Al di là degli spettacoli della compagnia, che rappresentano una specie di laboratorio per far vivere il teatro anche a chi non lo fa come professione, l’atto coraggioso è la rassegna proposta dal Rostocco: un cartellone che spilucca nelle micro proposte interessanti del panorama off italiano, che non hanno la visibilità che meritano. Ed è così che la “bottega” di cinquanta posti diventa spazio privilegiato di incontri drammaturgici. Gli stessi che sulla scena si trasformano nelle schegge impazzite di cui abbiamo bisogno per tornare a vivere: usciamo dalla prigionia virtuale dei social network e torniamo a teatro, una volta e per tutte!
Nelle tappe dei miei viaggi in Italia, cerco sempre un nesso con i miei vagabondaggi in Europa. E sono contento aver visitato questo teatrino, perché è una sorta di fortino magico che ti fa sentire un navigante, senza appartenere ai soliti cliché del territorio. Nel paio d’ore trascorse al Rostocco di Acerra sono tornato a convincermi che nel nostro Meridione gli uomini e le donne di buona volontà, giovani e meno giovani, possono fare nel loro piccolo ciò che spesso le istituzioni non sono all’altezza di compiere: far uscire le radici della nostra memoria collettiva da musei e santuari per esportarle attraverso le gambe della memoria. In questo piccolo teatro di periferia abbiamo una grande opportunità: riappropriarci di una coscienza collettiva e della nostra civiltà.