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Di Pietro figlio in politica: dal trota allo stoccafisso

Creato il 19 settembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Di Pietro figlio in politica: dal trota allo stoccafisso

Se la classe politica non rappresentasse tutto il peggio della corruzione morale del nostro paese, i figli dei politici potrebbero dedicarsi tranquillamente a questa nobile arte.

Il problema è che questa classe dirigente ha perso in maniera drammatica il rispetto del cittadino. Non solo questa, ad essere onesti. Alla banda della prima repubblica non è di certo andata meglio…

E’ così che si guarda con un certo sospetto ai figli dei politici, i più recenti si chiamano “trota” e “Di Pietro Junior”. Il sospetto dell’opinione pubblica è che siano infilati e raccomandati in incarichi ben remunerati.

Trattandosi di figli di politici la meritocrazia diventa una variabile stimata quasi a zero dai giornali e dai cittadini. Peccato.

In effetti, se vivessimo in un paese meritocratico, in cui l’accesso al mercato del lavoro fosse regolato dai titolo ottenuti e dall’esperienza maturata, forse non si proverebbe tanto disgusto e fastidio.

Ad aggravare la situazione ci si mettono anche i padri. Umberto Bossi ha pubblicamente rinominato il proprio pargolo “trota”. Onde per cui, se il cognome è certo, il nome, ai più, è ignoto. Non pervenuto. Sappiamo anche che il “trota” non ha un curriculum scolastico eccelso. Ma questo non vuol dir poi molto.

L’altro figlio “aspirante politico” non ha soprannomi, ma un padre che, nel difenderlo, sicuramente non lo avvantaggia. Antonio Di Pietro, infatti, afferma: “mio figlio non è il “trota” di turno”.

Così prende due piccioni con una fava. Da un lato non evidenzia alcun lato positivo dell’erede. Dall’altro denigra Bossi jr. Infine, fa venire più sospetti che altro, uno tra tutti: a volte conta solo il cognome?

L’unica vera affermazione degna di nota, pronunciata da Antonio Di Pietro, nel suo tentativo di rispondere alle critiche, è la seguente: “Non è che se una persona è figlia di un leader politico perde i diritti politici”.

E’ vero, ed è talmente vero che i cittadini possono decidere di non votare per il partito che candida figli d’arte. Così come è vero che i cittadini possono non votare per i figli d’arte.

C’è un piccolo problema, tuttavia. In Italia non si esprimono più le preferenze, almeno non per tutte le elezioni. Pertanto i figli d’arte, assieme ai faccendieri d’arte, assieme alle dame di compagnia e a qualche amico di merende possono facilmente fare carriera politica e guadagnare lauti compensi.

Inoltre, in un sistema marcio e privo di etica, difficilmente si potrà persuadere la società che non ci siano spintarelle, favoritismi, scorciatoie. Perché è il sistema Italia che vive di questi comportamenti antisociali.

Nessuno me ne voglia se affermo che “dopo il trota è arrivato lo stoccafisso”. Nulla contro i ragazzi che hanno solo un peccato originario: quello di avere due padri amministratori di un sistema deviato e quello di avere due padri che poco o nulla fanno per ripristinare un minimo di “senso civico”. A cui si aggiungeranno, ma solo successivamente, i peccati nell’esercizio delle loro funzioni…


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