Anno: 2012
Durata: 115‘
Genere: Drammatico, Sportivo
Nazionalità: USA
Regia: Robert Lorenz
Uscita: 29 Novembre 2012
Gus Lobel (Clint Eastwood) è lo scout di una quadra professionistica di baseball, gli Atlanta Braves, il quale gode di una ottima reputazione nel suo ambiente. Per questo deve recarsi in Nord Carolina per esaminare una giovane promessa. Ma l’incarico gli costa non pochi sacrifici, in quanto l’avanzare dell’età, nonché problemi alla vista lo costringono a chiedere l’aiuto della figlia Michey (Amy Adams) con la quale non corre buon sangue. Lì, incontreranno Johnny Flanagan (Justin Timberlake), uno scout rivale che sogna la carriera di cronista sportivo e… il cuore di Michey.
Con Di nuovo in gioco, il premio Oscar Clint Eastwood ritorna al cinema come attore protagonista, benché avesse annunciato nel 2008, anno dell’uscita di Gran Torino, di volersi ritirare come attore. Il film segna anche il ritorno di Robert Lorenz alla regia, noto soprattutto per essere da tempo partner di produzione di Eastwood.
Benché si tratti di un film che parla di sport, e di baseball nello specifico, tuttavia sarebbe ingiusto liquidarlo come un film di sport e basta. Esso pone a ben guardare al centro dell’attenzione e aiuta, dunque, lo spettatore a riflettere su un momento forse tra i più difficili da digerire, ma allo stesso tempo inevitabile, ovvero quando l’avanzare dell’età costringe a un “riesame”, per usare le parole di Lorenz stesso, “delle proprie priorità”. Ma per Gus, il protagonista di Di nuovo in gioco le cose non vanno proprio così; ha la tenacia di un cavallo da corsa, quindi a mollare non ci pensa proprio, nonostante c’è chi dietro alle sue spalle non aspetta altro che coglierlo in fallo per defenestrarlo. Al centro della storia troviamo anche il suo difficile rapporto con la figlia, ma l’inedita opportunità di trovarsi fianco a fianco per giorni dopo molti anni di reciproca indifferenza e innumerevoli disaccordi finirà col portare allo scioglimento insperato di vecchi malintesi mai chiariti e col trasformare il loro rapporto. Dunque, viste le premesse non mancavano gli elementi per fare di questa storia un buon film, peccato che non sia proprio andata in questo modo.
Benché non manchino delle scene apprezzabili, in cui emerge la complessità della relazione archetipica tra genitore e figlio, tuttavia si resta in superficie, il film non decolla e a tratti annoia persino.
Così ritorna alla mente un altro rapporto, in questo caso tra coach e allieva – e questo riuscitissimo e per giunta con protagonista sempre Eastwood –, quello fra Franky, anziano manager di pugilato, e Maggie (Hilary Swank), una trentenne che vuole diventare a tutti i costi campionessa. Qui la relazione fra i due commuove e convince in ogni istante, d’altronde la cosa non deve stupire, la regia è di Eastwood che è indiscutibilmente uno dei più grandi registi del cinema contemporaneo americano. Ci chiediamo allora, come mai Eastwood abbia potuto accettare di recitare in un film così debole? Forse per non “tradire” il fidato amico e collaboratore?
Non sappiamo come sia andata, certo è che se non ci fosse stato Eastwood a recitare la parte del protagonista, questo film avrebbe suscitato nel pubblico e nella critica scarsa attenzione. E se proprio vogliamo rivederci un film sportivo e che parla di baseball non ci resta che andarci a rivedere L’arte di vincere (2011) di Bennett Miller con Brad Pitt. Questa si, una pellicola riuscita e affatto banale.
Annarita Curcio