Da quando ho letto Il Grande Gatsby Francis Scott Fitzgerald è diventato per me una sorta di eroe, il mio scrittore preferito, la prova che tutte queste idee che mi frullano per la testa si possono mettere sulla carta.
Fitzgerald ha scritto solo quattro romanzi Di Qua Dal Paradiso, Belli e Dannati, Tenera è la Notte e il Grande Gatsby. Se riesco farò la recensione di tutti, cominciamo dall’inizio.
Di qua dal paradiso è un romanzo semi-autobiografico pubblicato nel 1920:
Semplificando possiamo dire che il romanzo racconta della educazione di Amory Blaine, un romantico egostista che eccelle per prestanza fisica, fascino, intelligenza. Inizialmente non il più simpatico dei protagonisti ma evolve nel corso della vicenda.
La vita di Amory è presentata dall’infanzia all’adolescenza, in un periodo temporale che comprende linizio della prima guerra mondiale.
Ci sono molti aspetti che si potrebbero prendere in considerazione ma poichè non sono un critico letterario (nel caso non ve ne fosse accorti
Innazitutto il pessimismo nei confronti della vita unito al desiderio sfrenato di godersi tutto al massimo.
All’inizio della storia Amory studia in un collegio, St Regis, prestigioso, vorrebbe integrarsi ma resta sempre ai margini dei vari gruppi di ragazzini, successivamente entra a Princeton (università americana dove Fitzgerald ha realmente studiato) e lì sviluppa delle amicizie che lo influenzeranno per sempre.
In particolare a Princeton incontra Burne Holiday eThomas Park D’Invilliers, tutti e due sono fondamentali nella storia. Quando scoppia la guerra molti degli studenti di Princeton si arruolano nell’esercito, Burne si dichiara pacifista, una scelta politica radicale controtendenza che viene attentamente analizzata da vari punti di vista nelle conversazioni tra Amory e gli altri amici.
D’Invilliers è colui che fa conoscere ad Amory Yeats, Wild e molti altri scrittori, lo incoraggia a scrivere poesie. Ci sono moltissimi dialoghi brillanti tra i due amici, una in particolare in cui dissacrano la letteratura americana.
Uno dei miei capitoli preferiti (nella versione inglese che ho appena riletto) si intitola “The End Of Many Things” , e segna la linea di confine tra Princeton e dopo-Princeton :
And what we leave here is more than this class; it’s the whole heritage of youth. We’re just one generation—we’re breaking all the links that seemed to bind us here to top-booted
and high-stocked generations. We’ve walked arm and arm with Burr and Light-Horse Harry Lee through half these deepblue nights
Amory lascia l’università e inizia a lavorare in una agenzia di pubblicità, uno dei suoi amici, Alec Connege, gli presenta la sorella Rosalind.
Amory e Rosalind si innamorano pazzamente, iniziano a parlare di matrimonio fino a quando lei realizza che le stesse qualità per cui lo ama sono quelle che farebbero fallire il loro matrimonio e sceglie la sicurezza di un marito meno eccentrico ma che può assicurarle il benessere di cui ha bisogno per essere felice. Il cuore di Amory è inesorabilmente spezzato.
La rottura ha un effetto devastante, il sogno dell’amore naufraga, si è rotto e non si potrà mai riparare, Amory non sarà più lo stesso.
Verso la fine viene utilizzata l’espressione “scrap-book of my life” è perfetta per questa storia fatta dialoghi, poesie, esperienze, riflessioni, lettere che ci raccontano la storia di Amory, di Fitzgerald e un pò anche di noi stessi.
Credo che parte delle ragioni per cui adoro Fitzgerald è che mi sento in perfetta sintonia con le tematiche che affronta, la turbolenza dell’adolescenza, l’illusione di un sogno, la realtà che inesorabilmente ci delude. Fiztgerald dialoga con chi non ha certezze, con il pessimista che non rinuncia a godersi il godibile.
E poi adoro il modo in cui tutti i suoi libri dissacrano e massacrano la società senza essere romanzoni sociali, questi sono capolavori relativamente brevi che tutti possono leggere e ognuno può viverli a modo suo.
Non c’è, secondo me, un altro scrittore che sa creare atmosfere come Fitzgerald, una prosa delicata che non ha bisogno di decsrizioni chilometriche, se chiudi gli occhi sei lì sulla scena.
Em