fila nel dopo pranzo, ma ad un certo punto, oggi pomeriggio, mi sono ritrovato in corsia, con il camice addosso, pronto a vedere un nuovo paziente, arrivato direttamente dal Pronto Soccorso. Un signore anziano, con la barba e gli occhiali, dall'accento romanesco e dai modi un po' burberi e sbrigativi, ma non abbastanza da tradire una feroce sofferenza, esplosa proprio oggi con una miriade di sintomi diversi e difficilmente inquadrabili. Lo guardo e, non so come, so che è proprio lui: colui che ha scritto quelle migliaia di domande che più di una volta mi hanno turbato il sonno. Su di lui ho proiettato alcuni dei miei sentimenti più cattivi, per interi mesi. Più volte ho desiderato che prendesse una storta scendendo dal tram, che gli rigassero il suv, che avesse la diarrea per tutta la durata di una vacanza costosissima dall'altro capo del mondo, che perdesse in borsa, che gli rubassero il portafoglio con dentro tutti i documenti all'estero, che i suoi treni arrivassero sempre in orario, che gigi d'Alessio allestisse una sala prove sotto il suo salotto, che perdesse il biglietto dell'unico concerto in Italia dei REM, che la sua squadra del cuore fosse radiata dal campionato, che scoreggiasse in ascensore e che tutti se ne accorgessero, che lo intervistassero a report smascherandone qualche portata, che al primo appuntamento con una donna fosse tormentato da decine di pakistani con le rose, che gli animatori di un villaggio vacanze lo facessero salire su un palco tutte le serem che facesse un viaggio in taxi di ore e ore con il Gabibbo e avesse Pino Insegno come vicino d'ombrellone per un'intera stagione estiva. Persino, e me ne pento, che soffrisse e che morisse di mali indicibili, solo e abbandonato. Ma, ora, è tutto diverso. Adesso è qui, davanti a me e, fosse anche solo per deontologia, devo e voglio dargli una mano.Forse ha un infarto, forse una banale infezione, forse entrambe. Il guaio è che non lo so. Apro vari cassetti della mia memoria e mi trovo a ricordare che l'anemia macrocitica da carenza di vitamina B12 può essere riscontrata più comunemente nella infestazione da difillobotrium latum (domanda 2041), che quel famoso architetto di Tonara di 36 anni soffriva di Megacolon tossico (594), che la mamma della piccola Anna non doveva temere perchè sua figlia aveva valori ematologici nei limiti per la sua età (1323). Mi ricordo persino che nella sindrome di Kallman si ha amenorrea primaria associata a ipogonadismo ipogonadotropo (1402), e un sacco di "tutte le precedenti", "tutte le seguenti", "A+B", "1,2,3,4", "nessuna delle precedenti".Eppure sono passati anni, almeno così mi pare nell'illusione. Ma, penso, li avevo riletti talmente tante volte che, alla fine, li avevo memorizzati in maniera indelebile. Quello che ora proprio mi manca, però, è il nome di quel cavolo di farmaco. Forse un antibiotico, o forse no. Non ricordo, o forse non l'ho mai saputo.Mi convinco che potrebbe essere quello che salverebbe questo ciccione che ho qui davanti e che ha il fiato sempre più corto. Anzi, ne sono sicuro. Basterebbe ricordarsi il nome, o perlomeno la classe farmaceutica. Niente. E' tutto inutile.Ma non sarà vendetta, solo il naturale e triste corso degli eventi, nell'inesorabile inseguirsi di cause ed effetti, come nell'eterna favola del coccodrillo.