Diario africano - 45/Ugandan sex

Creato il 20 gennaio 2015 da Mapo
Gulu, 20 gennaio
La prima cosa che mi è successa, una volta arrivato a Gulu, è stato essere vittima di un vile attacco di volantinaggio. Giusto qualche secondo dopo aver messo piede sulla terra rossa, davanti all'ufficio postale dove si è fermato l'autobus; il tempo di contare le mie ossa indolenzite e stringere le cinghie dei bagagli tra le dita ed eccomi qui, in piedi senza mani libere con un ragazzotto con il cappellino da baseball a tendermi convinto un foglietto bianco con qualcosa scritto sopra.Sorrido, faccio cadere una borsa e, contravvenendo alla più ferrea disciplina astensionista maturata in anni di università e passeggiate domenicali in corso Vittorio Emanuele, affetto il puzzino. È piegato in due e, con quei caratteri in stampatello racchiusi dentro una cornice fine fine di colore nero sembra più un necrologio in miniatura.C'è scritto:
"Homosexuality is bad. It's evil and homosexuals are targetting our children schools and the helpless with lots of money. It's not a right but a disease"
Partendo per l'Uganda non mi aspettavo di trovare un clima particolarmente favorevole nei confronti degli omosessuali ma, sotto sotto, coltivano la segreta speranza di chi adora i pregiudizi: quella di essere smentito. Come molti sanno persino dalle nostre parti in maniera abbastanza rocambolesca l'anno scorso il governo Museveni (una specie di monarchia che imperversa sul paese da più di vent'anni) ha approvato una dura legge repressiva nei confronti di chi osasse opporsi in pensieri, parole, opere e omissioni alla religione del maschio + femmina. Salvo poi ritirarla in fretta e furia a distanza di qualche mese, dietro la minaccia dei paesi sviluppati di sospendere gli aiuti umanitari, dopo la denuncia tempestiva di quasi tutte le associazioni a favore dei diritti umani (per intenderci non la sezione Arcigay della prima circoscrizione di Cinisello Balsamo, a cui va comunque tutta la mia simpatia).In questi mesi trascorsi a Gulu ho faticato molto a trovare una comunione qualsiasi tra l'ospitalità e la gentilezza innata di questo popolo eccezionale e il freddo distacco che molte volte mi sono trovato a fronteggiare parlando di come trattiamo chi la pensa diversamente da noi a casa nostra (fingendo, peraltro, che sia un trattamento paritario). Atteggiamento, ho constatato, trasversale a diverse classi sociali, di età, sesso e religione. 
Il Lacor Hospital dista circa 6 Km dal centro della città e così, ogni volta che bisogna comprare il dentifricio o prelevare dal bancomat, si sale su frizzanti motorette che producono un caos infernale, alle spalle si baldi giovani alti e muscolosi, talora anche in due per volta. L'innegabile intimità fisica della moto favorisce discorsi e filosofie e così, più di una volta, oltre ai doverosi cometichiami, dadovevieni e tipiaceluganda, mi è capitato di chiedere, un po' provocatoriamente, ma con parecchio tatto: "ci sono dei Gay in Uganda?"
- Assolutamente no! (a metà tra lo sdegnato e il divertito, rallentando impercettibilmente la velocità di crociera)- Davvero? Beh, beati voi! (Provando a dissimulare la benché minima simpatia per gli oggetti del contendere)- In Italia ce ne sono molti?- Guarda, un'invasione. Io non sono d'accordo su come la pensano ma in qualche modo ci è toccato affrontare il problema- Cosa avete fatto? (probabilmente immaginando carceri e pene corporali) - Niente di particolare, in sostanza li consideriamo delle persone normali che possono fare una vita come quella degli altri (gli occhi quasi socchiusi dallo stress)- ... (ha detto proprio così, giuro!)- Sei proprio sicuro che qui non ce ne siano? Ho sentito che hanno anche fatto una legge per controllarli- Qui al nord di sicuro no, può capitare forse a Kampala dove vivono in maniera diversa, senza religione- E se un tuo compagno di scuola o un tuo amico ti dicesse che gli piacciono gli uomini!?- Qui queste persone non esistono, e se per caso esistono "we refused them".
