COME SFASCIARE UNA FAMIGLIA FELICE CON UNA PIZZA E UN’INFLUENZA
La questione, che non ha evidente ragion d’essere dal momento che la Fatina arriva quando vuole lei e non quando dico io (tendenzialmente mai), ha il nobile intento di rovistare nel mio cervello alla ricerca dell’ottimismo perduto.
Durante la settimana: opzione decisamente favorevole alle madri lavoratrici o genitrici di prole debitamente collocata in strutture ausiliarie (asili, nidi, scuole). La donna può sbarazzarsi così di infanti e marito in un colpo solo e abbandonarsi, più o meno febbricitante e più o meno felicemente, a qualsivoglia dispositivo orizzontale (letto, divano, stuoia per i più zen) e tecnologico. Ondeggiando tra il più assoluto fancazzismo e l’impeto irriducibile a sfruttare un tempo finalmente “suo” può adoperarsi in letture, operazioni estetiche troppo a lungo rimandate (depilazioni, scrub o lavaggio capelli con la desueta opzione balsamo), programmi tv ad alto contenuto erotico (Masterchef in differita) o un’improbabile pulizia dei vetri senza che una scimmia dei suoi figli si aggrovigli alla scala.
Appare spudoratamente chiaro che, ad una madre lavoratrice, non convenga in alcun modo farsi beccare dalla Fatina della Sfiga durante il fine settimana.
Malauguratamente è decisamente più arduo operare una scelta se normalmente il lavoro lo fai a casa, sei una madre a tempo circa pieno, e hai una salute a tempo circa vuoto.
Durante la settimana: mentre il padre dei tuoi figli ti libera dall’incombenza di due di loro, il terzo elemento (non ancora in età scolare) resta stabilmente a domicilio assicurandosi che non ti annoi e assicurandoti una giornata interminabile e agonizzante nella quale nessuna delle opzioni possibili alla madre lavoratrice ti è offerta dalla sorte.
Apparentemente più consono al decubito è il fine settimana: normalmente il padre, un uomo dedito alla famiglia e per nulla bisognoso di riposo, si dedicherà con zelo e alle pulizie di rito e alla cura dei figli. Certo, la donna qua e là raccatta un container di oggetti variamente sparsi per casa impietosita dal marito costantemente piegato a novanta. Coccolerà a turno qualcuno dei suoi cuccioli e non risparmierà di dare un flebile contributo alla vestizione dei figli o alla preparazione dei pasti. Senza contare che, anche per lei, ammalarsi nel weekend significa dover contare da capo fino a cinque prima di avere un’altra pausa dal ménage settimanale. Ma tutto sommato si sente quasi fiera, generosa e ben organizzata ad aver fatto coincidere virus e fine settimana.
Il vero dilemma si presenta quando il solo vantaggio del virus festivo svanisce dinanzi a quelle incombenze famigliari meglio note come feste di compleanno, pizzate di classe e simili.
In questo caso, al già duro impegno socio-genitoriale di gestire tre figli in uscite mondane, si somma la non indifferente separazione dei beni: lui va ai suddetti appuntamenti coi due “grandi” ma torna “presto”, io resto a casa con la piccola per non sovraccaricarlo. E in un colpo solo hai fatto torto a tutti: ai grandi che vedono la famiglia spezzarsi e rincasano a evento-non-terminato, ai coniugi che vivono un intero weekend separati, a me che non riposo.
Alla piccola che, non capisce perché, si vede negato il diritto all’uscita con gli altri: imbraccia maglia e scarpe, rincorre il cappello, spintona alla porta. E si riduce a guardare dalla finestra gli altri che vanno, una pastina in brodo nel pentolino bianco, mentre culla, melanconica, una pecora di pelo.