Sono infognato fino al collo con il nuovo ALIA, lo so, ma il tempo per leggere riesco comunque a trovarlo, anche solo dieci minuti tra un lavoretto e l'altro, o mentre vado da qualche parte (rigorosamente solo con i mezzi pubblici), o prima di dormire. Sono anche maledettamente veloce nel leggere cosa che, secondo il resto della famiglia, fa sì che come racconta Woody Allen legga Guerra e Pace in un'ora e poi mi ricordi giusto che «parlava della Russia». Beh, comunque non è vero. Talvolta mi ricordo anche del nome del protagonista o della protagonista e chi era il morto - sempre che si tratti di un giallo. Il mio vero problema sono le antologie di racconti scritti da autori diversi. In questo caso per parlare di un libro ho bisogno di averlo in mano e controllare un momento a quale racconto si riferiva un certo ricordo o un certo protagonista, tenendo conto che alcuni racconti, nonostante tutto, non riescono a lasciare la minima traccia tra i miei ricordi. Un ottimo esempio in proposito può essere Il futuro di vetro, Year's Best SF 18 a cura di D.G.Hartwell che raccoglie 28 racconti del 2012 con testi di Benford, Cadigan, McAuley, Sterling, Swanwick, Gen Wolfe e altri. Un'ottima antologia che, mi rendo conto, merita un po' più di spazio. Per cui ne parlerò ancora ma in un'altra occasione. Sicché invece di parlare dei libri che ho letto proverò a raccontare la libreria dove li ho presi (in parte) e come mai anch'essa, pur essendo una libreria di catena, viene frettolosamente chiusa e trasferita in un centro commerciale a Collegno, ovvero nel tipico luogo anonimo dove ogni libreria per sopravvivere è costretta a rivolgersi a un pubblico indistinto, con uno stock forzatamente ridotto agli ultimi best-seller, qualche classico e una vagonata di thriller e di rosa. La libreria di cui parlo è la libreria della Coop in p.za Castello, a Torino, dove avevo preso l'abitudine di fare un giro più o meno settimanale e dove ho acquistato credo una trentina di titoli dal 2012 a oggi. Una libreria di catena, certo, ma con un certo gusto nell'arredamento (anche questo vuol dire), commessi sufficientemente preparati, un'esposizione ben curata divisa su tre piani e fondamentalmente fatta di libri. Già, può sembrare un po' antico, come gusto, ma onestamente uno dei motivi per il quale ho finito per frequentarla abitualmente è che non dovevo fare uno slalom tra giocattoli, computer, macchine foto, CD e TV accese. E c'era calma, quanta bastava per capire se il libro che avevo preso in mano valeva la pena o meno di essere acquistato. Entrando nella libreria Coop si aveva di fronte un tavolo con le novità di Adelphi, Neri Pozza, Marcos y Marcos, Iperborea e altri editori che non pubblicano semplicemente fuffa, nella stanza immediatamente prospiciente c'era un buon magazzino di narrativa e di poesia e al piano superiore c'era un intero scaffale dedicato alla scienza, insomma quanto bastava per rendermi passabilmente felice. La fantascienza era un po' scarsa, ma questo non è un difetto tanto della libreria quanto dell'editoria italiana in generale. Ma evidentemente la libreria non rendeva abbastanza o quantomeno in misura insufficiente rispetto all'investimento iniziale. Ecco, uno dei principali difetti delle librerie di catena è quella di dover ubbidire ad ordini provenienti da altrove, dettati da un management che di un libro sa dire soltanto se si vende bene o no. Non sto nemmeno a riferire le opinioni del personale sul prossimo trasloco, previsto per la fine di giugno. Ho parlato con due o tre persone e diciamo che era evidente un certo malanimo nei confronti di una direzione che evidentemente non ha capito - o non vuole capire o decisamente se ne fotte - l'impegno profuso dal personale per costruire una libreria il più possibile agibile e ben assortita (nonostante certe assenze vistose), lavorando con ritmi necessariamente esasperati, vista la posizione centralissima. Ma al di là del problema della libreria Coop è la situazione in centro delle librerie a divenire ogni giorno più precaria. Con l'esilio della Coop e la prossima chiusura della FNAC (dove sono andato esclusivamente a cercare dischi) a rimanere su via Roma ci sono due Feltrinelli, il cui assortimento lascia mooolto a desiderare e una libreria privata che ormai si dedica quasi esclusivamente al commercio di quadri. Immediatamente vicina una libreria Mondadori dove ho messo piede una volta in tutto e su piazza Castello un'altra libreria. Feltrinelli. È sufficiente dire che il calo dei fatturati librari sta colpendo duramente il settore? Il vero problema sembra però essere che il libri non rendono a sufficienza, anche con margini che le per le librerie di catena superano tranquillamente il 40% (lordo). Nello scorso anno il totale del fatturato librario del libro (cartaceo) è diminuito di un 6%, non compensato dall'aumento delle vendite di e-book che, in ogni caso, vengono per la maggior parte venduti direttamente on line. E a questo punto si può cominciare a capire che le librerie, tutte le librerie, hanno grossi problemi nel continuare a risiedere in pieno centro con un fatturato in costante diminuzione. Tenendo conto che le Feltrinelli sono, affermano voci interne al settore, in costante perdita da qualche anno a questa parte, la possibilità che le librerie siano costrette ad emigrare dal centro storico della città - o delle città - è molto meno remota di quello che sembra.
Un centro città senza librerie, colonizzato esclusivamente dai soliti marchi dell'abbigliamento è un'idea tutto sommato agghiacciante. Lo so, esiste sempre la possibilità di rifornirsi via internet, sia di paper-book che di e-book, ma essere scacciati dal centro per insufficienti margini commerciali è un dato di fatto terrificante per un paese che invecchia e dove i laureati sono la metà di quelli di paesi come la Germania, la Francia o la Gran Bretagna, un ulteriore viatico a un crepuscolo interminabile.