Diario Africano/25 - Pauer

Creato il 10 novembre 2014 da Mapo
Lacor Hospital, 9 novembre
In Africa ogni mattina una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa.Fatti suoi; io, sempre in Africa ogni mattina mi sveglio e il mio problema più grande è sapere se c'è o meno energia elettrica o acqua corrente.Drammatizzo: la verità è che, fortunatamente, la maggior parte dei giorni non c'è nessun ostacolo di sorta a lavarsi la faccia o farsi la barba. Nessuna scusante, quindi, per questa peluria irregolare e incolta che mi sta crescendo sul collo.Quasi tutti i giorni, appunto.
L'idea stessa che, come è successo questa mattina di una domenica qualunque alla fine della stagione delle piogge, non si possa tirare lo sciacquone credo sia una delle espressioni più autentiche del concetto stesso di precarietà.L'acqua manca di rado, ma l'energia elettrica si fa desiderare almeno 3 o 4 volte alla settimana, talora per giornate intere."Manca il pauer", è una frase ricorrente in queste stanze buie, a volte condita da qualche imprecazione. Pauer, si, perché l'inglese power proprio non rende l'idea di questa assenza. Troppo tecnico, freddo, scientifico. Arriva l'italiano, con questo neologismo terribile a cui mi sono affezionato, a rimettere le cose a posto. La corrente qui, non è quella cosa matematica che viaggia velocissima su cavi di rame, ma una specie di miracolo, alchimia. Combinazione probabilistica di una serie di fattori indipendenti e stocastici combinati tra loro. Un disegno, divino per chi ci crede, cui prendono parte le termiti che divorano i pali della luce, la moglie del tecnico del workshop che spinge il marito a uscire di casa, i galloni di diesel in un generatore che singhiozza, la pioggia che cade e se ne frega.
Si puó raccontare cosi, oppure si puó chiedere la stessa cosa a un'ingegnere:
"L'ospedale è collegato alla rete nazionale Umeme che è instabile e salta continuamente lasciando il Lacor al buio. Per poter garantire la corrente all'ospedale ci sono dei generatori diesel che vengono accesi a volte automaticamente, ma più spesso manualmente. Le residenze sono l'ultimo anello della catena e l'elettricità non è garantita. Nei week end specialmente, quando i tecnici del workshop devono accendere i generatori, arrivano con molta calma. Dopo le 10 di sera i generatori non li accendono perché fanno troppo rumore. I reparti sono coperti per la notte con delle batterie, la nota emergency line."
Chirurgico."It is Africa" diceva a mani giunte un patologo di Campobasso che era qui fino a qualche settimana fa. A me è sempre sembrata l'unica spiegazione possibile.Qui come altrove, il giorno si compone di istanti, c'è quello in cui si apre il contenitore di alluminio del cibo e si scopre cosa c'è per pranzo, quello in cui ci si rende conto che ci si sta per addormentare e che un altro giorno è andato e quelllo in cui, con un rumore sordo, la macchina dell'eco si spegne al termine dell'ultimo paziente della sera. Ognuno, in fondo, così uguale all'altro quando intrappolato nella logica delle lancette di un orologio, come quello che l'ha appena preceduto, quanto quello che lo seguirà. Ma sono sicuro che se qualcuno inventasse uno strumento in grado di misurare precisamente la durata soggettiva di questi momenti, quel tempo percepito e quindi più reale, non ne troverebbe uno lungo quanto quello che intercorre tra lo scatto dell'interruttore della lampada di camera mia e la l'impressione sulla retina di quella luce al neon, così fredda e rassicurante.
Questa sera si è accesa, la batteria del computer si sta caricando e non ci è toccato cenare al buio. Posso ascoltare della musica, fare la doccia vedendo dove c'è ancora sapone da sciacquare via, scrivere questo diario, per dire buonanotte e, poi, senza pensarci su, spegnere la luce.Click.
"Mettiamo che un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti petrolio, carbone ed energia elettrica. Non occorre usare fantasia per immaginarselo, prima o dopo capiterà, e non ci vorrà nemmeno troppo tempo. Ma mentre quel giorno prepara il terreno, facciamo finta che sia già qui. Ha un brutto muso, è un tempo duro, infame, scortica il mondo a coltellate e lo spoglia di tutto. Di quel che serve e di quel che non serve. La gente all'improvviso non sa più che fare per acciuffare il necessario. Prova a inventarsi qualcosa e intanto arranca, senza sapere che una salvezza esiste. Il necessario sta dentro la natura. Ma, per averlo, occorre cavarlo fuori, prenderlo con le mani, e la gente le mani non le sa più usare."Mauro CoronaLa fine del mondo storto

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