Lo slogan “Una fiaba per te” è una sorta di provocazione terapeutica che potrebbe aiutarci a raccontare i legami intensi che ci fanno affrontare meglio il quotidiano. Sappiamo bene che un legame è in continua trasformazione e una fiaba invece lo coglie nella sua sospensione.
Senza far passare la nostra conversazione per un’intervista, ho chiesto in modo sfrontato: “Cosa impedisce ad una fiaba di staccarsi dal ramo della sospensione e tornare ad essere una foglia di vita vera?”. Anna ed Eugenia tengono a precisare che non danno risposte attraverso i loro racconti, ma provano a guidare il lettore. Allora mi è venuto in mente il pregiudizio di chi continua ad alimentare la diceria che una fiaba sia robetta per bambini.
A questo punto ho fatto una riflessione: sono proprio i pregiudizi a privare una fiaba di tornare ad essere uno stralcio di vita vera, di quotidianità vissuta, perché sono loro che impediscono a qualsiasi legame di crescere. Il pregiudizio che chi ci sta di fronte non sarà mai capace di cambiar rotta con l’aiuto dell’altro; il pregiudizio che la diversità non sia lo stimolo dell’arricchimento reciproco; il pregiudizio che nel rapporto di coppia uno dei due debba per forza finire sul banco degli imputati.
Lasciando lo studio di Anna ed Eugenia, mi è tornata in mente una canzone di Giorgio Gaber. L’ascoltai per la prima volta nel ’94 in occasione del teatro-canzone E pensare che c’era il pensiero. Da allora non ho mai smesso di riascoltala al buio, fissando gli occhi sulla lucina rossa del mio giradischi: “Quando sarò capace d’amare mi piacerebbe un amore che non avesse alcun appuntamento col dovere; un amore senza sensi di colpa, senza alcun rimorso, egoista e naturale come un fiume che fa il suo corso”.
In camerino con il Signor G parlai proprio di questo brano, Quando sarò capace di amare per l’appunto. E forse oggi mi lascerebbe chiudere questa meraviglia a modo mio: “Senza pregiudizi, così vorrei amare”.