Voglio farti un ritratto, amico mio,
anche se non sono pittore.
E lo farò, a modo mio,
con parole e pensieri
appresi un tempo anche da te.
Un gabbiano intanto vola alto nel mio cielo.
Molto più in alto certo del susino,
carico di frutti appetitosi di questa stagione.
E io ne seguo la parabola
fino a quando non scompare
dall’ orizzonte visivo.
In un pomeriggio assolato
é sempre concesso “fantasticare” un po’,
perché è tempo di siesta
e non urgono lavori da fare.
Prendila, dunque, così.
Ma che c’entrano gabbiano,
e susino e meriggio soleggiato
con passione di giustizia?
C’entrano .
Sono il mio ”qui” e il mio”ora” di oggi,
e non proprio di fantasia,
che s’ incontrano e/o si scontrano
con i tuoi “hic et nunc”
di un’intera esistenza,
che non ha mai scelto la “medietà”
quanto piuttosto la solidarietà.
Il fascino dell’agape contro l’egoismo corrente
degli umani.
Cielo grigio. Quasi autunno.
Sono scesa dall’aereo nella città della Mole che è poco.
Ci sorridiamo e, con passo lesto, principiamo a camminare.
Felici dell’incontro scegliamo di andare a mangiare un risotto.
E l’anziano sconosciuto, cui chiediamo ragguagli,
indicandoci la trattoria ,ci parla di prezzo giusto.
E tu me lo fai rimarcare. Subito.
Prima istantanea.
Attendo una telefonata concordata ma c’è l’anziana
sola e malata da visitare e tu dimentichi l’appuntamento.
Ti scusi poi ,col fare di un bambino sorpreso a rubare
la marmellata ,quasi io non potessi capire.
Seconda istantanea.
C’è da terminare un lavoro impegnativo in redazione
e poco importa se il “domani”
ti sorprende, luce accesa, a tavolino.
Non si ruba il pane a tradimento.
Questo pensi tu. E “pedali”
Terza istantanea.
Oggi un oceano nient’affatto metaforico ci separa.
Sono cambiati luoghi e persone.
Ma a potenti e a prepotenti di turno tu continui a gridare,
in un mondo complesso e sofferente, anche laggiù,
come sai e come puoi, l “agire” giusto .
Penso alla “giovane” donna di Tanzania,che non dimenticherò,
alla scolara che ha sottratto la biro alla compagnetta più ricca,
al bambino che ha rubato per fame la polenta alla nonna,
o al makonde che, nel suo villaggio,crea splendide sculture
felice anche del piccolo niente che ha.
E poi mi vengono in mente le suore di Ilamba.
Creature speciali tout court.
Madri-coraggio e donne dell’organizzazione ad un tempo.
E il tuo intervento ai vescovi tanzaniani perché non si stanchino
di battersi per la “Giustizia” della propria gente.
Un po’ meno canti e danze-hai precisato loro- e più azione.
Giustizia poi, in fondo, che cos’è se non “spezzare il pane”?
Insieme. Tutti.
Questo tu mi hai insegnato, perché questo tu sei.
E questo io ho cercato e cerco d’imparare da te.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)