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Di quella volta in cui Redaz a momenti diventava un cervello (molto chic) in fuga per Piccadilly Circus

Creato il 25 novembre 2012 da Taccodieci @Taccodieci

Di quella volta in cui Redaz a momenti diventava un cervello (molto chic) in fuga per Piccadilly Circus
Non avrei mai pensato di scrivere sul blog di questo, davvero, ma non era per questo che in oltre una settimana non pubblicavo aggiornamenti (la cosa, so per certo, non succedeva dal 2010).
Solo che, qualche giorno fa, mi è capitato di leggere un tweet che ha colto nel segno. Una ca***a, per carità, ma una di quelle che dette nel momento sbagliato (o giusto?) lasciano il segno. Il tweet in questione invitava i ragazzi a smetterla di lamentarsi delle proprie condizioni, che tanto non cambia niente, ed andare all'estero.
La famosa fuga di cervelli. Alzi la mano chi non ha nemmeno un amico che vive all'estero e sta da Dio, pur con le difficoltà del caso.
Insomma, io so di avere un cervello che è perfettamente nella media, magari anche un modello un tantino arretrato, ma pur sempre abbastanza funzionante da permettermi di condurre la vita avventurosa di una ragazza normale. Perchè io dovrei essere immune dalla fuga di cervelli?
Era da un po', in effetti, che FF ed io ci pensavamo, ad andare all'estero.
Non voglio parlare dei fatti di FF in questo blog perchè non sarebbe giusto, mi limito ad esporre i miei, ed io sono francamente stufa di come stanno andando le cose da queste parti. Chi legge i miei polemicissimi pezzi su L'Indro lo sa, che sono arcistufa del precariato, della discriminazione nei confronti delle donne (e non dite che non è vero, per piacere...), dello sfruttamento a cui sono soggetti i giovani.
Solo che non sono stufa di concetti astratti, sono stufa di avere paura per cose abbastanza concrete. Mi terrorizza ad esempio il fatto di sapere di avere ad oggi 9 carissimi amici che da fine anno non avranno un lavoro. Tutti ragazzi che pagano affitti e magari hanno figli.
Quanto al mio lavoro, beh... Guardate là! Come là dove? Proprio là! Cucù: Redaz non c'è più.
Di che cosa stavamo parlando? No, sinceramente non ricordo, quindi andiamo avanti.
Era da un po', quindi, che FF ed io ci stavamo guardando intorno, e per "intorno" intendo "intorno allo Stato".
Qualche settimana fa FF ce l'aveva fatta.
Non avevo dubbi né sul suo curriculum né sul fatto che le grandi aziende non se lo sarebbero fatto scappare a lungo. Modestamente parlando, lui è il migliore.
A qualche giorno da un colloquio in videoconferenza, FF era su di un aereo per Londra, pagato da coloro che andava ad incontrare.
Nel giro di qualche giorno ancora aveva in mano un'ottima offerta di lavoro nella capitale del Regno Unito, trecento metri a piedi da Piccadilly Circus.
Ricordo la sera, a letto, e cercare casa a Londra. Per trovare qualcosa di economico avevamo iniziato a cercare a Camden Town, poi ridendo ho provato a digitare "Notting Hill" nella maschera di ricerca e così abbiamo scoperto che gli affitti a Notting Hill, proprio in una villetta come quella del film con Hugh Grant, sono molto più abbordabili. Voi lo avreste mai sospettato?
Era fatta.
FF aveva un lavoro, io non ci avrei messo molto a trovarlo. Guardando le cose da un punto di vista oggettivo, il mio inglese non fa poi così tanto schifo da non trovare un lavoro di qualsiasi genere. Quando parlo in inglese non è come se avessi scritto in fronte "visitate Padova".
Lo avevamo detto perfino alle nostre famiglie, dandolo come cosa certa e superando il pianto e lo stridore di denti dei miei genitori.
Mitica la reazione di mio fratello: "fico! Non sono mai stato a Londra! Vedi di avere lo spazio per ospitarmi, ok? E, per la cronaca, se fosse capitata a me, questa occasione, avrei detto di sì, quindi non ti far incastrare dal pianto della mamma, ok?". Non ne avevo nessuna intenzione. Sono una ragazza normale, ma avventurosa, io.
E poi… e poi siamo qui.
Non che avessimo mai pensato che trasferirci a Londra sarebbe stato facile, che sarebbe stata come una lunghissima vacanza a Gardaland. Sapevamo a cosa saremmo andati incontro.
Non siamo qui perché l'offerta di lavoro per FF non fosse buona o perché io avessi paura di non riuscire a cavarmela e a trovare qualcosa da fare (nonostante FF mi avesse proposto di partire con lui e scrivere).
Ma soprattutto non siamo qui perché abbiamo avuto paura.
Siamo qui per tanti altri motivi.
Abbiamo detto un sofferto "no, grazie" perché abbiamo dei genitori che diventano ogni giorno più anziani, e se oggi ci chiamano perché sono alle prese con il touch screen, non oso immaginare di che cosa potrebbero avere bisogno tra un paio d'anni. E noi siamo l'unica famiglia che hanno.
Siamo qui perché le cose qui vanno da schifo, ma era giusto restare con i nostri amici e cercare di cambiarle, le cose, senza fare la scelta più individualista.
Siamo qui perché qui ci siamo nati e ci vogliamo finire di crescere. Siamo qui perché non esiste che ce ne dobbiamo andare, perché questa è casa nostra.
Siamo qui perché abbiamo pensato che siamo sempre stati due bravi ragazzi, non ci siamo mai drogati, abbiamo tutti i punti sulla patente, abbiamo sempre fatto la scelta più giusta, e anche se questa dovesse essere la nostra prima [@##@t@, di sicuro non ne moriremmo. Nel caso dovessimo scoprire di avere fatto una [@##@t@ a rifiutare, di sicuro sapremo costruirci una seconda chance.
In ogni caso la decisione non è stata né improvvisa, né semplice.
Ci sono giorni in cui va bene e penso che abbiamo preso la decisione migliore, perché questa è casa nostra e qui ci sono le nostre famiglie ed i nostri amici. E non si sta poi tanto male.
Ci sono giorni in cui sento che abbiamo fatto la più grande [@##@t@ della nostra vita, perché noi non siamo due supereroi e non cambieremo proprio un [@##°. Ci sono giorni in cui mi sento solo manovalanza a basso costo, incasso mortificazioni su mortificazioni, e vorrei magicamente essere non a Piccadilly a sorseggiare un cappuccino XL alla cannella di Starbucks, ma direttamente dall'altra parte del mondo.
Ci sono giorni e giorni, insomma, e penso che non sapremo mai davvero se abbiamo fatto la scelta giusta. O forse decisione scelta sarebbe stata quella sbagliata, come in quella canzone dei Filter, vallo a sapere.
La Redazione 

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