Di seta e di sangue, di Qiu Xiaolong

Creato il 29 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 9

A tavola con l’ispettore…

Quarto giallo che ha per protagonista l’ispettore capo Chen Cao della polizia di Shangai.

Questa volta, l’indagine è ambientata nel 2000 e riguarda l’omicidio di alcune giovani donne, i cui corpi vengono abbandonati in luoghi pubblici della città e rivestiti, per l’occasione, con eleganti abiti demodé di foggia mandarina (i “qipao”). Come nei gialli precedenti di Xiaolong, la storia è l’occasione per raccontare la Cina moderna, profondamente divisa tra quel che resta dell’egualitarismo moralista e forzato dal Maoismo, ormai ridotto a puro simulacro formale, e la liberazione degli “spiriti selvaggi” del capitalismo, entrambi governati dal Partito. La radice dei delitti è nel periodo oscuro e terribile della Rivoluzione Culturale, promossa da Mao negli anni ’60: quando l’odio e la violenza furono il motore principale della macchina per costruire la società fatta di cloni perfetti dell’”Uomo nuovo” voluto dal Partito. Un tentativo annegato nel sangue e nell’orrore. In quegli orrori passati, Chen Cao entrerà fino in fondo, senza sconti, mantenendosi nel precario equilibrio tra il dovere di poliziotto e la fedeltà al Partito.

L’ispettore capo è un “poliziotto per caso”: si è laureato quando non si poteva autodeterminare il proprio destino, che al contrario veniva scelto dal Partito, di cui è anche dirigente. E’ inoltre poeta e traduttore di libri stranieri – il che gli procura una certa diffidenza da parte della nomenclatura.

Tra i luoghi dell’indagine, spiccano le sedi dei comitati di quartiere, un tempo ferrei esecutori della moralità del Partito e ancora oggi importanti luoghi di raccolta di informazioni sugli affari altrui, ben prima di Facebook… In buona parte, gli eventi significativi della vicenda si svolgono a tavola. Il cibo, per Chen Cao, come per altri poliziotti a noi più vicini, è elemento fondante e centrale dell’esistenza; sia esso consumato nei piccoli chioschi dei quartieri popolari o in lussuosi ristoranti da arricchiti, dove una sola portata può costare quanto basta per nutrire un contadino cinese per un anno intero.

Un gioco simpatico che vi invito a fare a questo proposito, leggendo il libro, è quello di individuare quali e quanti piatti vengono citati (e serviti) nel romanzo. Attenzione, però: tra di esse vi sono molte “pietanze crudeli”, e ci vuole un discreto stomaco anche soltanto a citarle…

Marco Zanette

La versione originale di questa recensione è stata già pubblicata sul blog Books from the wood.



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