Dialogo tra me e me intorno a “L’inizio del buio” di Walter Veltroni - Seconda Parte

Creato il 29 agosto 2011 da Sulromanzo

Questa è la seconda parte. La prima è qui.

«… Ehi..»
«Che c’è?»
«Dobbiamo tornare a Veltroni»
«Sei come la suocera che ti telefona a casa il giorno del matrimonio»
«Ma lo dico per te… poi non fai in tempo a consegnare la recensione»
«Ma lo so. Mi dai solo altre cinque pagine di respiro con Siti? »
«No! Tira fuori Veltroni e ricominciamo a leggere. Muoviti!»
«Ma l’autonomia del lettore?»
«Se ridici autonomia del lettore ti faccio leggere tutti i fascicoli di Berlusconi tale e quale»
«Ma tale e quale a chi?»
«Leggi!»

«Corri a 87. Gelli voleva l’obbedienza del «Corriere della Sera» e per questo arrivò a proporre al direttore di allora, un affiliato, di licenziare Enzo Biagi, o, quasi peggio, di mandarlo come corrispondente in Argentina, dove i militari di Videla erano al potere. Così era l’Italia di allora, a scanso di equivoci»
«Di allora?»
«Eh»
«Dove cazzo vive?»
«Cavolo! Devi dire cavolo!»
«No, Dove cavolo vivi non va. Troppe V che si sciolgono nella liquida che lo libra sulla luna. Cazzo è perfetto. Tre bisillabiche con la centrale di cinque lettere e due zeta che lo inchiodano per terra»
«Non mi convince»
«E poi lo grida anche Keitel a Dio ne Il cattivo tenente»
«Ma Veltroni è Dio?»
«No, al massimo d’io»
«Un ego lirico?»
«Un lirismo egocentrico»
«Ma se parla della sofferenza?»
«La sua davanti a quella degli altri»
«Sì, ma non puoi usarlo sul blog. Trova un’altra parola»
«Saffo! Dove Saffo vive!»
«La poetessa?»
«Eh, la lirica. Tra loro si capiscono»
«Saffo come Veltroni? »
«Ma non quella originale! La Saffo veltroniana non ci sta bene tra dove e vive»
«Non ti seguo»
«Dove Tamaro vive non viene bene»
«No, vada per Saffo»

«Aspe’, torna a 66. E poi il nostro è il Paese del signor D’Angelo che si mette di notte a cercare trivelle per Roma e del signor Scipioni che “seccato per la sveglia, risponde con frasi poco educate”. È sempre stato così. Ogni tanto prevalgono, anche nella vita collettiva, i D’Angelo. Ogni tanto, in verità più spesso, gli Scipioni»
«Pubblica, Walter, pubblica. Non collettiva!»
«Ma questo è funzionale. Nella vita pubblica, che poi è politica, è impensabile delegare il bene e il male a un singolo perché, dal momento che è pubblica, c’è dietro un sistema ben strutturato di classe dirigente collusa e di singoli che s’adagiano o s’integrano diventando complici»
«Ma forse Veltroni non lo sa»
«Leggesse i giornali!»
«No, lui ci scrive sopra»
«Ah, è giornalista»
«Chi?»
«Veltroni»
«Se lui è giornalista, io sono Bloom»
«Illuso»
«L’hai detto tu, non io»
«Mi ci hai indotto»
«È la forza del collettivo»
«Ma quanti siamo?»
«Io, tu, Veltroni, Scipioni e D’Angelo»
«E chi sono?»
«Due pretesti veltroniani»
«Per fare cosa?»
«Per tacere la vera domanda»
«E quale sarebbe?»
«Ma questo libro dice o nasconde?»
«Ma è un libro?»
«Beh, si compra in libreria»
«E allora bisogna rispondere»
«No, se dai risposte dicono che non analizzi ma hai preconcetti»
«E allora come ce ne usciamo?»
«Rispondi e fregatene»
«Bene, allora dico che Veltroni nasconde anziché dire»

