Adoro Diamanda Galás. L'inizio della sua carriera avviene nei manicomi in cui è chiamata a esibirsi dal Living Theatre intorno alla metà degli anni '70, ma ben preso la cantante, compositrice e pianista statunitense d'origine greca abbandona tale collaborazione per dedicarsi a pubblicare dischi estremi per sola voce ed elettronica (quali Litanies of Satan, 1982 e Diamanda Galás, 1984).
Dopo la morte del fratello, il poeta Philip-Dimitri Galás per AIDS, il suo interesse si concentrerà specificamente sull'indagine della sofferenza umana in tutte le sue forme, e quasi sulla catarsi collettiva - nel contesto delle performance pubbliche. Concepisce in questo periodo la trilogia Masque of the Red Death (1989), Plague Mass (1990), profana messa per un'umanità condannata, e Vena Cava (1992), ritratto dell'isolamento e della crescente disperazione di un individuo sieropositivo.
Negli ultimi anni alterna una produzione di cover blues (riletture per piano e voce) a progetti compositivi più complessi come l'ultimo Defixiones Will and Testament, che tratta del genocidio delle popolazioni armene, greche ed elleniche da parte dei Turchi durante la prima guerra mondiale, raccogliendo testi e ispirazioni musicali disparate. L'elettronica cede il passo al pianoforte.
Qui per voi due sue interpretazioni che mi piacciono particolarmente. La prima è una sua recente interpretazione live de La chanson des vieux amants di Jacques Brel.
La seconda è invece il primo suo brano che ho sentito in assoluto nella mia vita, quando piccoletta comprai una cassetta pirata nel primo centro occupato anarchico della città, incantata dalla copertina autoprodotta in bianco/rosso/nero che recava un'immagine spiritata dell'artista. Della quale mi innamorai poi al primo ascolto :-)