Di quella volta che Gino, il Putto, Cesare e Sacchetta sfrecciarono sul mondo con un'apecar

Creato il 29 aprile 2015 da Luigiderosa @Luigi2006
Quasi arzilli

di Simona Morani
Giunti pp.175 € 12,00
isbn 9788809792333

Al bar La Rambla presso Le Casette di Sopra c'è una combriccola di sfaccendati, arzilli ottuagenari che sembrano proprio adolescenti nei modi e nelle avventurose intemperanze. Fumano come turchi ed Elvis, come il Moe dei Simpson, sta al bancone a dargli spago ascoltando trasognato le loro imprese amorose e non. Gino è quasi cieco ma senza un'auto proprio non sa stare, ed allora gli amici lo convincono a comprare un'Apecar con la quale ogni mattina mette a rischio la vita sua e quella di chi, ignaro pedone!, se lo troverà davanti; questo lo sa bene Corrado Ronchi, vigile urbano grazie allo zio Goffredo (il Sindaco di Le Casette di Sopra e di Sotto), che passa le giornate a sacramentare perchè non è capace di acciuffare Gino e quella sua stramaledetta Apecar nonostante gli innumerevoli appostamenti.
Basilio, ex partigiano dal cuore tenero, è alle prese con la morte di Ermenegildo, il fruttivendolo del paese, sostituito da un emigrato slavo, Goran (ex partigiano di Tito!), che per di più insidia la sua bella nipotina Rebecca!
Poi c'è Ettore detto il "Putto" perchè quanto a conoscenza dell'altro sesso è rimasto alle bambole di gomma, a ottant'anni fa il cherichetto di don Giuseppe, ma si è innamorato di Teresa una svampita che vive nella nuova casa di cura: "Villa dei Cipressi", dove tutto il paese si augura finiscano "rinchiusi" quelli della Rambla. Riccardo detto sacchetta, perchè operato all'intestino deve portarsi in giro il "sacco" rompe le scatole ad Orvilla, la gattara, che tiene prigionieri decine di felini nella sua fetida magione. Cesare detto il sordo invece è alle prese con le bizze di Irma la sua "Gigogin", che di fare la moglie/serva si è veramente stancata e quasi quasi a Villa dei Cipressi ci andrebbe a vivere anche da sola. Simona Morani racconta una storia agrodolce fatta di momenti di assoluta ilarità, ma anche di acute riflessione sulla condizione degli anziani alle prese con questa strana roba chiamata vecchiaia. Gino ci direbbe che "la vecchiaia non è roba da femminucce", Ettore aggiungerebbe che finchè si è capaci di amare non si mai vecchi (però non andate araccontarlo al marito della Teresa), mentre Cesare laconicamente ci ricorderebbe che non si può evitare la vecchiaia ma non è detto che si debba diventare per forza dei vecchi.
di Luigi De Rosa     
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