Neil Island, 12 marzo 2015
Dopo una pigra mattinata sulla spiaggia 'numero 5' di Havelok, dove ci sono tutti i resort e le scuole di sub, mi sono spostata nella vicina Neil Island, a circa un’ora di traghetto. Sulla mappa c’e’ scritto Neill, con la doppia elle, ma sulla segnaletica qui compare come Neil. Molto probabilmente era il nome di qualche ufficiale britannico, come quel Blair che nel 1777 scelse le Andamane meridionali per costruirci una colonia penale e da li' nacque Port Blair.
L’isola e’ piccolina, da una parte all’altra saranno 8 km piu’ o meno, non ci sono scuole di sub ed e’ decisamente meno costosa. Sono al ‘resort’ Kalapani, che ha solo piccole capanne in bambu', sulla spiaggia 'numero tre'. Il nome e’ un po’ sinistro, vuol dire in Hindi ‘Aqua nera’, ed e’ come i deportati chiamavano la famigerata prigione delle Andamane.
L’isola sembra completamente autonoma. Ha una centrale elettrica (ogni tanto pero’ manca la corrente), le scuole, una enorme caserma dei vigili del fuoco, secondo me un po’ sproporzionata rispetto alla grande e il commissariato della polizia. C’e’ un mercato che e’ il punto di riferimento dove si vende frutta verdura. Davanti c’e’ un pollivendolo, che e’ quello che mi ha affittato la bici, diverse trattorie, degli spacci alimentari e un negozio di elettrodomestici. Arriva anche il giornale, un foglio di quattro pagine, “The Daily Telegram” che si vanta di essere “the largest circulating daily of A&N Islands” e che e’ sfacciatamente filo governativo.
A questo punto va aperta una parentesi. A quanto ho capito, le Andamane sono delle Union Territories e quindi sono governate direttamente da New Delhi. Hanno un solo rappresentante al Parlamento ed appartiene al partito della destra del Bjp. Il potere e’ esercitato da un ‘governatore’ nominato dal governo centrale e che fa il bello e cattivo tempo. Parlando con la gente, soprattutto i bengalesi, ho notato un certo risentimento nei confronti di New Delhi. Molti accusano i funzionari governativi di essere corrotti e quindi di curare altri interessi piu’ che quelli della popolazione.
Onestamente, penso che gli andamanesi, e con questi intendo i quelli arrivati prima dell’indipendenza indiana, non siano molto contenti dei turisti, soprattutto gli indiani del ‘continente’. Non ho trovato molta benevolenza, ma piuttosto una rassegnata sopportazione. Oltre una tendenza ad aumentare in modo esagerato i prezzi per chi arriva da fuori. Forse il business dei ‘resort’ (quelli per indiani con i cottage con l’aria condizionata), quello delle immersioni, delle escursioni e’ in mano a gente “da fuori”e quindi c’e’ risentimento. Ma non sono sicura perche’ ho trovato invece altri invece che si lamentano perche’ non c’e’ lavoro, per la condizione delle strade e per la spazzatura che nessuno raccoglie.
A proposito di immondizia, qualche negozio per fortuna ha introdotto il sistema di “refill” della bottiglie d'acqua, a pagamento.Le bottiglie di plastica sono una mia ossessione, quando posso evito di comprarle. Ma non sempre trovo un posto dove riempire la mia bottiglia che uso a mo' di borraccia.
C’e’ un impianto di trattamento dell’acqua sulla strada della spiaggia numero due (quella dove c’e’ il ‘natural bridge’, un arco formato dalle rocce che e’ una delle attrazioni dell’isola) e a partire dalle nove del mattino vedo che ci sono molti che arrivano con contenitori e taniche, probabilmente perchè non hanno acqua potabile. Nella guesthouse dove solo, Kalapani, bevono acqua del pozzo e cosi’ faccio anche io. Ma in alcune parti dell'isola l’acqua e’ salata e va quindi trattata, cosi’ mi hanno spiegato.