Diario di un sopravvissuto agli zombie è una storia nata su un taccuino e riversata poi sul web (Day by day armageddon), in un blog che ha avuto subito un grande seguito. Notata da un editore, è stata pubblicata ed è diventata un successo planetario.
Ogni tanto succede.
Del suo autore, J.L. Bourne, si sa che è nato in Arkansas, vive nel distretto di Washington D.C., è un militare e ha pubblicato altri romanzi con lo pseudonimo V.M. Zito.
Diario di un sopravvissuto agli zombie è il primo romanzo di una trilogia. Il seguito, Oltre l'esilio, uscirà intorno alla metà di marzo.
Nel campo dell'editoria, da una parte c'è Apocalisse Z, il romanzo di Manel Louriero (che non ho letto, ma sono curiosa, quindi lo farò) il cui protagonista narra l'invasione zombi tenendo un diario su internet; dall'altra Diario di un sopravvissuto agli zombie, il cui protagonista ne sceglie - invece - uno cartaceo. In questo caso, la veste grafica ha cercato di riprodurre, in qualche modo, proprio questa impressione: molte parti del testo sono sottolineate, circondate da rettangoli sgangherati o cerchiate. Ci sono cancellature, scarabocchi vari, annotazioni, foto, disegni.
Non è malaccio, come idea.
Il libro in sé, come oggetto, non mi dispiace nemmeno. E la copertina la adoro.
Quanto alla storia che narra, sono divisa.
Da una parte mi sono divertita a leggere. C'è stato qualche momento di noia, verso la fine, ma non ho avuto la tentazione di saltare pagine e il libro l'ho finito in una giornata: consegnato dal corriere poco prima delle tre del pomeriggio e terminato intorno alle undici di sera. Merito degli zombie! Una cosa che mi è piaciuta molto, di questo romanzo, è che loro ci sono sempre: sono una presenza costante e stressante. Roba che, ad immaginarti al posto dei personaggi, c'è da sentirsi mancare il fiato.
Dall'altra parte, non posso dire che il motivo principale di questo tour de force sia stato merito degli elementi del romanzo. Di certo non sta nell'originalità: dalla Cina si diffonde la solita epidemia virale che nessun governo del mondo riesce ad arginare. Non sta nemmeno nello stile: Bourne scrive in modo troppo semplice e sciatto (le ripetizioni fioccano e a un certo punto hanno cominciato a darmi fastidio). E nemmeno nel protagonista, cui non sono riuscita ad affezionarmi.
In realtà, sta nel fatto che amo le storie di zombie ed era da un pezzo che non ne leggevo una: ero affamata come i miei mostriciattoli prediletti, insomma, così ho messo a tacere la Maestrina dalla Penna Rossa e ho letto d'un fiato.
Al termine, però, alcune considerazioni non posso non farle.
La prima è che Diario di un sopravvissuto agli zombie non è questo gran romanzone che certe recensioni lasciano intendere. Ha dalla sua un ritmo abbastanza serrato - fino a poche pagine dalla conclusione, se non altro; è piacevole, c'è almeno una trovata con un potenziale che spero di vedere sviluppato nel seguito (e che, tuttavia, scaturisce da un'altra che posso solo commentare con: "Le atomiche? Ma davvero? Sui morti? Meh!")... e nient'altro.
Come ho già detto, lo stile non mi è piaciuto. Magari doveva contribuire a rendere più immediato e spontaneo il personaggio, un giovane che scrive come parla - ma l'impressione che mi ha dato è stata la stessa di quando correggevo i temi per gli studenti che preparavo all'esame di maturità: fin troppo elementare.
La stessa sorta di elementarità c'è anche nello svolgimento e porta a incongruenze come zombie che abbattono porte d'acciaio e zombie che assediano una sopravvissuta chiusa in un'auto senza riuscire a sfondarne i vetri, nonostante vi battano sopra i pugni da giorni. Come un generale che dichiara alla nazione "il solo modo per fermare i morti è colpirli forte al cranio" e il protagonista si chiede se i proiettili potrebbero avere qualche effetto.
I personaggi sono un altro problema.
Quelli di contorno sono poco più che presenze accennate che, di tanto in tanto, fanno qualcosa per togliere il protagonista dai guai e poi tornano a fantasmeggiare alle sue spalle.
Quanto alla voce narrante: è troppo preparato e sa sempre cosa fare (che gli riesca, è un altro paio di maniche, grazie agli dèi tutti!). Okay, ci sta: è un pilota della marina militare, per cui conosce le armi, per cui sa volare, per cui sa dove trovare un aereo, ecc... Tutto un altro mondo, per me. Ed è per questo tra noi si è creato un muro: un po' per il linguaggio tecnico, in cui Bourne scivola quando parla delle armi; un po' perché mi sono trovata di fronte l'ennesimo personaggio che sa come cavarsela e ha il bagaglio culturale per farlo.
Ma gli sfigati che non hanno fatto il militare, non sono campioni di tiro alle papere di gesso e non sono parenti di Chuck Norris li diamo per spacciati tout-court?
Insomma, voltavo le pagine in attesa che succedesse qualcosa che cogliesse impreparato il preparatissimo protagonista. C'è stato un momento, per esempio, in cui questo ragazzo cita diverse volte uno zombie che si trascina sulle braccia. Un pericolo, specie dovendo muoversi di notte. Ecco: leggevo e mi dicevo "adesso lo coglie di sorpresa. Adesso arriva, eh? Adesso, mentre lui è impegnato a fare il pieno l'aereo". Niente. Mi sono sorbita i suoi calcoli sul carburante, sulla capacità della stiva, sul numero degli zombie ammassati ai cancelli del piccolo aeroporto militare - e quel poco di tensione che si era creata è lentamente svaporata.
Di questi giochetti, nel romanzo, ce ne sono diversi.
Alla fine, parte del divertimento nel leggere stava anche nell'augurare al protagonista che qualcosa andasse storto, finalmente!
Il rovescio della medaglia è che i capovolgimenti della sorte sono telefonatissimi: Bourne ci costruisce intorno una situazione che, dai!, lo sai che stai per leggere di qualcosa che si incepperà, di qualcosa che farà rumore proprio quando il silenzio è fondamentale, di quello zombie che - unico tra tutti - si troverà nel posto sbagliato e nel momento peggiore. E, puntualmente, ti trovi davanti uno di questi elementi. E quando le cose potrebbero andare un attimino male... si mettono di mezzo persino dei maledettissimi scalini! Più di una volta mi è venuto spontaneo pensare: "Ma che culo c'ha 'sto tizio!"
Poi, guardaunpo'ilcaso, la ragazza assediata nell'auto è pure giovane e carina. Anche questo temo rientrerà nel fattore C del protagonista. In Oltre l'esilio ci sarà la storia d'aMMore?
Io spererei di no, ma è inutile contarci troppo. Il seme è stato gettato, anche se in sordina.
In ogni caso, quando il romanzo uscirà, sarò tra quelli che lo acquisterà.
L'ho detto: ero divisa a fine lettura e sono divisa anche adesso. Di cose che non vanno - IMHO - ce ne sono a carrettate, ma alla fin fine conta di più il fatto che ho passato una giornata a leggere come non succedeva da tempo. E sono curiosa di sapere cosa succederà.
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