«Non esiste il quasi ossimoro, porca puttana!»
«Come, scusa?»
«Maledetta primavera non è un ossimoro»
«Stai cercando un’iperbole?»
«Porca puttana non è un’iperbole. È un’imprecazione»
«Non puoi imprecare su un blog come Sul Romanzo»
«E perché? Veltroni ha scritto quasi ossimoro in un libro della Rizzoli»
«Ma metti a rischio la credibilità di Sul Romanzo»
«Quindi ora la Rizzoli dovrà chiudere perché lui ha scritto quasi ossimoro?»
«Leggi!»
«…..»
*****
«A che pensi?»
«Niente di importante»
«Sì, è un’imprecazione»
«Lo dici tu a Walter? »
«Non ho voce da deserto»
«Leggi! »
*****
«Puoi tornare a 11? Giornali con titoli cubitali e fotografie di quel luogo dove essi stessi, stropicciati, volano. Come un film nel film. Come un quadro che raffigura il pittore che dipinge quel quadro. Secondo te, volano i titoli o i giornali?»
«Se mi fermo al punto, i giornali. Se proseguo nella metafora d’accatto, i titoli»
«Forza del lirismo veltroniano. L’imprecazione diventa quasi ossimoro e i titoli cubitali volano»
«Ma i titoli si stropicciano?»
«E perché se le scarpe calpestano mille volte un diverso fazzoletto di terra consumi l’erba o le scarpe?»
«Le scarpe, perché?»
«Vai a 11. La logica è un affronto al lirismo»
«Ma voleva dire….»
«E chi se ne frega delle intenzioni nobili. Conta quello che ha scritto»
«Ma Veltroni scrive?»
«Quasi»
«E che farebbe?»
«Beve whisky»
«Attento, che poi dicono che gli hai dato dell’alcoolista»
«Dici che s’aggrapperebbero a questo?»
«Certo, altrimenti come si difendono»
«Allora chiarisco che Veltroni beve whisky come attività opzionale. Beve whisky, ma anche no»
«Leggi»
*****
«A 23. Ci furono più di cento feriti. Tra i più gravi dei bambini, perché tocca sempre a loro. Maledetta primavera.»
«La usa come imprecazione, non come un ossimoro»
«Ma era quasi un ossimoro, mica intero»
«Sì, ma è un’imprecazione intera, porca puttana»
«Ancora?! E basta!»
«Ma davanti a bambini morti, io dico porca puttana»
«Ma poi ti danno del leghista»
«Preferisci veltroniano?»
«Leggi, va’»
*****
«Torna a 23, per favore. Perché Vermicino è diventato un luogo della nostra coscienza e Alfredino un nostro senso di colpa collettivo»
«E allora?»
«Io all’epoca avevo quattro anni, perché dovrei sentirmi in colpa?»
«Non puoi parlare di te in una recensione, ché poi dicono che riporti una sensazione e che tecnicamente non è una recensione»
«Allora facciamo così: perché Veltroni parla di colpa collettiva?»
«Perché è un poeta della coscienza»
«La coscienza di chi?»
«La sua. Che domande fai!»
«Uhm?»
«Ma sì, quello dice che la colpa è collettiva così depista dal chiederci chi ha costruito un’Italia in cui nessuno sa dire se un pozzo era chiuso o no»
«Dietrologia moralista»
«Preferisci luccicore veltroniano?»
«Leggi!»
«Aspe’, un’altra domanda… Ma la coscienza ha un luogo preciso?»
«Solo se ti ci sdoppi»
«Cioè? »
«Al prossimo cioè ti faccio leggere l’opera omnia di D’Alema»
«Sì, ma che volevi dire prima?»
«Che la coscienza o è interiorizzata o non è. Ficcarla in un luogo è come rinchiudere Lo Zibaldone in una teca»
«Svuotarla di senso?»
«Piuttosto che scrivere svuotare di senso mi farei trascinare vivo per Troia»
«Perché?»
«Perché è come il luogo della coscienza. Lirismo a buon mercato»
*****
«Ritorna a 23. Era cominciata con la tonaca bianca del Papa sporca di sangue e con la scoperta che una parte importante dei vertici di questo Paese rispondeva a un altro centro di comando, una loggia di potere massonico che era penetrata in tutti i gangli delle istituzioni. Come un golpe, bianco. Maledetta primavera.»
«La metonimia papale è eretica, ma, da buon politico, maledice il tempo della scoperta e dell’attentato non riuscito e passa sotto silenzio gli anni della preparazione. Perché lui c’era e, dunque, sapeva»
«Forse è una perifrasi… Per il resto, non esagerare, questo non puoi saperlo»
«Io posso non saperlo, ma lui che era già organico poteva non saperlo?»
