Di geni incompresi e cattivi editori.

Creato il 26 luglio 2013 da Cronachedallalibreria @MarinoBuzzi
Prendete questo pezzo per quello che è: uno sfogo. Prima però voglio fare una premessa, forse un po' lunga. Ci sono tante brave autrici e tanti bravi autori che non trovano case editrici disposte a pubblicarli. Vero. Per mille ragioni diverse: perché il testo viene considerato senza mercato, oppure perché non è adatto alla collana editoriale, perché non viene capito, ecc... La lista degli autori e delle autrici rifiutati da case editrici che poi hanno avuto successo con altre è piuttosto lunga. Così come è vero che molte case editrici pubblicano romanzi di autori e autrici che non valgono, dal punto di vista letterario, molto. Anche qui per un milione di motivi: perché scrivono un genere che va, perché hanno alle spalle esperienze televisive, musicali ecc..., perché così va il mondo e se tutte le persone meritevoli venissero premiate e quelle meno meritevoli andassero a fare lavori adatti a loro il mondo sarebbe un bel posto dove vivere. Sappiamo che non è così, in nessun campo. Detto questo, però, c'è da dire che il mercato è pieno di ottime case editrici che pubblicano brave autrici e bravi autori, che molte fanno ricerca, che non è vero che tutto quello che viene pubblicato fa schifo (anche se io sono ipercritico e lo sapete). Così come non è vero che tutte le libraie e i librai indipendenti sono brave/i, preparate/i e quelle/i di catena no. Io da sempre critico i meccanismi legati alla libreria di catena, alle imposizioni, al fatto che siano i vertici, e non le libraie e i librai che lavorano sul campo, a scegliere come e cosa fare. Per esempio, e non smetterò mai di dirlo, trovo questa mania delle classifiche insopportabile e la vendita delle vetrine immorale. Faccio queste premesse perché non voglio essere accusato di essere una persona saccente. Io sono un libraio di catena, amo il mio lavoro e cerco di farlo al meglio. Mi scontro ogni giorno con mille e più cose che non capisco e che secondo me sono negative per l'immagine delle librerie, la mia e quella di tant* altr* è una voce che rimane inascoltata. Un giorno, ne sono certo, quando il sistema crollerà qualcuno se ne uscirà dicendo le stesse cose che noi librai andiamo dicendo da tempo. Comunque. Il mondo della letteratura è complicato, non sono solo un libraio, sono anche uno scrittore e conosco molte persone che lavorano nel campo. Precarie e precari che lavorano in case editrici e/o librerie, scrittrici e scrittori che fanno mille e più lavori per campare, agenti letterari, traduttrici e traduttori e molte altre persone. Non è un mondo dorato, non è un mondo scintillante, è un mondo fatto di storie, di donne (soprattutto di donne) e di uomini che spesso rinunciano a molto pur di portare avanti la propria passione. In questo microcosmo letterario le case editrici ricevono, ogni giorno, centinaia di manoscritti. Forse fra quei manoscritti c'è il prossimo premio Nobel per la letteratura, forse i testi non vengono letti con attenzione o capiti. Ma, santo cielo, permettetemelo, in quel mare di manoscritti molti sono carta straccia. E parto da me, tanto per cambiare, non perché io sia un narciso (un pochino sì in effetti) ma perché mi piacciono gli esempi concreti. Uscito dalle superiori ho cominciato a far girare per case editrici un romanzo dal titolo Classe Vb. Era uno schifo: pieno di errori, noioso, senza un filo logico. Davvero un testo osceno. Ma per me era un capolavoro ovviamente e alla prima risposta negativa mi sono infuriato. E alla seconda anche. E così via. Alla centesima risposta negativa ho cominciato a mandare in giro un altro libro. Maledetto me, uno schifo anche quello. Mi ci sono voluti anni per capire che quello che scrivevo era sterco allo stato puro. Mi sono fermato, ho letto tanto, anche ora continuo a leggere tanto. Ho pubblicato due libri che sono ben lontani dall'essere dei capolavori. Il primo andrebbe completamente riscritto. Il secondo è divertente, certo, ma nulla di speciale. Sono molte di più le cose che ho scritto e che ho messo nel cassetto perché scrivere fa bene, fa benissimo, è autoanalisi, è esercizio. Io sono convinto che per scrivere bene, o decentemente almeno, occorra leggere tanto. Mio padre non ha avuto l'opportunità di studiare ma ha una cultura decisamente superiore alla mia che sono laureato. Eppure non si sognerebbe mai di scrivere un libro. Non si tratta solo di talento, si tratta di esercizio, di conoscenza e di molto altro. Vi prego non mi dite: “Ma hai visto quello che pubblicano oggi?” La mia risposta è: sì, lo vedo. Così come vedo che ora, un po' come la musica per X Factor, per pubblicare uno debba andare a un reality con il rischio che la spettacolarizzazione dell'evento annulli il senso della letteratura. Io non so cantare, sono stonato, perché mai dovrei pretendere di cantare allora? Ho fatto questo giro per arrivare, ancora, al Self Publishing. Mi sento dire: Non c'è niente di male a autopubblicarsi, non è come l'editoria a pagamento. Verissimo, w la libertà e la democrazia. Ma non ditemi: “Ho scelto il self Publishing perché le case editrici tradizionali non hanno capito il mio romanzo o non fanno ricerca o vanno avanti solo i raccomandati”. Diciamo che è più facile. Ho scritto un libro, me lo hanno rifiutato, invece di mettermi in discussione me lo pubblico da solo. Forse invece sarebbe il caso di fermarsi a riflettere sul quel rifiuto, basta con il paragonarsi sempre a scrittori scadenti che hanno avuto successo. Il successo in campo editoriale è una chimera, perché puntare sempre a quell'1 x 1000 che, magari, neppure merita il successo avuto? Perché non puntare invece a grandi nomi che a loro volta sono stati, magari, rifiutati e che hanno fatto di quei rifiuti tesoro? Non fraintendetemi non ho nulla contro il self publishing, anche io ne ho fatto ricorso in passato Poi ho capito che si tratta di un servizio furbetto che non mi aiuta a crescere e a capire i miei errori e ho cancellato tutti i miei file. Il problema secondo me è che dovremmo cominciare a porci delle domande: Che cosa ci aspettiamo dalla letteratura? Fama? Successo? Denaro? Cosa accadrà quando tutto sarà ridotto a autogestione? Chi ci salverà da noi stessi?

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