Di terra e di amore

Da Pasquale Allegro

I racconti e i giorni di “Molto dopo la mezzanotte” di Ines Pugliese
di Pasquale Allegro
“E... lei canta ancora / neppure il fragore del treno / la ferma”.Avrebbe dovuto essere un’audace cicala la figura immortalata in questo verso, mentre la faccio mia per introdurre la personalità di un’eclettica scrittrice lametina, Ines Pugliese, irresistibilmente romantica in punta di poesia.Tante le sue pubblicazioni, tanti i giudizi ricevuti; si ripresenta quest’anno con “Molto dopo la mezzanotte”, una serie di racconti dal sapore vagamente nostalgico, intervallati da poesie di una malinconia che tramortisce. In alcuni casi si profilano entrambe le atmosfere, come nel caso della sopracitata poesia Cicala,anima musicale che si ripercuote sdegnata sull’ansimante ricerca del sogno nel racconto Le cicale: “Il cielo era pieno di stelle, l’aria morbida piena di sospiri”; Ines Pugliese è in cerca della stella, luce a cui cantare. Così per non sentirsi più sola: “Nel canto che mi sgorga in gola / nella luce avara della notte” (Solitudine). Certo sono notti, sono luci di luna e di stella, il ricorrere puntuale al proposito di un pensiero romantico, sempre accanto alla natura delle cose, perché il poeta canta spesso a quell’aurora sospesa sul mondo, perché “solo la luna / penetra coi suoi raggi / l’alfabeto sbiadito / e ricompone le parole”. E così, lo smacco della parola nella Pugliese si fa voce, si fa scoperta e rinascita, emagari, rovistando tra le odi a quell’immenso splendore di alone e di cielo, riesce a vincere la sua corsa contro il tempo, che inesorabile si fa notte e silenzio, che ineluttabile sorprende il ticchettio della vita. Come nella Clessidra, nel verso che supera la sillaba muta - “un nodo in gola / toglie il respiro” -, così scorre a singhiozzi il sogno eterno della giovinezza. E sempre più luna c’è nel Ritorno: “Legate a fili d’argento / stelle filanti / s’intrecciano alla luna”.E sempre ritorno c’è nel racconto di sé nel mondo, quando il profilo scomparso della persona a noi più cara, ci riposa accanto a rasserenarci con la sua presenza. Anche nelle ore più tristi, anche nelle ore più buie, anche in quella Gelida notte in cui Ines canta: “Cerco nella neve / bianche mani / da accarezzare”. Ci sono narrazioni così straordinariamente semplici in questo libro che ti restituiscono intatta l’atmosfera dei vecchi racconti da caminetto, dal sapore dei mandarini sbucciati e dall’odore bruciacchiato di quelle scorze date in pasto al fuoco dei ricordi. A chi non hanno mai raccontato la storia di una sposa infelice, di un amore nascosto per sempre sotto il tabernacolo del cuore, di un matrimonio indigesto alla verità dei sentimenti, ma così necessario da accontentarsi di viverne un’immagine di ritorno appena abbozzata... Magari non si faceva chiamare Rosy, o Mariuzza “addormentata, ma, per sempre” nell’abbraccio di un sogno che gli ha restituito immutato - come l’aveva lasciato immaginario – il suo prezioso Romeo.Ines Pugliese è una ritrattista dei sentimenti e delle storie sotto il turacciolo dei dettagli, come si legge nel delicato racconto Il mio golfo: quadro minuzioso a strisce e colori del golfo di Lamezia a forma di conchiglia, in cui “la natura racconta il suo tormento”,stretta tra il destino della bellezza e la postilla disperata di una cartolina di plastica e barattoli tra le onde. Sono pagine di donna, omaggio ad una terra che consegna al vento ricordi e granelli: sferzano il viso e graffiano il cuore, come un invito a nozze per un amore perduto.  da "Il Lametino" n.193, novembre 2012

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