Di smartufoni, rotture, garanzie, raccomandate, procedure, tricchetracche e pinzillacchere

Da Aquilanonvedente

Questa storia inizia il 29 giugno, quando il sottoscritto acquirente decide di acquistare (per questo si chiama acquirente) uno smartufone da regalare alla figlia per il suo undicesimo compleanno.

Aquila e la piccola succhiacartadicredito si recano in città, presso il punto vendita di una nota catena specializzata in elettronica “di consumo” (nel senso che gli articoli si consumano ancora prima di avere capito come funzionano) della quale non farò il nome, e le fa scegliere lo smartufone, dandole un preciso badget che ovviamente viene ampiamente superato.

La piccola sceglie un apparecchio di una nota marca, della quale, anche in questo caso, non farò il nome.

Dopo una settimana, la piccola lamenta che dall’altoparlante non sente niente.

Aquila, dall’alto delle sue vaste conoscenze elettroniche, le dice che probabilmente ha schiacciato qualche tasto che non doveva essere schiacciato, beccandosi una furiosa reprimenda perché gli smartufoni “non hanno tasti!

Dpo qualche giorno, Aquila appura direttamente che dall’altoparlante del bene “di consumo” effettivamente non si sente un cazzo e così, insieme alla piccola, torna al punto vendita della nota catena.

Nell’area “assistenza ai clienti” una gentile signora si dichiara disponibilissima a prendere in consegna lo smartufone, avvertendo però che i tempi standard di riparazione sono di 29 giorni. La signora consiglia quindi Aquila di recarsi direttamente presso il punto di raccolta del produttore.

Aquila si reca al punto di raccolta del produttore, dove lo smartufone viene ritirato e – assicurano – inviato al Centro di Assistenza Tecnica.

Aquila inizia così a seguire sul sito del produttore le  tappe della riparazione dell’apparecchio, scoprendo che lo stesso staziona per una settimana presso il punto di raccolta, poi impiega quattro giorni per recarsi da Piacenza a Milano, dove viene riparato in una giornata e impiega un’altra settimana per tornare da Milano a Piacenza, dove, qualche giorno dopo, viene riconsegnato all’acquirente (cioè me medesimo). E per fortuna che abito nella provincia che si autodefinisce “capitale della logistica“.

Così, dopo tre settimane di contumelie, la piccola ha di nuovo in disponibilità lo smartufone, che funziona regolarmente per un paio di mesi, dopodiché l’altoparlante decede di nuovo.

A questo punto Aquila s’incazza e declama solennemente il suo intendimento: “Basta! Io questo cellulare non lo voglio più. Me lo devono sostituire!

Così il sottoscritto invia una mail al servizio di assistenza del produttore, narrando le proprie disavventure e chiedendo la sostituzione dell’apparecchio. Dopodiché invia una mail al servizio di assistenza giuridica di Altroconsumo, ri-raccontando il proprio calvario e chiedendo se può pretendere la sostituzione dell’apparecchio.

Nella stessa giornata Aquila viene richiamato dall’assistenza del  produttore, la quale gli comunica che “la procedura per l’eventuale sostituzione dell’apparecchio passa attraverso la diagnosi del CAT (che non è un drone dell’esercito USA, ma il Centro di Assistenza Tecnica). Se il CAT dice che l’apparecchio è da sostituire, l’apparecchio verrà sostituito”.

Aquila fa presente che la funzione dei centri di assistenza è quella di aggiustare le cose, per cui prima di dichiarare irreparabile un aggeggio dovranno cadere sulla Terra le dieci piaghe d’Egitto.

La risposta dell’assistenza è decisa: “Questa è la procedura”.

Il giorno successivo Aquila riceve la telefonata da parte di Altroconsumo: “Certo che può chiedere la sostituzione!” dichiara con voce sibillina l’assistente giuridico.

“E come faccio?” chiede Aquila.

“Vada sul nostro sito, scarichi il modulo, lo compili e lo invii al venditore tramite RaccomandataAErre. Se il venditore non risponde, oppure risponde negativamente, ci avvisi, che interveniamo noi.”

Detto fatto. Aquila scarica, personalizza, compila, firma, allega e perentoriamente chiede la sostituzione dell’apparecchio per “vizi di conformità, ai sensi del Codice del Consumo”.

E poi… e poi… e poi… pensa: “Cribbio! Siamo nel 2013. E’ mai possibile che io debba andare in Posta e fare la fila per spedire una raccomandata? Faccio la raccomandata on line!

E così inizia una peripezia parallela.

Su sito delle Poste, Aquila riesce a caricare il file della raccomandata, l’indirizzo del destinatario, quello del mittente, ma al momento di confermare il pagamento il sito si blocca.

Proviamo più tardi” decide il nostro eroe.

Più tardi, Aquila recupera la raccomandata in bozza e riprova a spedirla, ma al momento del pagamento il sito si blocca ancora.

Proviamo più tardi” sbotta Aquila.

Più tardi (cioè verso l’una di notte), Aquila si ricollega al sito delle Poste e stavolta riesce a completare la procedura di pagamento. Da’ l’invio, ma il sito inizia a fare le bizze. Allora da’ un secondo invio e la raccomandata parte.

