Si chiama "Donne" ed è un brano di Zucchero diventato tristemente famoso anche per una pubblicità di famosi collant. Una serie di strofe ben orchestrate che celebra il gentil sesso. Non è una brutta canzone, a dirla tutta, ma immagino si debba essere una donna per dirlo. Una riga dopo l'altra, scorrendo il testo su un sito dei tanti che ho aperto nella pagina a fianco, le donne sono "ad un telefono che non suona mai", "con tanta voglia di avventura", "in mezzo a una via", "alla moda" e persino "controcorrente".
Tutto molto bello, peccato che sia stato concepito per un altro continente. Per fortuna, in Africa, ci ha pensato qualcun altro.
"Si possono dire tante cose dell'Africa: non ho mai visto una terra così ricca di storie.
Storie di vita, storie di persone, storie incredibili, ai limiti dell'assurdo; storie tristissime, a volte tragedie, storie di coraggio e dedizione assoluta.
È impossibile resistere al loro fascino, si è colti da un irresistibile bisogno di scrivere, di condividere, di raccontare. Io le storie non so raccontarle, non le so nemmeno scrivere, ma se ne fossi capace vorrei che la "mia storia" raccontasse di tutte le donne di questo paese.
Donne prima di qualsiasi altra cosa, madri. E madri, nella stragrande maggioranza dei casi, sole.In un paese in cui essere madre rappresenta l'orgoglio più grande e il vanto più alto, queste donne allattano, crescono, educano, sacrificano, ridono, curano, pazientano, e soffrono da sole.Avere tanti figli è motivo di pura gioia, una gioia che inspiegabilmente va oltre la povertà, va oltre la mancanza di elettricità e di cibo.Susan, l'infermiera della Nursery dell'ospedale in cui lavoro in questi mesi, non fa altro che dirmi che lei vuole 7 (sette!) figli, due per me e cinque per lei.
L'Africa è rinomata per essere terra di malattie altamente infettive, virus letali e febbri emorragiche. Io spero tanto che il coraggio di queste donne sia altrettanto contagioso."
Paola Z.