Lontano da tutto questo, a ridosso del varco del Friuli, per raggiungere l’altra Slovenia: quella dei boschi, delle montagne, del fiume Isonzo che continua a scrivere pagine di storia.
Ha un senso spingersi verso Kobarid, la nostra Caporetto, quella che fin dai giorni delle scuole elementari fu per noi il cimelio geografico per eccellenza della grande disfatta bellica. E’ inutile far finta di niente. Affacciandosi sulla splendida valle dell’Isonzo, lungo l’abbraccio tra Kobarid e Tolmin, il paesaggio meraviglioso e l’aria vacanziera non possono distoglierci dal peso della memoria.
In questa valle sono assiepate le trincee della Grande Guerra come cicatrici sulla pelle. Non bastano un buon piatto di zlikrofi e una fetta di torta gibanica per togliere l’amaro di bocca.
Il toccante Kobariski Muzej, il museo della Grande Guerra di Caporetto, ti fa scattare la voglia di mandare all’aria “la vacanza fancazzista”. Torni a sentirti viaggiatore appena ti inerpichi sopra il sacrario militare di Sant’Antonio, che raccoglie le spoglie di oltre settemila soldati italiani.
Allora ti chiedi: questa non doveva essere la vacanza “paletta e secchiello on the beach” da spiaccicare su Facebook per sedimentare l’ingordigia del noioso reality estivo dei social network?
Lo ribadisco. Chi fa vacanza torna alla routine con nostalgia e rassegnazione; chi fa un viaggio torna per ripartire subito. Perché? Perché ha avuto l’umiltà di guardare con i propri occhi anche le cicatrici lasciate dalla storia.