«E se dicessimo che cela anziché svelare?»
«Sì, però poi aggiungi che svelare non è heideggeriano»
«No, mica parlo di essere?»
«Veltroni sì»
«Esageri»
«No no, vai a 63. La ricerca del meraviglioso è come il filo dell’orizzonte. Solo se smetti di viaggiare puoi nutrire l’illusione di raggiungerlo. E solo se smetti di sognare puoi sperare di incontrarlo»
«Ma incontrare chi?»
«Il meraviglioso»
«Ma Veltroni è gay?»
«Ma no! Il meraviglioso è l’essere»
«Un essere sbrilluccicoso»
«Speriamo che non lo legga Severino»
«C’è più clericalismo in questa frase che in tutta la vita della Bindi»
«Almeno lei non è ossequiosa»
«Ma perché, Veltroni ossequia?»
«Non apertamente»
«Dici che lo fa in privato?»
«Dico ha fa i mezzi inchini»
«A chi?»
«Al meraviglioso. Leggi va’»

«Senti, ma tutte queste pagine sul padre, sui buchi neri, sulla philosophy for children, sul cinema che piace a lui, ecc.. ecc… le possiamo saltare?»
«Io le ho già lette»
«Dici che servono? »
«Alla narrazione no»
«Ah, c’è una narrazione?»
«No, ci stanno due resoconti in cui Veltroni parla di sé»
«Di sé?»
«Eh, lui è meravigliato, lui è addolorato...»
«… ma la colpa è collettiva»
«Furbo!»
«No, furby!»

«Vai a 105. Ma perché paragona le BR e il terrorismo a Mussolini, Ceausescu e al regime iracheno?»
«Vuoi vedere che forse ora scrive che buona parte del Governo sosteneva il terrorismo o che almeno l’abbiano utilizzato per rinsaldarsi al potere?»
«Aspe’, leggo. Come i soldati giapponesi sull’isola, i terroristi degli anni Ottanta non accettano che la loro guerra sia stata persa»
«E poi?»
«Niente. Punto. È finita»
«Ma che senso ha?»

«Va’ a 174. C’è stata, a partire dal 1968, una grande rivoluzione civile, una secolarizzazione culturale, una rivendicazione di protagonismo diffuso che progressivamente fa saltare ogni verticalità, compresa la funzione pedagogica della tv, quella che portava a selezionare, normalizzare, talvolta censurare in nome di un supremo, e accettato, interesse collettivo»
«Ma chi è che selezionava, normalizzava e censurava in quegli anni?»
«Pare fosse la politica»
«Ma allora è nostalgia?»
«Direi che è la rivendicazione di un potere per finalità pedagogiche»
«Perché l’hanno perso?»
«Allora è legittimazione dal passato»
«Leggo. Tutto questo, mentre si concludono gli anni Settanta e iniziano gli Ottanta, sta finendo»
«Cosa finisce?»
«La selezione, la normalizzazione e la censura»
«Interessante, continua»
«La piramide, almeno dal punto di vista dei consumatori, si capovolge. Il pubblico sarà sempre più importante. I cittadini, in prospettiva, sempre meno»
«Dunque, se ci lasciamo normalizzare, siamo cittadini, altrimenti pubblico. Ho capito?»
«Mi sa di sì»
«Mi sa che ho votato per un possibile dittatore»
«Ma chi, Walter, un dittatore?»
«Dici che non può?»
«Dopo due giorni si stancherebbe. La sua attenzione non va oltre i cinque righi»
«Come gli amici di Maria De Filippi?»
«Dici che lo è? Voglio le prove»
«Vai a 131. Alle 8 di mattina , dopo aver sequestrato un ragazzo, rivendicano l’azione definendolo «fratello del pidocchioso Patrizio». Sono loro a scrivere così la «causale» dietro quel messaggio. Aggiungo che la definizione di “pidocchioso” è razzista e fascista»
«Tiè!»
«Lo vedi che lo è?»
«Ma allora stiamo parlando di un libro scritto da un amico di Maria De Filippi?»
«Mi pare di sì»
«Chiudiamo qua con la recensione?»
«Però, dovresti almeno fare un’analisi della lingua»
«Ma l’ha fatta Raimo. E poi a che serve? Veltroni mica è uno scrittore?»
«E che è?»
«Un politico?»
«Uhm…. Forse»
«Un giornalista?»
«Quasi»
«Un bevitore di Whysky?»
«Anche no»
«Un futuro regista di un film su Obama?»
«Potrebbe ma….»
«Oh ma Veltroni che fa?»
«L’aspirante»


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