Fine del discorso. Questi bodisti, mi son detto, simpatici e affabili, appartengono in verità alle classi più basse della popolazione e, spesso, non sono riusciti a completare nemmeno gli studi elementari. La combinazione tra ignoranza e un fervore religioso a volte un po' frainteso rischia di essere pericolosa.
Qualche settima fa, prima di Natale, mi è capitato di sostenere una lunga conversazione con una collega dell'ospedale. Una persona illuminata, brillante, colta e di ottima estrazione sociale, tanto da garantirle anche qualche capatina in Europa negli anni addietro. Un po' per gioco a metà di una discussione sui diritti degli omosessuali che ci vedeva, manco a dirlo, agli angoli opposti del ring, le ho fatto credere di essere fidanzato con un uomo in Italia e di essere arrabbiato perché il mio paese non mi permette di sposarlo come potremmo fare se fossimo una "normale" coppia.Mi ha guardato strano e, dopo aver blaterato qualcosa su "non si può permettere che un uomo si accoppii con qualunque cosa vuole, come una capra o un albero" degno della più gretta delle sentinelle in piedi (fenomeno che, grazie al l'esilio volontario qui, ho avuto il privilegio di guardare solo da lontano), se ne è uscita con un: "pregherò per te".
E dire che la società ugandese non sembra proprio estranea ad un certo fervore sessuale (oltre che religioso), purché rigorosamente nell'addomesticato recinto dell'eterosessualità. Qui, nonostante nelle scuole piantino cartelli in terra dove invece di "non pestare le aiule" c'è scritto "l'astinenza è l'unica via", è abbastanza comune avere più di una compagna (talora inopportunamente definite "mogli") e i matrimoni, spesso celebrati in giovane età, vengono spesso rotti anzitempo per tradimenti e nuove relazioni. Sulla procreazione, poi, si può mettere la mano sul fuoco: bambini di ogni età proliferano su e giù per tutto il paese. Spesso vengono da padri diversi e ricostruire l'albero genealogico può essere più ostico che risolvere "il Bartezzaghi" della Settimana Enigmistica.Qualche giorno fa, nelle prime ore del pomeriggio, mi è capitato di ascoltare via radio un'intervista a una famosa rockstar locale di cui, sfortunatamente, non ho carpito il nome. Mettendo in fila le parole che riuscivo a comprendere tra il frastuono del traffico e l'inglese sbiascicato ho ricostruito la storia di questo giovanotto che raccontava di aver fatto nella sua vita solo scuole maschili, confessando, ad un certo punto, di non stare più nella pelle e mettersi a molestare le figlie della prof, prima di farsi beccare mentre tentava di sbaciucchiare una suorina giovane e inesperta venuta a insegnare inglese. Espulso, ma fiero. Risate generali, soprattutto alla fine, quando rispondendo a una domanda dal pubblico da casa, ha detto che di aver perso la verginità con una donna bianca (sesso con muzungu, una perversione alla stregua della necrofilia o del sadomasochismo).
La verità è che un'idea precisa di come vengano percepite tutte queste cose non me la sono proprio fatta. Nel frattempo, qualche giorno fa, dal sellino di dietro di un boda ho visto un ragazzo, visibilmente effeminato, stare in piedi nel bel mezzo dell'unica rotonda della città, con dei vestiti attillati, davanti a una tela con cavalletto a dipingere dal vivo. Non so che fine ha fatto, se è stato picchiato da un estremista, semplicemente se ne è andato a casa finito il disegno o è stato travolto da un tir. Semplicemente mi è sembrato un bel segno.

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