Nelle
Lampedusa
30 giugno, ritorno dalla Missione con Terre Des Hommes.
Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.
M. è rinchiuso in una stanza e sta subendo una perquisizione fin troppo approfondita a giudicare dalle urla e dai guanti di lattice che fasciano le mani dei poliziotti e degli agenti della guardia di
finanza che si affollano nella stanza. Vorrei fare qualcosa per lui ma questa non è una perquisizione normale. Non credo sia stato avvertito del diritto di nominare un avvocato perché assista alla perquisizione (né che alla fine gli verrà consegnato un verbale che ne specifichi l'esito) e quindi non ho diritto ad assisterlo non essendo stata da lui nominata. Mi avvicino più che posso, chiedo
informazioni ma l'unica risposta che ottengo é che la perquisizione è necessaria perché questi ragazzi quando escono dal centro magari comprano le lamette (per poi inghiottirle quando la depressione e la rabbia prendono il sopravvento) e se le nascondono “ovunque” e quindi spetta a loro, alla polizia, frugare “ovunque” per scovare queste eventuali lamette. E così quella che sembra un'arbitraria punizione sarebbe un legittimo atto dovuto. Peccato che viola qualunque regola procedurale in materia e che si svolge su di un ragazzo richiedente asilo privato da settimane illegittimamente della libertà personale. Ma soprattutto perché Nessuno si domanda come mai dei ragazzini che hanno rischiato la vita per tentare di avere un futuro, una volta rinchiusi nelle gabbie di Contrada Imbriacola (o negli altri centri) coltivino tutta questa voglia di morire? E perché nessuno fa nulla per evitarlo?Restiamo
lì finché le urlano non cessano, poi lo vediamo uscire, lo spingono verso il cancello, verso la gabbia degli adulti: chiede una sigaretta, gliela danno ma gli impongono di dire grazie. Glielo urlano, devi dire grazie! Lui allora urla grazie ad ognuno dei poliziotti che l'ha perquisito, con aria di sfida, con l'orgoglio di chi può essere spogliato e perquisito ma non sottomesso. I poliziotti non la prendono bene e mentre lo strascinano al cancello gli urlano: vedrai il grazie che ti diremo noi tra poco. Il mio aereo parte tra 50 minuti e comunque lì sono totalmente inutile. E così frustrata e nauseata lascio M., il centro e l'isola.Sull'aereosento addosso, appiccicata sulla pelle e negli occhi tutta la violenza che, impotente, ho visto e sentito in questi giorni.Avvilita,mi aggrappo allora, per non essere sopraffatta dalla nausea e dalla disperazione, ad un pensiero felice. Ad una speranza. Un miracolo di cui sono stata spettatrice.A
Lampedusa per una settimana una cinquantina di ragazzi (ma anche qualche adulto) ha partecipato al campeggio organizzato da Amnesty International per i diritti umani. Hanno sostato fuori dai centri, salutato sbracciandosi i giovani prigionieri, hanno parlato di leggi e di diritti, hanno fatto domande e cercato risposte. Con curiosità, purezza ed intelligenza. Accoglienti, preparati e partecipi. Volevano portare il loro saluto ai migranti detenuti nei centri ma non gli è stato concesso. Volevano trasmettere la loro vicinanza ai loro coetanei migranti. Le hanno provate tutte. Si sono ingegnati e poi hanno scritto questa lettera perché la leggessimo ai minorenni rinchiusi alla Loran.“Siamoarrivati da diverse parti di Italia e d'Europa, siamo giovani e meno giovani, abbiamo provato a portarvi un sorriso, abbiamo provato a raggiungervi per conoscere il Vostro sorriso abbiamo provato ad incontrarvi per ascoltare i vostri nomi e per darvi il nostro benvenuto , abbiamo guardato da lontano i vostri saluti e abbiamo risposto salutandovi: Volevamo correre, saltare il cancello e con un pallone conoscervi per condividere qualche istante sereno… ma non ce l'abbiamo fatta a far sii che il nostro sorriso potesse diventare anche il vostro.Noi, e tanti altri con noi, continueremo a sperare di ascoltare i vostri racconti, non smetteremo mai di chiedere i vostri sorrisi, continueremo a cercare il vostro abbraccio e non finiremo mai di chiedere di farci incontrare...Nonpossiamo venire lì, ma di certo non smetteremo mai di aspettarvi qui!” (seguono le firme di tutti i ragazzi)
C'eraun silenzio irreale nel centro: 101 ragazzi muti, raccolti intorno a noi, ad ascoltare questa testimonianza di empatia. Hanno applaudito due volte e alla fine con gli occhi umidi mi hanno chiesto di ringraziare questi amici sconosciuti.Hannopensato a tutti i ragazzi di Amnesty. Anche ai lampedusani che sanno di essere stati accoglienti quando lo Stato latitava. Così hanno deciso di scriverla questa riconoscenza tracciando sulla sabbia della spiaggia la scritta Grazie rivolta verso il paese, verso gli isolani, e poi immortalando l'immagine in tante cartoline distribuite nella festa serale nella via principale dell'Isola.
Nellapiazza di fronte alla chiesa hanno predisposto un piccolo percorso di candele e scritte. Trovo, tra le altre, questa versione geniale e commuovente del Padre Nostro. Gian Marco, l'autore, è uno dei “campeggiatori” di Amnesty, un giovane poeta.
Migrante Nostro.Migrante Nostro,Che sei nei centri, Sia rispettato il tuo nomeVengail giorno in cui ovunque la terra ti accolga,Ti sia restituita la tua Dignità, Come in mareCosì in terra.Che non ti sia negato il pane quotidianoPerdona a noi la violazione dei tuoi diritti Come noi ci impegnamo a non esserti più debitori.E non ricorriamo ingiustamente alla detenzioneMa liberiamoti dal mare...Amin
(Gian Marco Giuliana con l'inestimabile aiuto di Helena Caruso) Questi
ragazzi così belli e creativi sono la nostra Italia migliore, da difendere e far crescere. Penso a loro sull'aereo.E ricomincio a sperare.
Avv. Alessandra Ballerini