DIARIO D'AGOSTO - La vera storia di Justin Soni Fashanu

Creato il 02 agosto 2011 da Calcisulcalcio
Come da più di un anno accade, ogni martedi, la dedica della nostra redazione a un campione immortalato nella storia del calcio, prosegue anche in agosto. La storia di oggi però ha un retrogusto amaro, forse perchè il nostro campione si è spento nel peggiore dei modi, ma non per questo deve essere dimenticato.
Stiamo parlando di Justin Soni Fashanu, un attaccante inglese di origini africane, lo rese speciale l'essere il primo giocatore di colore britannico da un milione di sterline, quando venne trasferito nel 1981 al Nottingham Forest di Brian Clough.
Figlio di un avvocato nigeriano, quando i suoi genitori divorziarono venne mandato, assieme al fratello minore John, che divenne anch'egli un importante calciatore britannico, in una casa-alloggio a Barnados.
Dall'età di sei anni venne cresciuto, assieme al fratello, da Alf e Betty Jackson, ad Attleborough (Norfolk).
Justin fece il suo debutto nel calcio professionistico con il Norwich City nel 1979, nella sua permanenza nel club segnò la bellezza di 35 reti che attirarono le attenzioni del Nottingham che gli fece fare il grande salto.
Ad un certo punto la sua ascesa ebbe bruscamente termine: la sua carriera si fermò e la relazione professionale con Brian Clough si deteriorò. Clough, a quanto pare, era disturbato dalle voci delle visite a gay bar e locali notturni gay. Clough lo chiamò "un fottuto finocchio".
Finita la parentesi a Nottingham si fece girovago, Fashanu ebbe brevi contatti con squadre quali Manchester City e West Ham, gli Hearts in Scozia, e poi il Trelleborg in Svezia, fino a oltrepassare l'oceano con il Toronto Blizzard e gli Atlanta Ruckus, senza mai trovare una vera casa però, senza trovare il calore del pubblico.
Infine si spostò a Ellicot City per allenare i Maryland Mania Club, una nuova squadra professionista, a seguito del suo ritiro dall'attività agonistica.
Il tutto dovuto alla sua scioccante rivelazione, infatti nel 1990, Fashanu divenne il primo giocatore professionista di fama mondiale a dichiararsi pubblicamente gay. La decisione fu accolta con ostilità, sia dal mondo sportivo, sia dalla comunità nera britannica, che lo accusò di avere "svergognato" la comunità nera, al punto che un settimanale giudicò l'annuncio:
« un affronto alla comunità nera... un danno d'immagine... patetico e imperdonabile. »
Lo stesso fratello, John, lo rinnegò pubblicamente.
Le reazioni omofobiche ebbero un effetto devastante su Fashanu, che confessò di sentirsi "solo e disperato". Lo stato d'animo contribuì, a sua volta, a far calare ulteriormente il suo rendimento sportivo, in quella che sembrava una spirale discendente senza fine.
Nel 1998 finì in uno scandalo sessuale con un 17enne, tale Ashton Woods (Maryland), che dichiarò di aver subito violenze ed essere stato narcotizzato da Fashanu prima del rapporto sessuale.
Fashanu collaborò in utto e per tutto con le forse dell'ordine, tanto da non essere incriminato, ma scappo prima del processo in Inghilterra, cercando suoi ex-agenti ed ex-amici per potersi difendere, ma trovo un muro d'odio davanti a se.
Infine, la mattina del 3 maggio 1998 il corpo di Fashanu fu trovato, impiccato, in un garage del quale aveva forzato l'ingresso la notte prima, a Shoreditch, Londra. Nel suo biglietto d'addio affermò che sentiva che sarebbe stato ingiustamente giudicato colpevole per le accuse di aver abusato del ragazzo, aggiungendo:
« Sperò che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace, infine. »
Una parte del memorandum da lui lasciato ammetteva però che il rapporto sessuale era effettivamente avvenuto:
« Desidero dichiarare che non ho mai e poi mai stuprato quel giovane. Sì, abbiamo avuto un rapporto basato sul consenso reciproco, dopodiché la mattina lui mi ha chiesto denaro. Quando io ho risposto "no", mi ha detto: "Aspetta e vedrai". »(fonte:wikipedia)

Questa è la vera storia di un campione del calcio, dove però in un periodo di omofobia galoppante e poteri razziali che chiedevano voce, è passato in secondo piano il suo talento di giocatore, per lasciare spazio all'odio e alla violenza.
di Cristian Amadei

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