«Organico a che?»
«Alla politica»
«Ma perché, Veltroni è un politico»
«Uhm, direi di no»
«Ma fa politica»
«Beh, Ratzinger ha iniziato a fare il Papa prima di diventarlo»
«Ma lui lo è sempre stato, il titolo è secondario»
«E per Veltroni? »
«Questione di griffe»
«Di che?»
«Di marca!»
«Meglio»
«Ma griffe è alla moda»
«Perché non ti basta leggere Veltroni?»
«Va’ avanti»
*****
«Vai a 25. Assassini ai quali l’ergastolo o cinquant’anni di pena appaiono improvvisamente come il proprio assassinio. E fanno di tutto per salvarsi. Chi pentendosi sinceramente, chi solamente per alleviare la propria pena carceraria. Mancano l’esilio in Francia o in Sud America e la grazia chiesta dalle colonne di Repubblica»
«Ma sei scemo!»
«E perché?»
«Ti pare che Veltroni sia tipo da farsi nemici nella famiglia De Benedetti?»
«E in quell’altra famiglia, sì?»
«Teatrino politico, niente di concreto»
«E l’esilio?»
«Poi ci saremmo ricordati che non mantiene le promesse»
«L’Africa?»
«Eh!»
«Ha omesso la parola?»
«Questa sarebbe una finezza scalfariana, non veltroniana. Veltroni omette il presente»
«E perché?»
«Perché crede che alla politica si giochi così»
«Gioco?»
«Eh, tra un sigaro, un Whisky e un video di JFK, lui gioca a fare la politica»
«Dici che non la sa fare?»
«Dico che si barcamena come può»
«Ma questa sarà una recensione o un commento politico?»
«Ma questo libro è letteratura o un atto politico?»
«C’è differenza?»
«No»
«E leggi»
*****
«Vai a 45. La storia della Rodi è una tragedia italiana. Come nelle inondazioni o nei terremoti, c’è sempre qualcosa che non funziona. Prima o dopo. Ma una nave che affonda racconta sempre, anche psicologicamente, una sconfitta collettiva»
«E come si fa a raccontare una cosa psicologicamente?»
«Veltroni il telepatico!»
«Forse psicologica era la sconfitta?»
«Ma anche no! Quella è collettiva»
«Come la coscienza?»
«Ma più circoscritta»
«Eh?»
«La colpa dei soccorsi che non arrivano mai è tua»
«Mia?»
«E certo, mica del politico Veltroni»
«Politico di nuovo?»
«A 55, forza. Per capire meglio quel tempo, dobbiamo ricordare che erano passati solo otto mesi dal terremoto dell’Irpinia e dalla tragedia dei soccorsi rivelatesi del tutto inadeguati. Lo Stato era sotto accusa per la sua inefficienza, per la sconcertante lentezza e disorganizzazione…. E ora mettere in salvo quel bambino poteva costituire un’occasione di riscatto; il fallimento dei soccorsi avrebbe invece significato un’ulteriore, tragica, dimostrazione di impotenza»
«Se i soccorsi non funzionano, nonostante i soldi spesi per tenerli in piedi, è una tragedia, non una colpa…»
«È colpa tua! »
«Pure? E perché?»
«Perché stai sempre lì a pretendere che soccorrano. Ma che vuoi?»
«In effetti sono un tipo ansioso»
«Tutti così, gli Italiani. Tutti a pretendere che i soccorsi funzionino»
«Ma è normale che uno se l’aspetti»
«Eh no! Tu devi stare zitto e buono, pregare ma senza aspettative, altrimenti metti ansia ai soccorritori e quelli sbagliano»
«Mi sa che hai ragione. Lo dici tu agli aquilani?»
«Gliel’ha già scritto Veltroni»
«Ah, beh…»
*****
«Cosa? »
«Io ho l’altro libro nella borsa»
«Che tieni?»
«Scuola di nudo»
«Siti?»
«Eh»
«Dici che…»
«Dico che…»
«Ma poi ritorniamo a Veltroni?»
«Perché? Ne sentiresti la mancanza?»
«No, ma lo sai che non riesco a …»
«Sì, lo so…»
«Almeno nel frattempo riprendiamo fiato..»
«Ma sì, torniamo un po’ alla lingua..»
«Ma poi riprendiamo Veltroni...»
«Saresti capace di impalare Pennac per quella frase»
«Potrei averlo già fatto»
… continua ….