Il giorno dopo, Aquila scopre di avere nella sua cassetta postale del BPOL (Banco Posta On Line, e scusate se è poco…) una ricevuta di spedizione di una raccomandata, una fattura di spedizione di una raccomandata e l’addebito sul conto di due raccomandate. Chiama il servizio clienti delle Poste e l’addetto, dopo avere controllato, spiega: “Ma lei ha cliccato due volte? C’è una seconda raccomandata in bozza.”

“Io ho continuato a cliccare per tutto il giorno – sbotta Aquila – perché la raccomandata non partiva mai!”

“Non si preoccupi. Se lei non conferma la seconda raccomandata entro quindici giorni, le verranno restituiti i soldi.”

“Ma io non ho fatto una seconda raccomandata! E nelle bozze non vedo alcuna seconda raccomandata!”

Questa è la procedura” risponde serafico il postino onlain.

Ad Aquila non resta che attendere fiducioso.

Passano i giorni e dal sito delle Poste Aquila vede che la raccomandata è sempre “in lavorazione”, finché dopo una settimana, quando la raccomandata risulta ancora “in lavorazione”, Aquila riceve la chiamata dal punto vendita della nota catena.

“Abbiamo ricevuto la sua lettera – enuncia il tipo – e considerata la situazione, siamo disponibili a richiedere la sostituzione dell’apparecchio.”

“Ah bene! – esclama Aquila – E quando…”

“Ovviamente lei lo dovrà riportare al punto vendita, completo di scatola e accessori e noi lo invieremo al CAT.”

“Al CAT? Ma che cat di sostituzione è questa? Sostituzione vuol dire che io mi riprendo indietro il mio bene “di consumo” (consumato) e te ne do un altro, mica che me lo riprendo e lo invio a ‘sto cat di…”

Questa è la procedura” taglia corto il tipo.

E così ad Aquila & aquilotta non rimane che consegnare l’apparecchio al punto vendita, non prima però di avere chiesto al servizio di assistenza giuridica di Altroconsumo se la procedura è corretta.

Mentre l’apparecchio prende la strada per il CAT, stavolta più velocemente della precedente, Aquila riceve una lettera da parte del Customer Care della grande catena, che si può così riassumere: “Gentile cliente, noi vorremmo con tutto il cuore venire incontro alla sua richiesta, ma purtroppo la procedura prevede che il suo telefono sia inviato al CAT, unico soggetto atto a dichiarare un eventuale vizio di conformità che lo rende irreparabile, di qualunque fattezza esso sia. Però però però… le cose sarebbero andate diversamente se lei, alla prima rottura, invece di andare direttamente al punto di assistenza del produttore, tagliando fuori il venditore, si fosse rivolto direttamente al nostro punto vendita”.

Al che ad Aquila gli prende una crisi isterica e giura solennemente di fronte ai trentotto scudetti della Juve che mai più metterà piede in vita sua nella grande catena e mai più in vita sua acquisterà, noleggerà, toccherà e/o guarderà un qualsiasi apparecchio di quel produttore.

Poi, per non passare da fesso, prende carta e penna e scrive al Customer Care: “Caro Signor Customer Care, io non ho tagliato fuori proprio nessuno! Io mi sono recato al vostro punto vendita e voi mi avete consigliato di andare al punto di raccolta del produttore. E per quanto riguarda l’inesistenza del difetto di conformità, se un apparecchio dopo quattro mesi e mezzo dall’acquisto ha trascorso più della metà del tempo in riparazione e/o in viaggio verso il vostro CAT del CAZ, se non è un difetto questo, cos’altro deve accadermi? Scoppiarmi in mano?”

Dopo qualche giorno l’apparecchio torna al punto vendita, con la dicitura in bella mostra “sostituito”, ma la scheda di riparazione riporta la sostituzione della scheda logica che, per quanto importante sia, è comunque altra cosa dalla sostituzione integrale dell’apparecchio.

Quache giorno dopo Aquila riceve una telefonata daparte di Altroconsumo.

“Non mi hanno sostituito il telefono! – urla Aquila – Intervenite subito!”

“Certo certo – risponde il consulente – ma lei, la prima volta che si è rotto il telefono, ha inviato una RaccomandataAErre al venditore?”

“Una RaccomandataAErre? No. Perché, avrei dovuto  farlo?”

“Certo. Per attivare la garanzia legale per un vizio di conformità occorre sempre avvisare formalmente il venditore. E’ spiegato chiaramente nel nostro sito”

Ormai affranto, Aquila chiede: “Allora il telefono me lo tengo così?”

“Temo di sì. E’ la procedura…

E così termina (per ora) questa storia.

Le Poste qualche giorno fa si sono decise a restituire l’addebito della seconda RaccomandataAErre fantasma.

Il telefono per ora (per ora) funziona. La piccola ha scaricato un numero impressionante di App, con le quali parla, messaggia e chatta 24oresu24 con le amiche.

Aquila ha iniziato a seguire sui social network l’unica persona alla quale si rivolgerà alla prossima rottura: Lui.

Buonanotte (ritorniamo da un vecchio amore)



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