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Di latitanze primaverili, nuovi raccolti e Puerh Bulang giovincello

Da Lasere

21 mar 2013 @ 16:27

dalla Cina, sheng, tè puerh

Bulang Shan puerh Bulang puerh sheng tè puerh

Caritutti, mi par chiaro che qui c’è qualcuno che sta battendo la fiacca: pochissimissima voglia di star davanti al computer, mollezza tipica della nuova stagione e adsl alimentata a criceti congiurano per tenermi lontana dal blog, ultimamente; e sì che di foglioline ce n’avrei eccome, da raccontarvi! … Ma pasiensa ;-)

Ditemi: siete già sul chi va là, come la sottoscritta, per i nuovi raccolti primaverili che iniziano a far capolino?
Io, lo ammetto, ho già ceduto a quattro primizie, tornando ad attingere dal benemerito Yunnan Sourcing dopo anni di latitanza: tre verdi e un nero di sola gemma, per la precisione, che al momento in cui scrivo han da poco lasciato la Cina.
E per fortuna non sono fan sfegatata dei Darjeeling, ché sennò avrei ceduto anche lì, già mi vedo!

E voi, invece? Ditemi, suvvìa! :-)

~

In attesa d’aver tra le mani teini neonati, vi lascio qui lo scanzonato assaggio di un giovane Puerh sheng dal villaggio di Bulang, datato 2009, che mi è capitato d’incontrare qualche giorno fa: l’ebbrezza che mi ha provocato ha molto a che spartire con le sensazioni proprie di questi primi, acerbi e un po’ svampiti giorni di primavera.

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Le foglie asciutte, spiccate da una forma pressata, mostrano un discreto spuntar di germogli; l’aroma, pur essendosi un po’ quietato nei trascorsi 4 anni di maturazione rispetto a quello di cui son capaci i più giovani Puerh sheng, rimane comunque piacevolmente pungente di tenui sentori organici e animali, come di cuoio tenero, o di vago “odor di selvatico“, di quello che càpita d’intercettare durante le passeggiate nel bosco – non so se avete presente -, quando vien fatto di guardarsi intorno circospetti, temendo di veder spuntare qualche scorbutico cinghialotto da dietro quel folto o quel monticello…

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Le foglie che ho stavolta sono in tutto 8 grammi. Via tutte nella teierina, fino a riempirla un po’ più del canonico “terzo”. Dopo due lavaggi istantanei (sì, due, ché sennò rischio il knock-out dopo il primo sorso) a 95° le foglie bagnate odorano forte di frutta dolcemente asprigna: un che di mela verde, soprattutto, e fors’anche di pompelmo.

Poi finalmente la prima infusione, di così pochi secondi che neanche li conto: allo sguardo appare un oro che ricorda quello di certi Darjeeling primaverili, solo un po’ più cupo e offuscato; lievi note fruttate si mescolano ad altre decisamente più legnose e aspre (legno di cedro, magari? Bah, sì, può darsi, ma solo a livello di mera suggestione: mai annusato legno di cedro in vita mia, chiedo venia ;-)), il tutto avvolto da un fumoso ricordo di tostatura, poi da un’amarezza che, per ora, s’affaccia appena.

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Solo con la seconda infusione si palesa la proverbiale morsa d’amaro (ku wei 苦味, letteralmente ‘gusto amaro’) dei Puerh sheng recenti, e dei Bulang in particolar modo – non solo del villaggio omonimo ma dell’area di Bulang Shan in generale; ed è un piacere sentirla lentamente dissolversi sulla lingua e poi in gola, dove lascia una freschezza come di caramella menta&limone – per quanto non raggiunga, nel retrogusto, la dolcezza che vorrei e che è lecito aspettarsi da tè analoghi; l’auspicabile huigan*, insomma, mi risulta deludente.

Di pari passo con l’emergere dell’amarezza, inizia a questo punto a farsi strada anche quella vaga “ubriachezza” che quasi sempre mi prende quand’ho a che fare con giovani sheng, e a maggior ragione con i Bulang, che secondo la mia pur poca esperienza son tipi particolarmente arditi e sbruffoncelli.

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È, questa vaga “ubriachezza”, a mio avviso in larga parte avvicinabile a quella alcolica, o, ripensandoci, forse ancor più ad altre ebbrezze vegetali di cui serbo giovanili memorie: gradevolissima levità di pensiero, tendenza al sorriso tonto, momentaneo ma decisivo dissiparsi d’ogni nube, ecceteramente, con tanto d’inequivocabili effetti collaterali che, nel mio caso, sono fame svergognata e ineludibile sonnolenza. … Che ganzi, questi Puerh; e son pure legali! ;-)

Considerato che la maggior parte dei bevitori (maschi) di sheng registra ondate d’energia e potenza allo stato puro, capirete da voi quanto “tosta” io sia, che mi ammollo in una lieta apatia dopo appena due tazzine, come la meno vispa delle Vispe Terese; pare comunque che càpiti spesso, e ciò un po’ mi riconforta.

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Se questo chiacchiericcio di Bulang v’ha stuzzicato l’interesse, ecco qui alcuni riferimenti cento volte migliori di questo mio; e poi ditemi che non ci tengo, a voi, eh! ;-)

  • un sintetico articolo che presenta l’area di Bulang Shan e le caratteristiche salienti dei tè che vi si producono, con l’ausilio di belle foto, a cura di Banna Cha;
  • il racconto di una visita al villaggio di Bulang, tra giovani monaci, irsuti porcelli e alberi di tè, a cura del blog Life in Beijing;
  • due post d’assaggio di giovanissimi Puerh Bulang, rispettivamente del 2009 e 2011, sul blog The Half-Dipper.

Infine: vi ricordate quando mesi e mesi orsono vi promisi una specie di “mini-dossier” sul Puerh, di modo da riuscire almeno a chiarire la fondamentale differenza tra sheng e shu? Ecco, ve ne sarete ben accorti che era promessa da marinaio, dato che sul blog non ve n’è traccia. Son pigra, cosa ci volete farci! ;-)
Epperò la buona notizia è che qualcun altro ha agito altrimenti, pubblicando un’introduzione all’argomento che chiarisce gli aspetti fondamentali e fornisce le basi necessarie a comprendere di cosa parliamo quando parliamo di Puerh; la trovate qui, sul blog Insieme a Tè. Fatene tesoro.


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