Probabilmente finirai con il considerare ogni testo come fosse un collage di stereotipi e di cose già sentite, ad esempio mentre leggi l’ultimo romanzo dello scrittore famoso ti verrà l’acidità di stomaco pensando che che il libro è stato pubblicato solo grazie al nome dell’autore e che se fosse dipeso dalla qualità del suo contenuto…ciccia.
Allo stesso tempo però, dovresti essere così onesto con te stesso da riconoscere che altrettanto probabilmente il romanzo di un esordiente avrà più o meno le stesse caratteristiche e quindi l’eterno dibattito delle case editrici sulla scelta di pubblicare un esordiente o un nome conosciuto, lascia il tempo che trova.
Approcciare una lettura con un minimo di distacco senza avventurarsi troppo nel tecnico, invece, può garantire certamente più soddisfazioni.
Di tutte le ricchezze è esattamente un test per capire con quale predisposizione e con quale stato d’animo ci si avvicina ad un libro; molto del giudizio finale sarà infatti figlio delle aspettative che a priori si sono via via accumulate.
Nello specifico, se tali aspettative sono diventate troppo alte, allora può anche essere il caso di sorvolare e mettere da parte per un momento il volume per poi riprenderlo in mano quando la curiosità non sarà più quella di vedere che cosa abbia scritto il famoso Stefano Benni nel suo ultimo libro, ma semplicemente quella di leggere una storia in serenità, magari davanti al camino acceso che non guasta mai.
Perché dico questo? Perché se si vuole fare a tutti i costi una critica letteraria a Di tutte le ricchezze si rischia di cadere nel gioco di chi vuole vedere una cosa in più a tutti i costi; si rischia cioè di passare come il più estremista dei sommelier che elenca una serie infinita di retrogusti in qualsiasi vino che assaggia…ops..scusate…degusta.
Immagino un dibattito tra due critici dove uno parla degli stereotipi del libro: un anziano intellettuale eremita fuggito in qualche modo dal passato che viene raggiunto nel suo eremo da una coppia giovane che lo coinvolge suo malgrado. Questa invasione di campo mette in dubbio tutta una serie di sicurezze che il vecchio ha così faticosamente messo assieme e tutto torna in discussione, con lui che vede nel nuovo arrivato molti aspetti del giovane se stesso e nella nuova arrivata una reincarnazione della musa giovanile così ben tenuta a bada fino a quel momento seppur con molti rimpianti.
E l’altro ( critico ) che invece cerca di portare l’attenzione su tutto quanto può esserci nei sottintesi e in altri piani di lettura più profondi, ma anche meno certi.
Ovvero: possiamo ascoltare tutti i critici del mondo, ma non sapremo mai con certezza ciò che un artista volesse dire a meno che non sia lui stesso a chiarircelo.
Il consiglio è dunque ancora una volta lo stesso:
prendere il libro in mano con la voglia di leggere una storia, punto.
Perché in buona parte il godimento di un libro sta nello stato d’animo del lettore: affrontando una lettura con serenità e curiosità, sarà più facile cogliere anche aspetti più profondi, quei piani di lettura paralleli che accompagnano quasi ogni libro e che costituiscono ciò che permette magari ad un semplice passaggio di rimanere nella memoria del lettore a differenza di tutto il resto.
Da piccolo a Natale aspettavo un regalo
Un pacco dorato, sotto l’abete luminoso
Quando aprii il pacco, non era quello atteso
Lo tirai contro il muro piangente, iroso.
Quanti regali ho rotto, ho respinto
Nella mia vita, dopo quel giorno?
Ora di questi ho rimpianti
Accettare i doni è difficile
Perché sempre ne aspettiamo un soltanto.
Impara a amare ciò che desideri
Ma anche ciò che gli assomiglia
Sii esigente e sii paziente
E’ Natale ogni mattino che vivi
Scarta con cura il pacco dei giorni
Ringrazia, ricambia, sorridi.
Non male.
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