Condividi
Di nuovo in gioco
(USA 2012)
Titolo originale: Trouble with the Curve
Regia: Robert Lorenz
Sceneggiatura: Randy Brown
Cast: Clint Eastwood, Amy Adams, Justin Timberlake, John Goodman, Matthew Lillard, Scott Eastwood, Robert Patrick, Bob Gunton, Matt Bush, Jay Galloway
Genere: vecchini alla riscossa!
Se ti piace guarda anche: Promised Land, Gran Torino, Space Cowboys, Moneyball
Diciamolo subito: Di nuovo in gioco non è la pellicola celebrativa del ritorno in campo di
Silvio Berlusconi alle ultime elezioni. Di nuovo in gioco è una celebrazione della terza età. E pure in questo caso non una celebrazione della terza età di Berlusconi. Si tratta di una pellicola vecchio stile che trasuda spirito classico da vecchia America da tutti i pori. Niente di più, niente di meno. Se si parte con la giusta predisposizione mentale e con la mano sul petto mentre passano le note dello Star-Spangled Banner, allora ci si può anche godere a sufficienza la visione. In molti invece sono rimasti alquanto delusi, aspettandosi di vedere qualcosa ai livelli delle migliori pellicole girate da
Clint Eastwood.
Il fatto è che questa, per quanto pellicola al 100% intrisa di eastwoodismo, non è una pellicola girata da Clint Eastwood, ma porta la firma dell’esordiente Robert Lorenz. Per quanto Lorenz sia stato assistente alla regia e collaboratore del texano dagli occhi di ghiaccio già da lunga data, non è il texano dagli occhi di ghiaccio.
"Questa sera dovevo andare a fare sesso con Justin Timberlake.
Ma ho preferito rimanere al computer a leggere Pensieri Cannibali.
Non riesco più a farne a meno!"
Il vecchio Clint qui si limita (si fa per dire) a essere il protagonista assoluto del film, tornando davanti alla macchina da presa per la prima volta dal suo Gran
Torino del 2008. Con un personaggio, nel caso ve lo stiate chiedendo, praticamente uguale. Clint Eastwood fa la solita parte del tipo vecchio stile che non riesce a stare al passo coi tempi. Un talent scout che ignora l’uso (e forse l’esistenza) dei computer, e anziché alle statistiche e ai software come quelli del
Jonah Hill di
Moneyball, preferisce affidarsi all’esperienza diretta. Alla prova sul campo. A ciò che gli dicono i suoi occhi malconci (pure lui con la congiuntivite?) o le sue già più affidabili orecchie.
Clint è Clint e a fare il Clint se la cava sempre. Però, e lo diceva anche
Sergio Leone mica io, non è che sia l’attore più espressivo del mondo. È un po’ l’antenato di Ben Affleck: attori dalle due espressioni (con o senza il cappello Clint, con o senza
Matt Damon Ben), che il loro meglio lo danno dietro la macchina da presa piuttosto che davanti.
"Allora, com'è 'sto nuovo disco di Justin?"
"Mi secca dirlo, ma quel giovinastro ha del talento, li mortacci sua!"
Di nuovo in gioco gioca tutte le carte della pellicolona commerciale americana. Non solo la tematica sportiva, ben presente e nemmeno troppo noiosa anche per coloro ai quali, come me, a sentire parlare del baseball si fanno due balls grosse così. C’è infatti anche l’immancabile storiona romantica, ed è qui che scendono in campo i due top players:
Amy Adams e Justin Timberlake.
Così come quello del vecchio Clint, anche i loro più giovani personaggi sono parecchio stereotipati: lei è un’avvocatessa di città super concentrata sul lavoro e super impegnata che nella vita di provincia, nelle uscite al bar del paese a giocare a biliardo e nelle partite di baseball locale riscoprirà i piccoli piaceri della vita. Che poi sono i migliori.
"Ragazzo, il tuo disco mi è anche piaciuto ma non provare a toccare mia figlia,
altrimenti il tuo prossimo album te lo faccio cantare tutto in falsetto..."
Justino invece ha la tipica parte dell’ex giocatore a cui le cose non sono andate per il verso giusto sul campo e allora prova a reinventarsi talent scout. Imparando, of course, dal Maestro Clint. Se però il rapporto tra Clint e Justin non è caratterizzato più di tanto, a convincere maggiormente è la relazione tra Amy e Justin. Grazie alle loro brillanti interpretazioni, i loro due personaggi sulla carta stereotipati prendono vita. Ormai entrambi sono una conferma: Amy Adams è sempre impeccabile, non ha ancora girato un film che mi abbia trascinato completamente, però è sempre… impeccabile, sì è la parola più giusta per descriverla.
Il Timberlake pure lui ormai si sta costuendo una solida carriera cinematografica, a parte giusto il poco riuscito
In Time, in cui in versione action-hero alla
Will Smith non sembrava del tutto a suo agio. Per il resto se la cava più che bene in tutto: nella commedia romantica (
Amici di letto), nel drammatico con brio (il sommo
The Social Network), come comico (vedi la sua recente comparsata al Saturday Night Live), è pure un grande ballerino e il suo nuovo album è parecchio fico. Alla faccia di chi lo considera solo un cantantucolo mainstream, ha tirato fuori un disco con ben poche concessioni al pop che va per la maggiore oggi e c’ha infilato dentro delle suite R&B da 7-8 minuti l’una che non sono proprio il massimo del commerciale.
Tornando al film: sport, rapporto padre-figlia, rapporto mentore-allievo, un pizzico di storiella d’amore… c’è davvero tutto, forse perfino troppo, ma in fin dei conti Di nuovo in gioco va accettato per quello che è: classicità americana allo stato puro, scontato quanto gradevole, lieto finalone compreso. Una palla non curva da prendere (ovviamente con il guantone da baseball) o lasciare.
(voto 6,5/10)